STORIE/ATZENI "Agosto porta la carestia. La fame prende il paese, e governa. Nessuno ha grano per panificare, Le pecore non danno latte, le galline non fanno uova." Un pugno di farina a ogni capofamiglia. Le donne impastano in silenzio, e il prete nuovamente sale a casa dell'avaro, e nuovamente bussa. È notte. Aprono al primo colpo di battente. Un servo fa cenno al prete, - può entrare, - e lo conduce a una sedia, vecchia e sfilacciata, nel cortile, forse la stessa su cui sedeva al tempo di Papale Porcu, fra un fico che allunga i rami secchi, e le foglie scure e lucenti di un limone. Portano da bere. Una brocca di acquavite e una tazza. Beve e aspetta. Una mano riempie la tazza, una volta e due e tre ... Le ore passano in fretta, il freddo costringe le palpebre a chiudersi, l'acquavite gli impedisce di riaprirsi ... Troppo freddo, troppa fame, troppa paura e acquavite, tutto assieme ... Un sussurro, una voce debole, allegra, - Buona giornata, prete -: ... Apre gli occhi, si guarda attorno. Il mondo è illuminato da una luce grigia, opaca. Tutto fugge. E vede le scarpe lucide di grasso, i pantaloni marrone, un lembo della camicia scura, la schiena di Giona Porcu che sparisce oltre le foglie del limone ... La voce è allegra, ma cattiva. - Ti darò tre sacchi, solo tre, oggi stesso, quando lascerai questa casa. Altro non ti spetta e non ti sarà dato-. - Tre sacchi? - Il prete guarda le labbra che parlano senza comando ... E guarda il culo tondo di Giona Porcu. - Non voglio più sentirti al mio portale. La carestia non l'ho chiamata io, e non spetta a me mandarla via. I peccatori moriranno certamente, come hanno meritato. Per quanto riguarda me in persona, le mie preghiere mi mantengono in buona salute -. - Sei gonfio - sputano le labbra del prete che parlano da sole, come in sogno - Gonfio, ma non sano -. - Giuro, prete. Se mi insulti ti uccido. Ne ho abbastanza della tua voce -. Prete Saddi si solleva, lento, e si avvia. Non china la testa, non più di quanto sia già chinata dagli anni, dalla vita, dalla fatica, e non cerca la faccia di Giona Porcu, nascosta dal limone. Un servo accompagna il prete. Un altro trascina tre sacchi all'acqua putrida e dlle mosche, e chiude il portale. Gli occhi del prete vedono il paese, i campi, la canonica giù in fondo, le case di pietra una dietro l'altra, il sole che spunta dietro le colline. E l'anima non capisce, guarda se stessa, o sogna, è perduta, è rimasta nel cortile, dietro il limone, su quella sedia sfilacciata, ascolta e riascolta mille volte la voce di quell'uomo - le mie preghiere ... ne ho abbastanza ... tre sacchi, oggi stesso ... -. Il prete è immobile, muto, spalle al portale. La sua anima è incatenata, prigioniera nel cortile di Giona Porcu. Cosima si lamenta, sulla stuoia, e Luisu ha freddo. Giovanna la sordomuta imbocca il vecchio Isaia. L'ha visto sempre uguale, immobile come pietra, con la faccia a terra e le mani in grembo, e solo le mani, nere e scavate da mille rughe, solo le mani vivono fuori dalla coperta che lo avvol1 iOÌeCaGino Bianco ge. Il vecchio Isaia leva la testa, gli occhi sono bianchi. Giovanna chiede - Perché? - Non aveva mai visto quegli occhi né mai pronunciato parola, prima. - Perché? - La voce suona alta, nel silenzio, e strappa l'anima del prete dal cortile, la riporta oltre il muro. E l'anima vede il paese, sente le galline morte, i campanacci conservati, i cani sfiniti dagli stenti. Non ha sognato. È stato tutta la notte su una sedia, ubriaco e intirizzito. - Il tuo cuore è di pietra, Giona Porcu - voce rabbiosa, di maledizioni - e la tua bocca è sudicia, si è presa gioco del Signore. Ma lui lo piegherà, il tuo culo grasso. Sì. Ti spezzerà in due. Ti getterà in ginocchio, e implorerai perdono. Striscerai, e non sarai perdonato. Piangerà-. Nessuno ha visto. Ma tutti hanno sentito il portale, il passo di Giona Porcu, il sibilo della falce, il silenzio, il corpo che cadeva senza un gemito. La testa che rotolava e sbatteva prima di fermarsi, sola. I passi. Il portale sprangato. Con un colpo di falce, via la testa. Le mosche ronzano di gioia e volano in alto, ubriacate dal profumo di sangue. Raccolgono il grano,e lo lavano dal fango. Sollevano il corpo e lo compongono con amore in una cassa. Le donne inventano ghirlande di fiori di carta e cuciono il collo alle spalle. Lo portano in terra consacrata, e cantano. La voce di tzia Cosima è lamento di bestia ferita. Rientrano nelle case, muti. È notte. Mintonia racconta - Ha lasciato aperta la porta della stanza. Tutta aperta. Si è ubriacato, è fermo, seduto, non conta l'oro e non canta. Fissa un'ombra della candela, un'ombra che danza nel muro, e prima del muro c'è Teresa, gli occhi di lui le passano dentro e non la vedono, come se non ci fosse. Lei sta ferma faccia a terra e prega - Sparisci, demonio - e un'altra volta - Sparisci demonio-. Lui non la sente e non la vede. E non vede i servi, tutti davanti alla porta, fermi come pietre, che lo guardano. 5 i addormenta, si sveglia, è nuovamente Giona Porcu: chiama i servi più fidati e malvagi, e prima Borore, capo della banda - lo chiamano Cane tutti quanti, Giona Porcu compreso -. Vengono dalla campagna, abituati a sparare. Murano il grano in una stanza. La chiave dell'unica porta è appesa ai pantaloni, assieme a quell'altra che tiene rinchiusi l'oro e Teresa. La famiglia è Cane e i banditi. Mangia con loro, attorno a un tavolo vecchio nel cortile, e con loro si ubriaca. Gli raddoppia la paga e l'acquavite. Al buio impazzisce, o recita, e urla, bestemmia, spara contro le stelle e il vento del nord. Teresa prega: - Sparisci, demonio -. Luisu compie dodici anni. E corre. Non sa di avere dodici anni, né perché corra. Obbedisce a una voce che non sapeva di portarsi dentro. Che non ha mai parlato, prima, e ora incita, coro di tutte le voci sentite nella vita, tutte assieme - Corri, corri!-. Corre veloce, come se dodici anni fossero serviti tutti a preparare questa corsa. 71
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==