Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

INCONTRI/GARBOLI dimento, la morte, la sofferenza, nei quadri di Caravaggio, si ha l'impressione di liberarsi della morte, la sofferenza e il tradimento; ma nello stesso tempo si rientra nello stesso ciclo. L'arte non è una porta dipinta nel muro, è una porta vera che ci fa uscire, ma ci immette in un giardino che è poi la stessa stanza da cui noi veniamo. Tuttavia per un momento, per un istante, quella esperienza di liberazione c'è stata davvero. È impossibile liberarsi della yitçI come è impossibile fare,a meno del/a consolazione artistica, dunque. Eppure è difficile sottrarsi a/lasensazione che qualcosa si sia incrinato nel/o specchio de/l'umanesimo, che la complicità tra vita e arte non abbia subi'to uno scacco irreparabile. "Io noto una certa differenza tra come si scriveva un tempo e come si scrive oggi. Proprio oggi, nel novecento, e man mano che il novecento tende a consumarsi. E penso che la differenza sia dovuta alla luce elettrica. Non nel fatto che si scrive con la luce elettrica; è una metafora per dire che in fondo, quando si scriveva a luce di candela, alla luce del giorno, l'atto dello scrivere non stabiliva con la propria esperienza esistenziale una scissione così netta come avviene oggi: lo scrivere era un prolungamento della propria esperienza, dei propri sensi. Era meno traumatico il rapporto di interruzione tra l'esperienza esistenziale di appartenere al mondo e quella di separarsi dal mondo, fermare il tempo, e mettersi a scrivere. Scrivere è certamente un'esperienza sempre innaturale: per farlo ci vuole Mercurio, ma anche una certa malinconia, una certa bile nera, una natura saturnina. Ma mentre una volta si scriveva nel mondo, dentro il mondo, oggi lo scrivere è per uscire dal mondo, per starne fuori. Perché uno desidera realizzarsi nel libro piuttosto che nel mondo? Ci sono vari motivi. Innanzi tutto i valori virili - cioè tutto ciò su cui si fonda la letteratura cavalleresca fino a Cervantes - hanno smesso non soltanto di dare gioia, ma anche di essere attendibili. Perfino il potere stesso è diventato un oggetto di bronzo. E ora, come valore virile, a sopravvivere c'è solo l'arte; per questo l'arte è totalizzante, oggi, spadroneggiante. È il solo valore virile che ha ancora corso. Ma c'è · una ragione anche più importante, a pensarci bene, che fa il libro vincente sul mondo: è il desiderio di sottrarsi all'infezione, al contagio del mondo. Perché il contagio del mondo rende le cose peribili; questo è il vero meccanismo che porta a dirottare i propri desideri verso quel che è fisso e congelato come un libro, come la scrittura. Stare nel mondo, muoversi nel mondo, desiderare il mondo e le cose del mondo è desiderare ciò che dura Linagiornata, un anno, una stagione e poi muore. Ora io credo che l'uomo moderno non ammetta e non tolleri - per un meccanismo che varrèbbe la pena di identificare - di rivolgere il proprio desiderio a ciò che egli sa che andrà perduto. Pensiamo per esempio al cibo. Quando noi ci lamentiamo 'sul fatto che non si mangia più come una volta, che non esistono più i cibi genuini, che non andiamo più a piedi, e insomma che non si frequentano più le cose naturali, dimentichiamo che forse tutto ciò corrisponde a un desiderio occulto; che cosa significa il cibo congelato, il prosciutto in plastica? Anche s bliotecaGino Bianco questo è sottrarsi al contagio; è il desiderio da parte dell'uomo di sottrarsi a un ciclo di morte. li libro invece è vincente perché sopravvive: è eterno, non nasce e non muore. Una volta che è nato è sempre nato. È sempre nato perché è nato per sempre. La stessa creazione delle macchine presiede a questo desiderio. Si capisce ormai chiaramente che la continua proiezione da parte dell'uomo in una civiltà in cui è esaltata la macchina non risponde a un desiderio puramente utilitario o consumistico; è piuttosto il desiderio di rispecchiarsi in una società in cui il fattore animale sia riducibile a proporzioni sempre piu esigue. li tasso della carnalità e della animalità deve diminuire perché l'uomo desidera che diminuisca, probabilmente per sottrarsi all'imbroglio del ciclo vitale. La luciditàcon cui Garbo/i sa ricostruireil meccanismo della nevrosi e de/l'angoscia dell'uomo contemporaneo produce un'associazione spontanea con l'amato Alessandro Manzoni. Ne I promessi sposi l'atteggiamento opposto che i personaggi manzoniani assumono di fronte a/la peste riproduce in pieno quel/a schizofrenia tra simultanee attrazione e repulsione del contagio in cui consiste la vita stessa: Naturalmente la vita è una peste, "una malattia della materia", come dice Svevo, un contagio universale. Ma la cosa più interessante di tutte, in Manzoni, è il fatto che Renzo, il buon Renzo, il coraggioso Renzo, l'innamorato Renzo, è un secolare, mentre don Abbondio è un prete. E don Abbondio non può che reagire, di fronte alla peste, come ha già deciso di reagire di fronte alla vita. li suo desiderio non può andare verso la peste perché il desiderio di un prete non va verso il mondo. li prete è un chierico, è un intellettuale, è uno scrittore. E ciò ci conferma quanto andavamo dicendo: il libro vince perché è la religione del nostro tempo. Rappresenta il desiderio di sottrarsi al contagio e all'infezione. In termini estremamente espliciti, anche. Proust diceva la stessa cosa: entrare in letteratura vuol dire entrare in religione, prendere gli ordini. C'è poi il comportamento di fra' Cristoforo, che non ha scelto né il libro né il mondo: ha scelto proprio ciò che è contagio, ciò che è putrefazione. Se la vita è una peste, in questa equazione fra' Cristoforo ha scelto ciò che va verso la peste. Non è lo scrittore, l'intellettuale, il chierico; è colui che si perde, in altre parole il santo. La sua è un'esperienza di santità che il mondo moderno ha perduto, che il mondo moderno non sa più vivere. La santità nel senso di decidere la propria appartenenza a ciò che muore, di commisurare la propria identità con ciò che muore. Di non essere altro che ciò che muore. L'uomo moderno ha trovato il modo di valorizzare il mondo sacrificando al mondo: scrivendo il libro. · Mentre fuori continua a grandinare, Garbo/i racconta di quando gli capitò di ricevere la lettera di un giovane che aveva letto con entusiasmo la sua prefazione ai Diari di Delfini. Pur ne/l'entusiasmo, quel giovane lettore, Edoardo A/binati, glicomunicò anche un senso di imbarazzo, spiegandogli che a/lafine, per lui, era come se Delfini fosse un uomo immaginario.

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