Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

cocuzzoletto bianco, o, più triste, la cura con cui avvolgeva le fette calde in un panno per mettermele sul petto quando avevo la tosse. Mi trovavo solo in cucina con la nonna, certe sere. Era inverno, allora; luce di neve trapelava dalle finestrelle della rotonda sotto la cappa del camino. La nonna mi dava un piattino con olio aceto pepe e sale, sul fondo del piattino era dipinto un fiore, credo una viola, d'inconsumabile lucentezza. Ella mi tagliava una fetta di polenta, me l'abbrustoliva e mi diceva: "Mangia, mangia, bambino mio, vedrai come sarà buona con quel bel fiore". lo intingevo i bocconi nella semplice salsa, era quasi buio in cucina. Le montagne mandavano gli ultimi bagliori zuccherini. Oh, certo, tutto era buono, io cercavo sicuro il gusto del fiore in cui la nonna credeva, devotamente la polenta lo accarezzava, permeandosi del suo sapore più che terreno. E quando avevo terminato contemplavo a lungo sotto il liscio smalto quella figura, con una passione che ancor oggi preme nel mio cuore, confusa col passo della nonna che va alla porta della cucina, verso il crepuscolo invernale, e non ne ritorna più. Parentele ragnatele Mi destai all'improvviso: Carla stava ritta ai piedi del mio letto e rideva come prima non l'avevo mai veduta, era contenta, e dalla finestra spalancata appariva, oltre i tetti della città, un cielo grigio; autunnale più che estivo. Faceva caldo, e afa, lei continuava a ridermi sommessamente in faccia mentre io, imbarazzato, mi preparavo a una risposta che la folgorasse. "Quando la padrona mi ha detto che eri indisposto ho voluto salire subito a vederti. Via! Tu certo ricordavi fin troppo bene che oggi si doveva andare lassù, e a te un'ora in bicicletta ... " Si era volta verso lo specchio ed ora sogguardandosi svagata si ravviava i capelli con la mano ..lo sentivo tutto il pesante calore del mio corpo, della coperta, dell'ambiente, come un rossore importuno che mi paralizzasse, e la mia mente si era fermata subito su quel punto di sottinteso disagio che le parole di Carla mi avevano chiarito. Sì, c'era quella non invitante passeggiata in programma! lo avevo realmente un po' di febbre ora più scottante proprio a quel pensiero. Ma fastidio e disappunto non potevano durare per me in presenza di Carla, io mi stavo già perdendo a contemplare la sua immagine riflessa e vera, la sua figura così viva nel vestito grigio, i suoi capelli castani tagliati corti, la nuca fragile e bianca. Pensavo a quanto sgradito m'era stato il venir a sapere che la mamma di Carla era una Dornus, di quei Dornus di Felsa. E noi oggi avremmo dovuto recarci a quell'accozzaglia di tane schiacciate sotto la montagna, a far conoscenza coi parenti. l Dornus non mi erano mai riusciti simpatici: volti oblunghi e magri, denti sporgenti, stature trampoli e soprattutto quell'aria di maestà grossa e incetriolita, che non perdevano nemmeno in città, quando vi scendevano in calesse. E non mancava mai, se si trattava di commettere una gaffe a una cerimonia, una signora Dornus, ben vecchia, accuratamente vestita di nero e invelettata, con un rigoglioso cappello piumato, che ibliotecaGino Bianco STORIE/ZANZOTTO ne segnalava a tutti la presenza, non mancava mai una zitella della casa, che venisse a piedi fino alla città, con due sporte piene di roba da vendere: soldi sottratti per privati usi al bilancio familiare. Sempre questo o quel maschio dei Dornus sapeva far più strepito di chiunque con la sua elefantesca moto nera; non c'era partito di destra, ma della destra più gessosa, che non contasse dei Dornus come propagandisti, o meglio come bravi (dalle casacche di cuoio e dai pantaloni alla zuava) pronti sempre a far la faccia feroce sullo sfondo del quadro in cui campeggiasse un gerarca intento a sfoderare la sua parola alata. Veramente formavano parecchie famiglie, tutte imparentate fra loro, e io proprio non sapevo se s'interessassero di commercio o se gestissero piccole industrie casalinghe: era comunque certo che a Felsa potevano passare per nobili, come avrebbe voluto testimoniare uno stemma di pietra che sormontava i loro portoni. lo non avevo mai avuto rapporti diretti con alcuno dei Dornus, ma, oltre al resto, non sapevo disgiungere il loro nome dall'ombra maleducata e stantia di Felsa, le cui abitazioni decrepite mi affioravano nella memoria in un odore di stallatico, di patate lesse e di legno marcito; mi pareva impossibile che qualcuno vi abitasse senza sentirsi spazzatura tra le spazzature. Una capra, a Felsa, camminava sola per la china del municipio seminando pallottoline nere, un pianoforte tramava di scale stente e dolciastre gli assoluti silenzi dei pomeriggi, il sole intorpidiva i greppi della montagna soprastante, da una porta corrosa usciva una gallina e io passavo in bicicletta, bevevo all'osteria un vino senza dubbio acido e smorto. Felsa? l Dornus? Ma in che cosa poteva somigliare Carla a quella gente? "Sai, sto male davvero. Puoi pensare che stia fingendo per non venire a Felsa con te?". Mi toccavo la fronte. "Ho la febbre", mi sentivo piagnucolare, ridicolo. "Oh, caro, caro ... !" Da un pezzo Carla se ne stava trasognata a guardarmi, con quel suo alzare il mento come interrogando. Il suo volto, così dolcemente ovale e di una carnagione piuttosto pallida, mi appariva ora controluce nel vano della finestra. Era in ombra ma non tanto che io non mi accorgessi del lampo di benevola ironia che le stava passando negli occhi. Forse non sapeva che il mezzo più sicuro per legarmi a sé era proprio quello sguardo, beninteso d'occhi che fossero neri e intelligenti come i suoi, pronti a sfuggire se appena io avessi voluto precisare quell'ironietta contrastante con le affettuosissime parole, ma pronti del resto a smentirsi con il più candido entusiasmo. Ecco che stavo per cadere nella promessa, ancora. No, no, Carla, tu non hai fratelli, sei preziosamente sola, il tuo papà si è stabilito qui da lontano ed è un distintissimo buon uomo, tua madre non somiglia né a te né ai Dornus, ai quali io non avrei mai pensato di doverla riferire. No, doveva capitar fuori che porta proprio quel nome, che è "legione" più di quello del demonio. Avrò dunque il destino di acquistare molti parenti, e per di più quei parenti? Ecco, 47

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