"La lavorazione a Palermo si è svolta nell'arco di due settimane, nelle strade e nei vicoli della città, con la preziosa collaborazione del Comune di Palermo e la completa disponibilità del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando"; "Per una nemesi storica, due dei quattro boss che muoiono giustiziati dalla banda nel film sono impersonati da due baroni. Nemesi o attitudine pirandelliana dei siciliani a giocare (non esiste migliore espressione del francesejouer) vari personaggi. Vertigine dell'uno, nessuno, centomila". Ecco che ancora una volta l'opportunismo e il cinismo lo si spaccia per pirandellismo. Come il più brutale e volgare conservatorismo lo si spaccia spesso per pessimismo esistenziale, per disillusione e scetticismo storico, per gattopardismo. PERLA CRITICADELLAVORO Gunther Anders Questo è il testo del discorso pronunciato da Anders in occasione del conferimento del premio Omegna 1962 al libro Diario di Hiroshima, tradotto in quello stesso anno presso Einaudi da Renato So/mi, curatore anche della traduzione di questo testo, apparsa su "Mondo nuovo" del 6 gennaio 1963col titolo Siamo tutti come Eichmann? Non ho mai accettato, finora, premi o onorificenze. Poiché quelli che ci assegnano onoreficenze hanno quasi sempre l'intenzione di indurci ad abbandonare ogni ideale di resistenza. E spesso siamo insigniti da autorità così poco onorevoli, che non possiamo contraccambiarle; da persone, cioè, che permettendosi di concedere onore mentre ne sono esse stesse così sprovviste, corrono il rischio di restarne completamente senza ... ln ogni caso è vero che, accettando un onore, chi lo riceve si obbliga verso chi lo concede; la persona onorata, che riceve l'omaggio, perde così, in qualche modo, la sua libertà; ogni medaglia è una sorta di vincolo. Per questo motivo dobbiamo essere tutti estremamente prudenti nella scelta di quelli da cui ci lasciamo onorare. Ma proprio per questo motivo accetto l'onore che mi viene da parte vostra, e lo accetto con la massima gioia. Perché voglio essere obbligato verso di voi. È pieno di rispetto che sto davanti a voi, che vent'anni fa, _all'epoca del fascismo e del nazionalsocialismo, avete opposto resistenza al terrore; e tra voi penso anche a tutti quelli che oggi sono assenti, che non possono più essere qui, perché sono caduti vittime del terrore. Anche se non conosco personalmente nessuno di voi, faccio parte, tuttavia, di voi, poiché la metà della mia vita è consistita nella lotta contro il fascismo, e ho trascorso diciassette anni in esilio. Certo non mi posso paragonare con voi: poiché all'epoca del terrore e della guerra non ero più in Europa, la mia volontà di resistere non si trovava a dover sostenere l'estrema prova del fuoco. E se sono rimasto un momento in BibliotecaGino Bianco DISCUSSIONE dubbio se dovevo realmente accettare l'onore che mi avevate assegnato, è perché - da un punto di vista morale - in confronto all'ultimo dei partigiani sono stato un nessuno; perché, cioè, dubitavo se avessi veramente diritto a questo onore. Ma io lo accetto. Poiché, come ho detto, gli onori sono vincoli e obblighi e lo accetto per legarmi a voi; per collegare e saldare consapevolmente le lotte in cui siamo oggi impegnati e che mi sento tenuto a combattere, per collegarle e saldarle consapevolmente, dicevo, alla tradizione della vecchia Resistenza antifascista. Accetto dunque, ma a condizione che accettiate che vi contraccambi, che mi permettiate di esprimervi il mio rispetto e la mia reverenza per ciò che voi avete fatto. Cari amici stranieri, è importante mantenere oggi in vita la tradizione della Resistenza antifascista e coltivare la memoria di coloro che allora hanno rischiato e perduto la loro vita. Proprio oggi che i vecchi nemici tornano a fiutare, in certi Paesi dell'Europa centrale, aria favorevole, ciò è importante ed attuale. Ma c'è qualcosa d'altro che è altrettanto, se non addirittura più necessario e urgente. Poiché fedeli sono solo quelli che sono capaci di trasfarmarsi, che sanno rimanere in movimento nell'interesse di un fine che non muta. E noi dobbiamo trasformarci e restare in movimento perché il nemico si è trasformato rapidamente; poiché l'infamia e il terrore a cui oggi siamo esposti non sono più identici all'infamia di ieri e al terrore di ieri; e perché la nuova situazione rende necessari anche nuovi mezzi di resistenza e nuovi mezzi di attacco. Perché capiate subito ciò di cui voglio parlare, vi accennerò a due manifestazioni della nuova infamia e del nuovo terrore. Anzitutto, c'è il terrore atomico universale, con cui ogni Paese che possiede i mostri nucleari può ricattare senza tregua tutti gli altri, e li ricatta effettivamente: il terrore che ci trasforma tutti ogni giorno (compresi i ricattatori) in "morituri", in vittime potenziali. Anche se la catastrofe, la fine dei tempi, non dovesse intervenire, questo terrore fa del mondo intero un solo campo di concentramento; il tempo rimane, da un punto di vista escatologico, l'età finale; non ci sono più possibilità di evasione, Paesi dove ci si possa rifugiare. Per spezzare i reticolati di questo immenso campo di concentramento sono necessari metodi completamente diversi da quelli che abbiamo impiegato vent'anni fa. Inoltre: vivendo noi sotto questo terrore, ci è sottratta ogni libertà di pianificare il nostro futuro: e questa è una privazione di libertà che rende semplicemente cinica l'espressione "mondo libero". E questa privazione di libertà ci umilia e ci demoralizza anche se la guerra atomica non dovesse scoppiare. Poiché non solo rimane incerto, così, il modo in cui si configurerà il nostro futuro, ma non possiamo neanche sapere se ci sarà o meno un futuro. E ciò significa naturalmente, per noi, che non dobbiamo lottare soltanto per un futuro migliore, ma anche solo perchè ci sia un futuro, perché (l'espressione suona paradossale) "rimanga un futuro". In secondo luogo, abbiamo oggi il "terrore morbido", esercitato dai mezzi di comunicazione di massa e dai "peri I
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