Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

tutti coloro che la conoscevano. "Ho il sospetto", scrisse T.S. Eliot, "che Simone Weil fosse di tanto in tanto insopportabile". Di fatto lo era e non solo "di tanto in tanto" bensì sempre e dappertutto. Un ispettore ginnasiale biasimò (giustamente, come è dato di sapere) "l'astrattezza e la confusione" dei suoi corsi d'insegnamento. Gustave Thibon, amico e ospite dal quale volle lavorare come inserviente, cosa che si rivelò però un fallimento essendo inutilizzabile sia nei lavori domestici che in quelli di fattoria, patì la sua presenza ·al di là del rispetto che tributava alla sua intelligenza e al suo fervore nella ricerca del divino. Le sue allieve si annoiavano durante le lezioni, tenute in modo tanto appassionato quanto monotono e la maggior parte, di conseguenza, non riuscì a superare l'esame di maturità. Durante la vendemmia, alla quale si sentiva in dovere di partecipare per sperimentare così le condizioni di vita del proletariato agricolo, afflisse con i precetti delle Upanishad una sua compagna di lavoro che, soffrendo, fu costretta a sopportarla. La sua opera a mio avviso più importante, ha come titolo L 'enracinement, il radicarsi. Lei stessa però, fu incapace di mettere radici, sia fra le colleghe all'École Normale Supérieure, sia come insegnante, sia ancora come operaia e sindacalista. Come ebrea, giovane e brutta, resa ancora più sgraziata da vestiti trasandati e pettinature disordinate, scelti fra l'altro con accuratezza, come insegnante scadente e operaia irrimediabilmente maldestra, il suo era uno stare sempre al di fuori, dinanzi ai cancelli, come un'affamata. Anche il Dio al quale tendeva non la lasciò avvicinarsi. Tre elementi contrassegnano l'esistenza di questa donna fuori dal comune: una acuta intelligenza, addirittura inquietante, una determinazione feroce a mondare gli uomini dalla lorduta terrena, una propensione senza limite alla sofferenza. Cresciuta accanto a un fratello, più vecchio di tre anni, ben presto riconosciuto come genio scientifico, si mise a competere con lui e, anche se non riuscì a raggiungerlo, arrivò comunque a capire la fisica quantistica al punto da poter dissertare per iscritto su questo argomento tanto complesso. La sua conoscenza delle lingue antiche, soprattutto del greco, superava ampiamente quanto richiesto dalla pur esigentissima École Normale Supérieure. Quando si immerse nella cultura dell'Asia orientale studiò il sanscrito, e quando si rivolse al cattolicesimo divenne talmente esperta di teologia da poter discutere con qualsiasi studioso di problemi di patristica e di scolastica. Anche la sua intelligenza era ebraica in modo impressionante. Gli ebrei, contrariamente a una opinione largamente diffusa, molto spesso sono ottusi, nello stesso tempo dispongono però, come totalità, di un tale pontenziale di talento da mettere in imbarazzo qualsiasi filosemita, perché, elencando i geni ebrei, automaticamente si ritroverebbe a pensare all'odiosa parola "Intelligenzbestie" (mostro di intelligenza). Leggendo i libri di Simone Weil, si è costretti a pensare che una intelligenza più limitata non sarebbe stata un male; anche in Lettre à un religieux, in cui I' umiltà viene ostentatamente posta al centro della riflessione, i t5iei8ot~éao1Gn(nbitf{~n e& sottilmente autocritico, SAGGI/AMERY da costringere non solo il perfido antisemita a definirlo "talmudico". La sua passione per il miglioramento del mondo si spinse ai confini estremi e finanche al di là. Vide la miseria sociale più lucidamente di altri, più profondamente di qualsiasi dei suoi contemporanei, fu ferita dall'ingiustizia sociale in Francia, attenuata solo dall'effimero Fronte popolare di Léon Blum. Le sue reazioni erano però assai distanti tanto da una spontaneità miglioristica, quanto da una metodica razionairivoluzionaria. Le conseguenze del suo impegno sociale, assai lodevole da un punto di vista umanitario, furono solamente sofferenze per lei e disagi per i suoi compagni di lotta. Nel 1932 partecipò a uno sciopero a Le Puy, riuscendo a farsi ai-restare, dovette però rinunciare all'agognato martirio in quanto l'insegnante di filosofia, considerata una pazzoide inoffensiva, venne subito rimessa in libertà. La chiamavano, in parte scherzosamente in parte per disprezzo, "La vergine rossa". Durante uno sciopero di minatori a Saint-Etienne portò, Giovanna d'Arco senza Dunois e La Hire, la bandiera rossa. Quando però poco dopo incontrò a casa dei suoi genitori Lev Trockij, questi ne ricavò l'impressione di una persona disturbata e più tardi, in una lettera, osservò che non valeva quasi la pena parlare di lei. Fu proprio questo impegno, per così dire, "cieco" che contribuì alla creazione della leggenda. O forse fu veramente pioniera tanto nella sua critica all'Unione Sovietica e al Komintern, quanto nella sua ribellione anarco-sindacalista? Anticipatrice di coloro che oggi intravvedono ogni soluzione nella autogestione economica dei lavoratori? Profetessa che aveva presentito "/es nouveaux philosophes", che scorgono dappertutto il "prince'', il "ma'ìtre" e si rendono garanti per il popolo, ignorato arrogantemente da tutti i partiti organizzati? Simone Weil fu tutto questo e insieme non lo fu; infatti esistono alcuni testi, da lei scritti durante l'esilio inglese, da cui emerge una propensione sconvolgente verso forme sociali autoritarie di carattere corporativo. In realtà era apolitica. Nella società, in ogni società non vedeva altro che il "mostro" di Platone. Per lei si trattava sempre, comunque, di un proprio progetto di salvezza - anzi di un progetto di infelicità che indubbiamente e tragicamente ebbe successo. In questo modo si tocca il cuore della sua esistenza: la passione per la passione. Voleva soffrire assolutamente e a ogni costo, anche se così facendo procurava sofferenze agli altri e soprattutto ai genitori, costantemente in pensiero per lei. Si alimentava male, e portava il cilicio come una penitente, come insegnante rinunciò a una parte del suo stipendio a favore del sindacato e alla fine, in Inghilterra, morì di fame perché assumeva solo una quantità minima della misera razione distribuita in Francia a un presunto consumatore medio, benché nel paese anche il più povero integrasse naturalmente le sue razioni grazie al mercato nero. Fu forse come spesso è stato detto, una masochista? È una questione di definizioni. Io preferisco usare questo termine per devianze specificamente sessuali, parlo perciò più volen55

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