Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

STORII/PAYIL "li grande artista non dipingeva assolutamente donne... 'Ma sì. Forse una volta all'anno'. Mio padre respirò, dunque c'era ancora speranza. Una all'anno. Irma." Il babbo, benché spinto dall'immagine del bellissimo quadro che il professore avrebbe dovuto dipingere, capì di non poter gridare: "Mi faccia subito il ritratto di Irma!" Si limitò a dichiarare diplomaticamente: "Passavo a farle un saluto, professore". "Entri, si accomodi pure". Il babbo si sedette guardandosi intorno. Il professore aveva per modello uno strano individuo barbuto, che leggeva il giornale sotto un lume a petrolio. Il professore lavorava lentamente, prima d'ogni pennellata rifletteva un'attimo. Il babbo per un po' lo seguì e poi nuovamente si guardò in giro, per lo studio. Ancora una volta rimase affascinato dal singolare corteo di quei volti che gli sfilavano dàvanti come gli apostoli dell'orologio della torre. Uno era corrugato, l'altro sorrideva, un terzo faceva come una smorfia. Se mio padre fissava qualcuno, questi subito puntava lo sguardo su di lui. Era un gioco che lo divertiva, ma senza alcun fine preciso. A un tratto il babbo si sentì gelare il sangue. Perdio, lì non c'era nessun ritratto di donna. Ne rimase esterrefatto. Se lì non c'era nemmeno un ritratto di donna ... Il professore non dipingeva assolutamente donne, il direttore Koralek lo sapeva e per questo aveva offerto una tale somma! Da quel momento su quella poltrona si sentì come sulle spine, e ormai non lo rallegrarono più tanto i quadri che vedeva intorno a sé. Quando il professore finì, il babbo gli domandò: "Ma lei, professore, non dipinge mai donne?" "Sa, caro signore, io non le amo troppo queste vostre donne. Mi danno terribilmente sui nervi. Quando siedono in posa e io dipingo, chiacchierano in continuazione, e quando tacciono non sono affatto interessanti ... " "E allora lei non le dipinge mai, professore?" "Ma sì. Forse una volta all'anno. L'unica che amo è Lucrezia." Mio padre respirò, dunque c'era ancora speranza. Il suo cuore di nuovo si riempì di gioia. Una all'anno. Irma. Ma col suo intuito di commerciante capì che non poteva immediatamente fare la proposta, bisognava temporeggiare, lavorare con pazienza come un contadino il suo orticello. Forse sarebbe stato più difficile che vendere dieci frigoriferi. Innanzi tutto era necessario conoscere quella Lucrezia per poterla confrontare con Irma. Ancora non sapeva nulla di lei e si vergognava di far domande, perciò decise di congedarsi. "Venga a trovarmi, Poppricku", lo invitò nuovamente il professore, chiamandolo con quell'affettuoso diminuitivo, il babbo gli piaceva, non voleva da lui nessun quadro e neppure dei soldi per beneficenza, e con lui ovviamente si trovava bene. e on sua sorpresa e piacere il babbo seppe che quella nobildonna di nome Lucrezia aveva affrettato la propria fine conficcandosi nel cuore un pugnale. Il fatto che donna Lucrezia ormai non potesse più competere con la signora lrBi bliofegéa~fiGi no' pufanhé2 lì a poco annunciò al direttore generale Koralek: "Ci arriveremo. È solo questione di tempo". Dopo queste parole mio padre visse nella ditta Electrolux come un barone. Continuamente era invitato dal direttore per una tazza di caffè brasiliano e tutta la nostra famiglia, compresa la mamma, riceveva inviti per ogni tipo di banchetto. La storia del pollo fu dimenticata rapidamente e la signora Irma sorrideva in permanenza a mio padre. I Koralek, per di più, invitarono la mamma e il babbo nella loro villa di Orechovka; mentre il babbo era intento a osservare un pesce striato nell'acquario, il signor Koralek, rivolgendosi con cortesia alla mamma, le domandava di noi ragazzi; poi la signora Irma s'avvicinò al babbo e gli disse quasi in un bisbiglio: "Se il professore mi farà il ritratto, lo festeggeremo noi due insieme". Fu il versare ancora olio sul fuoco che portò alla rovina la nostra famiglia. Anziché vendere aspirapolvere, occuparsi della mamma, di noi tre ragazzi e dell'auto americana nel frattempo rimessa in funzione, mio padre andava dal professore Nechleba, e stava seduto davanti a lui per ore intere osservandolo mentre lavorava. Prima di allora egli non aveva avuto la minima idea di ciò che fosse la pittura a olio e la vita di un pittore, ma cominciò così a capire le varie tecniche della pittura e il professore gli fece conoscere una pleiade di pittori contemporanei famosi. Conosceva tutti i quadri del professore e ricordava come era vestito ogni suo personaggio, nonché il suo volto. Seppe che il professore aveva dipinto il redattore Boucek nell'anno 1909 e l'attore Eduard Vojan due anni dopo. Cominciò anche a intendersi di tappeti persiani e, quando il professore non poteva, dava da mangiare al bull-dog Elio o a Sam e ai pappagalli. La mamma ben sapeva che tutto ciò era per la signora Irma, sicché alla fine perse la pazienza e disse risolutamente al babbo: "Mi sembra che adesso esageri con questo tuo interesse per l'arte. Tu corri verso la tua rovina. Tra poco i ragazzi non avranno di che mangiare". Ma lui non demordeva. Anzi! Ormai era arrivato quasi al traguardo e stava per confessare al professore il suo recondito scopo. E un giorno d'inverno, in cui Praga era come ovattata e sopra il castello sorrideva il sole, e il professore era straordinariamente di buon umore e non faceva che succhiarsi il mignolo con enorme piacere, mio padre si fece coraggio: "Da molto tempo, professore, le voglio dire che io conosco la più bella donna di Praga. Potrebbe farle un ritratto? Ne sarei molto felice." · Di colpo il professore si offuscò: "Non ne ho voglia". Ma quando vide mio padre rattristato, aggiunse: "Magari più in là". E così fu. In quel periodo il professore continuava a dipingere la sua 45

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