Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

IL CONTESTO AVVENTURE ABISSIADDOMESTICABILI Bruno Falcetto Una corsa, e una corsa divertente. È questa, in genere, la prima impressione di lettura che lascia un romanzo di Michael Crichton. La narrazione procede serrata e lineare, scandita dal rapido succedersi di brevi (e sovente brevissimi) capitoli che segnano, dinnanzi agli occhi di chi legge, lo scorrere di una vicenda sviluppata con notevole senso del ritmo attraverso snodi successivi che attirano e rilanciano la tensione. Avviene così anche in Sfera, apparso quest'anno negli Stati Uniti e pubblicato a tempo di record anche da noi (trad. di E. Capriolo, Garzanti, pp. 378, f.. 22.000). Il progetto del romanzo ricorda da vicino quello che era alla base del precedente, Congo: pur diversi, gli ingredienti impiegati sembrano rispondere a una medesima intenzione. Là Crichton riprendeva con abilità quasi imbarazzante il tradizionale schema del racconto d'avventure e di divulgazione scientifica che già aveva portato al successo, alla fine del secolo scorso, i viaggi straordinari di Verne, le avventure di H. Rider Haggard, e qui in Italia (in un'altra versione) i cicli romanzeschi salgariani. E lo faceva su una felice intuizione che dava alla vecchia formula una nuova vivacità e, anche, un diverso spessore: non giocare solo le carte della suspense e del meraviglioso tecnologico, ma riuscire a far correre al di sotto della storia il riferimento ad alcuni grandi anchetipi che prestassero alla scrittura la risonanza suggestiva propria dei grandi motivi dell'immaginario collettivo. E quell'intuizione - è questo ciò che più conta - era sorretta con efficacia da un'immaginazione letteraria in un felice momento di vena. In tal modo la bella idea (sebbene non inedita) di accostare gli estremi della scala evolutiva, di chiamare il presente levigato e asettico della tecnologia dei computer a riflettersi nell'occhio del mondo primordiale dei gorilla, prendeva forma e corposità grazie ad alcune accattivanti invenzioni letterarie: dalle immagini del paesaggio della foresta pluviale, che davano sfondo e intensità al racconto diventandone a tratti protagoniste, fino alla riuscitissima figura di Amy (alla quale l'essere un gorilla non impedisce certo di risultare il migliore dei personaggi del libro, forse l'unico vero). Anche la vicenda di Sfera cerca d'intrecciare avventura e divulgazione lavorando con intelligenza sulla suggestione degli archetipi. Non a caso infatti il libro affronta un tema - quello del "primo contatto" - fra B lioteca Gino Bianco i più tradizionali senza dubbio, ma insieme tra i più ricchi di fascino della narrativa fantascientifica. Un genere ai moduli del quale Crichton si attiene stavolta con fedeltà assai maggiore che in passato. A trecento metri di profondità nel Pacifico meridionale è stata localizzata una pinna di grandi dimensioni che sporge da un ammasso corallino, unica parte visibile di un gigantesco manufatto tecnologico, con ogni probabilità un'astronave aliena. "Un'équipe di militari e scienziati (un fisico, una zoologa, un matematico e uno psicologo) viene inviata sul fondo per indagare. Si mette così in marcia una storia che procede spedita attraverso una serie di colpi di scena grazie ai quali, sotto lo sguardo di personaggi e lettori, gli oggetti che giacciono in profondità - l'astronave e !'ancor più misteriosa sfera che essa racchiude - mutano varie volte natura e origini possibili. E allora, invece di essere vasto e non delimitato, lo spazio dell'avventura si fa quasi claustrofobico: si chiude nell'ambiente ristretto dell'habitat sottomarino, un po' come se volesse assumere i contorni di una specie di psicodramma che rispetta con rigore le unità aristoteliche, ma con una scansione dei tempi tipicamente cinematografica. All'esterno, a premere su quell'habitat e sulle Mano con sfera riflettente (da Il mondo di Escher, Garzanti, 1978). dinamiche psicologiche del gruppo umano che vi è ospitato, la presenza di un paesaggio marino inquietante nella sua proteiformità: prima pressoché deserto, poi imprevedibilmente popolato. Infine quella che sembrava un'esplorazione sul fo_ndodell'oceano si trasforma, ad opera della sfera e del potere che essa presta all'uomo, in un viaggio fra le ombre e i fantasmi della psiche. Crichton ha centrato dunque ancora una volta il bersaglio? Forse no. Quello descrittoi nelle righe precedenti è, in effetti, più il progetto del libro quale si lascia intravedere in filigrana, che il romanzo davvero realizzato sulla pagina. Un progetto acuto, senz'altro, costruito per sfruttare al meglio il potere di seduzione di un insieme di topoi fantascientifici più o meno tradizionali. (Un solo esempio: il palcoscenico della vicenda, il complesso habitat-astronave-fondo marino, non è altro in realtà che una ripresa del classico "cronotopo" della base spaziale isolata con la possibilità che offre di giocare sulla particolare tensione prodotta dall'attrito tra immagini di spazio diametralmente opposte: uno spazio rigidamente circoscritto e quasi oppressivo, e uno spazio indefinitamente aperto, invitante ma mai padroneggiabile). "Ma se il progetto c'è, non c'è invece la carne che dovrebbe rivestirne lo scheletro. Mancano invenzioni narrative che abbiano la solidità di quelle di Congo, e così vengono a galla alcune manchevolezze consuete della produzione di Crichton: il limite di una scrittura senza dubbio scorrevole ma un po' troppo anonima, e la difficoltà di dar vita a personaggi che si distacchino dalla piattezza degli standard telefilmici. Presentare psicologie che hanno parecchio dello stereotipo mal si concilia con l'intenzione di descrivere, anche, un viaggio "verso l'interno". Come del resto (su un altro versante), se davvero le figure del moderno immaginario di massa - Dorothy o il capitano Nemo - sono la nostra "mappa della coscienza" (p. 318), come ci dice lo stesso Crichton, non basta semplicemente citarle per riuscire a toccare in profondità quella dei lettori. Vale la pena ancora una volta, forse, di ricordare che non conta tanto la presenza degli archetipi, quanto la qualità effettiva della loro realizzazione letteraria: non basta dire, occorre saper rappresentare. E se si dice, più di quanto non si rappresenti, la ricchezza stessa del tema che s'intende evocare non può non risentirne. Difficile leggendo Sfera non ricordaare romanzi come Solaris o L'invincibile di Lem, o un racconto come Più vasto degli imperi e più lento della Le Guin: ma altrettanto

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