Foto di Melo Mlnnella per "Viaggio in Sicilia" di Goethe (Edlprlnt, 1987) Fabrizio cala dalla Milano dei lumi indirizzando la sua memoria di viaggio alla bella Teresa Blasco che saprà, alla fine, andata frattanto sposa al Beccaria. Tra velo di Maya e lumi della ragione, si colloca il dilemma dell'itinerario di Consolo; i lumi che l'hanno portato alla scoperta delle miserie milanesi e lombarde (p. 104), e spingono al rifugio del viaggio in altro mondo e altra storia - altra fantasia, e si potrebbe anche dire, altro "trip". Il barocco è ormai quello del Serpotta (personaggio comprimario nel libro) e il viaggio ha date forse precedenti, ma poi di molto? da quelle del più celebre dei viaggi stranieri nel Sud, quello di Goethe. (E può essere interessante ricordare che di recente Consolo ha scritto un'introduzione alle parti di quel viaggio che riguardano la Sicilia). I filtri e i veli sono dunque molti, e altri se ne accumulano, come di dovere in ogni opera barocca. Ma anche le distanze, e le "piste" che si incrociano. Una storia d'amore carnale e poi solo spirituale, di un'autorepressione a maggior fine e sublime, è il contorno: il monaco Isidoro che si smonaca, la mantenutella Rosalia che lo raggira guidata da sua madre e che sarà la modella della Veritas del Serpotta e poi cantante d'opera (allieva di un castrato che dice, altro velo e altra luce: "siamo castrati tutti quanti vogliamo rappresentare questo mondo .. . stiamo ai margini, ai bordi della strada ... e talvolta, con invidia, con nostalgia struggente, allunghiamo la mano per toccare la vita BibliotecaGino Bianco che ci scorre per davanti!") e poi, alla fine, monaca, nel voto e nel ricordo di un grande amore da non più contaminare con alcunché di concreto. Questa è tuttavia una storia di passione, di furibonda passione; mentre quella del cavaliere Fabrizio con la lontana Teresa è tutta ideale (e c'è poi da credere che siç1storia d'amore?). Dentro i due quadri laterali, che sono il romanzo e che sono il barocco e che narrano i travolgimenti della passione, c'è questa memoria-diario di viaggio con tanto di rituale (forse solo rituale, per il cavaliere) dedica lontanata, c'è la strada della scoperta di un mondo che, nonostante i ritorni di crudeltà e di dolore, di ferocia dell'uomo e di ferocia della stessa natura (il terremoto di Trapani quasi a chiusura di periplo) è visto da Fabrizio con abbacinata ma mai inconsulta fascinazione: da luoghi e tipi e vestigia e memorie e rigogli di natura. Questo di Consolo è alla fine un viaggio piuttosto nella contemplazione che nella ferocia, perché anche la ferocia sembra baroccamente recitata, come coperta da fronde che finiscono per attenuarne la violenza, come memento rituale. È questa, forse, la differenza tra la Sicilia di Retablo e quella dell'Ignoto Marinaio, che era storia più che mito, mentre qui vi è più mito che storia. La nostra interpretazione di questo bellissimo "itinerario" consoliano è infine questa: che la Storia finisce per disgustare - e il Presente, e la nostra disamabile Società priva di speranze e di lotte, e di prospettive IL CONTESTO condivisibili, alte, generose ... e allora l'autore, quello stesso che nell'Ignoto marinaio aveva mostrato una Sicilia fulgida di bellezza ma tragicamente traversata e coinvolta dalla storia, qui si lascia trasportare e come sopraffare da una dichiarazione d'amore per una Sicilia tutta del mito e della letteratura (non d'oggi, di ieri, e vista più da esterno, - don Fabrizio - che da indigeno). Per nausea della realtà nostra contingente egli si "inventa" un mondo ricostruito su altre, meravigliose invenzioni - che naturalmente hanno il loro fondo di realtà, se non altro nel mito che le ha innervate e "dette". Nella fusione di Fenicia-Grecia e ArabiaSpagna, di saracini e poeti, di barbarie e civiltà, di miseria e sfarzo, di riti sacrificali antichi e nuovi cui non sanno certo dar risposta le accademie dei toscani o dei dialettali, dei nazionali e dei regionali. La mirabile e superba Sicilia dell'infanzia e dei libri! Da Palermo a AlcamoHalcamah, da Egesta-Ségesta a SalemiSaleme Alicia, da Selinunte (con digressione su Mazzarrà degli agrumi) a Mozia dei Fenici, a Trapani e ancora a Palermo, la peregrinazione del cavaliere del nord e del suo sancho ex-monaco, ci pare porti del tutto fuori della storia. E allora il rischio - dopo Lunaria, dopo Retablo - è per Consolo questo: che "l'altra faccia" si perda, dietro tanto amore per ciò che fu (e in parte, forse, solo si immagina che fu), e che possa diventare artifizio che non ci tocca, e che la tensione tra idillio e orrore e tra mito e realtà, t(a memoria-sogno e odioso invivibile presente, porti a un ripudio della realtà che attenuerebbe la forza di vena e di sangue, l'empito unico di lingua e di passione da controllare, la contraddizione vitale che è di questo scrittore così raro e così alto. Si resta ammirati e ammaliati da questo Retablo, come i villani di Cervantes; ma poi, purtroppo, a lettura finita, la piazza riacquista il sopravvento sull'immagine che ha attirato l'attenzione per un tempo a un suo lato, e con essa il nostro Qisogno di nuovo itinerario dentro/contro la Storia. 19
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