IL CONTESTO Giampaolo Pansa (foto Francesco Garufi /Agenzia Contrasto} dalla copertina del libro. sciuto, quante storie ha narrato, quante vicende ha trascritto sul suo taccuino (anzi "ha martellato", come avverte nella introduzione del suo ultimo libro, Lo sfascio, edito da Sperling & Kupfer, pagine 352, lire 18.500), per arrivare là dove è arrivato, per spiegarci, con l'autorità che gli compete, come stanno le cose. Salvo poi tornare indietro, riprecipitarsi nella modestia, lui con il suo loden grigio, il quadernetto in mano, pronto a ricordare che "nessuno di noi è capace di essere un cittadino-cronista, vale a dire sa osservare i politici con sguardo franco, sa pesarli con la bilancia della realtà, sa raccontarli coi piedi piantati per terra e senza perdere il senso delle proporzioni. Anch'io, tante volte, non sono stato capace di far così...". Salvo ancora dimostrarci per le duecento e passa pagine dell'ultimo Sfascio, che è vero tutto il contrario, come nelle duecento pagine prima e nelle altre duecento prima ancora. Salvo poi rivedersi umilmente in loden e cospargersi umilmente di cenere, "quando m'accorgo che, se non presti servizio dentro una chiesa partitica e non porti ben stampato sulla maglietta il nome di qualche boss, non soltanto non fai una eccelsa carriera, ma cara grazia che ti godi quella poca che hai fatto". "E allora per non deprimermi del tutto ... ". Sì, Pansa, per non deprimersi del tutto scrive un altro libro (o meglio raccoglie i suoi tanti articoli in un altro libro). Beato lui, che può permetterselo. Ma neppure questo lo rallegra. Fossi un antropologo alla Gianni Brera, potrei derivare il malumore di Pansa dall'essere nato a Casale Monferrato. Ma, onestamente, mi chiedo: da dove arriva il malumore di Casale Monferrato? Non esiste, non liotecaGino Bianco sta in piedi, anche se un vicino suo famoso di malumore e di nostalgie ne ha da vendere. Dico Paolo Conte. Ma non c'entra. Qui c'è sotto qualcosa d'altro di politica, di cultura. È un altro gioco: tirarsi fuori, per restare dentro. Mi ero illuso al suo primo (per me) libro (Bisaglia:una carrierademocristiana) che così non fosse, sull'onda magari delle speranze sessantottesche (qui, è ovvio ma lo ripeto, non c'entra il Movimento). Ho cominciato ad avere qualche dubbio con Comprati e venduti, prima bacchettata ai giornali corrotti e corruttori. I dubbi sono tornati con Carte false, seconda bacchettata ai giornalisti corrotti e corruttori. Con Lo sfascio mi trovo a una risoluzione amara: abbandonare il Sessantotto. Lo vedo lì in copertina il Pansa con il binocolo agli occhi, capitano di lungo corso di un naviglio politico, un poco sprezzante, con aria decisionista e risolutiva, dal ponte di una corazzata che non è altro che una tribuna stampa a uno dei soliti congressi politici. E comincia con la Balena Bianca, l'Elefante Rosso, il Garofano, l'Alpino, il Professore, Superciriaco, Spanna Montata, il Grande Cognato, piazza dei Veleni, Bioncofiore, Gianduja, Fregapiano, Capannelle, Giovannone, la Sacra Famiglia, Maistanco, Nick il nazista. E via figure, figurine, figurette a suon di metafora, illustri personaggi e scalatori di terzo piano, "politici, politicanti, portaborse e malfattori" del sottotitolo. Con la consueta ambiguità: nel palazzo e fuori, a darsi del "tu" con i capi ma anche con i peones della società e della politica. Dietrologo a oltranza. Il Pansa, che è maestro (lo riconosco, come ho spiegato, dal sessantotto) di giornalismo, ci ha anche insegnato l'anonimato. Che non mi sembra, modestamente, un gran segno di giornalismo. Insomma: provate a leggere e a contare i "si dice", i "qualcuno spiega" i "gira la voce", il repertorio cioè dell'indefinito (dell'accusa, potrebbe ammaestrare lui, senza prove e senza responsabili, anche se l'accusa è blanda, è un raccontino che aggiunge un po' di colore e basta). Tutto, così, ripetuto cento volte per i cento articoli che gli chiede Scalfari, diventa un modulo che alla fine annoia. Alla conclusione, allo sfascio, non ci si può che associare ma è senso comune. Lo mette in bello stile. Vedi ad esempio l'articolo che chiude il volume, dedicato al primo giorno del Decimo Parlamento (2 luglio 1987) e in particolare all'ingresso di Cicciolina-Ilona Staller. Qui il bozzettismo ha di che nutrirsi: tutta l'Italia o l'ltalietta delle tangenti, dei furti, del mercato dei voti e delle preferenze, della corruzione, di tutti i mali immaginabili che ormai siamo tutti capaci di immaginarci, con scandalo e denuncia, scandalizzandoci piuttosto con chi si scandalizza, appassionandoci alla questione morale-soltanto quando la morale lascia stare la politica, finché insomma non si profila il rischio di cambiare, mentre ci sarebbero un sacco di cose da cambiare. La politica, sì, ancora la politica allora, che può essere (lo diciamo con ingenuità magari) qualcosa di diverso da quello che Pansa·incontra nei suoi itinerari tra un Palazzo e l'altro. È difficile che lo sia. Ma se non ci credessimo, ingenuamente, che cosa ci staremo a fare? Che cosa ci sta a fare invece Pansa, quando sbatte il muso "contro certe sentenze assolutorie", quando scopre che "certi emeriti imbecilli vanno a sedersi su poltrone di rango", quando vede "certi ceffi dentro il Parlamento"? Si fa presto a dire sfascio. ---- - --- - - == = Piero Badaloni Bruno Bozzetto IL LIBRO DEI DIRITTI DEI BAMBINI Un bellissimo regalo di Natale pp. 128 · L. 18.000 Francesco Tonucci A COME ELEFANTE Alfabetiere per bambini che non vogliono imparare a scrivere Postfazioni di G. L. Beccaria e M. Lodi pp. 64 . L. 14.000 Silvia Bonino BAMBINI E NONVIOLENZA Manuale pratico per la s~uola e la famiglia pp. 144 · L. 12.000 EDIZIONI GRUPPO ABELE Via dei Mercanti, 6 · 10122 TORINO ----- ---
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