Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

IL CONTESTO to. Altro che ironia e snobismo: queste qualità servono al giocatore francese per elaborare con eleganza (suprema) quello che, indubbiamente, resta un avvenimento traumatico: un evento di crisi. Platini, a Wembley, si congeda; Mennea, a Grosseto, ritorna: entrambi - ciascuno con la propria cultura e il proprio stile - rivelano ciò che nello sport è segno (simbolico e, insieme, corposo e bruciante) di tragedia. Che è quanto, alla resa dei conti, fa di essi due figure mitiche. All'opposto c'è la tragedia piccola e banale (che, evidentemente, non è tale per gli interessati) dei calciatori "disoccupati". A parte Beppe Dossena (successivamente "accasatosi") e Francesco Del- !' Anno e altri considerati "anziani", non c'erano tra di essi giocatori particolarmente noti: e tuttavia, la loro vicenda ha assunto contorni emblematici (\'Disoccupati si, ma eroi": era un titolo del "Corriere della Sera" di qualche tempo fa). li motivo è chiaro. Anche in questo caso, il dramma (e il dramma che, in una società industrializzata, è avvertito come il più rovinoso: la "disoccupazione") irrompe in un universo chiuso, il cui funzionamento è interamente affidato a meccanismi di rassicurazione e auto-rassicurazione, e al congelamento dell'atleta in una condizione adolescenziale e deresponsabilizzata. Gli effetti sono, fatalmente, destabilizzanti. Ne consegue che sono proprio due tragedie evocative del conflitto con il tempo (quella "grande" del confronto con l'idea dell'invecchiamento, del declino, dell'impotenza e, dunque, della morte; e quella "minore" del rapporto con la velocità e la dissipazione delle carriere agonistiche) a offrire all'universo dello sport, e del calcio in particolare, l'opportunità di una auto-riflessione. C'è da dubitare che questa chance venga utilizzata: se, per un verso, si manifestano infatti le tendenze prima citate, contemporaneamente il sistema-calcio attiva controtendenze preoccupanti. Mentre si incrina - parallelamente all'estendersi delle zone di incertezza - la rete protettiva dell'alienazione, la classe dirigente (i presidenti delle squadre di calcio, innanzitutto) appare decisamente insensibile. Non solo: sembra accentuarsi la tendenza a una direzione monocratica e personalistica delle squadre stesse (Viola, Berlusconi, Anconetani, Mantovani, Rozzi). La qual cosa - com'è noto - ha avuto, in passato, conseguenze disastrose, in numerose città di provincia ma anche a Milano: sul piano dell'amministrazione societaria e sul piano dei bilanci economici. Molte le ragioni, ma una in particolare s, liotecaGino Bianco mi preme sottolineare. Il calcio (tutto lo sport, in verità) è l'unico sotto-sistema della società nazionale dove non esiste l'opposizione; dove n·on vige la dialettica maggioranza-minoranza e dove le funzioni di governo, in ciascuna squadra, non sono sottoposte a controllo, critica, contestazione: a procedure di vigilanza e di verifica dei poteri. Inevitabile la formazione di quelle situazioni abnormi di accentramento del potere che, a ben vedere, stanno dietro tutte le crisi finanziarie (una decina di squadre professionistiche che, semplicemente, hanno rischiato di sparire). E così, mentre gli attori più esposti dell'universo calcistico sembrano, in qualche modo, maturare consapevolezza e mentre dal vertice (grazie ad Andrea Manzella, il cui mandato, purtroppo, è giunto a termine) vengono lanciati segnali interessanti, il sistema di governo delle società resta inalterato e, palesemente, incapace. Incapace, per esempio, di affrontare quel dato inequivocabile (e accuratamente rimosso) che è la tendenza costante alla riduzione delle frequenze allo stadio. Vale a dire, al restringimento dell'insediamento sociale e della base di consenso del mito. Foto di Melo Minnella. CONFRONTI L'ISOLADELLEMERAVIGLIE Goffredo Fofi In un quarto di secolo, Vincenzo Consolo ci ha dato tre romanzi brevi (La ferita de/l'aprile, 1963: ovvero un'infanzia e adolescenza sicula, reale e fatata, una "città del mondo" quale Vittorini avrebbe amato riuscire a scrivere; Il sorriso de/l'ignoto marinaio, 1976: un romanzo storico sull'orrore ineluttabile e reiterato della storia, dentro gli· anni dell'unità nazionale; e questo Retablo, 1987)e un testo teatrale (Lunaria, 1985:musicale féerie di storia che affonda nella leggenda e si fa sogno e rappresentazione di sogno), oltre a una manciata di prefazioni e divagazioni, racconti e interventi, articoli e polemiche. li tutto per meno - ipotizziamo - di un migliaio di pagine, forse molto meno, a fronte di tanti che annualmente o semestralmente affidano a editore, proto e apparato pubblicitario le loro pallide e insipide bravate. Retablo (Selleria, pp. 161, lire 8.000, con illustrazioni non eccelse di Fabrizio Clerici, che presta chissà perché il nome al narratore della parte centrale e dominante del libro) è operazione dichiaratamente barocca e per certi aspetti "evasiva". I lettori di Consolo conoscono lo splendore della sua lingua, la ricchezza del suo vocabolario, la suggestione delle sue volute, mai solo decorative, a dire semmai ciò che da coperto va svelato, o quantomeno va alluso, va provvisoriamente ma duramente fatto intravvedere ed intendere. E qui siamo al suo meglio, a una prodigiosa perizia, a una dovizie esaltante di materiali. Il Retablo è un insieme di raffigurazioni o quadri che interdipendono, e di cui uno è maestosamente centrale. Il retablo è anche - in letteratura - quasi per antonomasia quello de las maravillas di Cervantes, dei furfantelli attori che in piazza di villaggio lo mostrano al pubblico incantandolo di chiacchiere e ricatti: è da beoti non vedere ciò che loro dicono di vedere, e allora tutti vedono! Il retablo delle meraviglie è metafora dell'arte: "nel vedere quei rozzi villici rapiti veramente e trasportati in altri mondi e vani, su alte sfere e acute fantasie, sopra piani di luce e trasparenze, col solo appiglio d'un quadro informe e incomprensibile e la parola più mielosa e scaltra, io mi chiederei se non sia mai sempre tutto questo l'essenza d'ogni arte, un'apparenza, una rappresentazione o inganno" ecc, a pag. 56, dopo l'esplicito omaggio al grande spagnolo. Spagnolo è il secolo del barocco, spagnola è stata da poco la Sicilia in cui il cavalier

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