Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

INCONTRI/DURRENMA TT IJ Ci sono stato diverse volte, e le impressioni che ne ho avuto sono state diverse. Fino a qualche tempo fa solevo ripetere con frequenza la frase: l'americano è un isterico pericoloso mentre il russo è uno sclerotico altrettanto pericoloso. Con ciò intendevo, almeno fino a qualche tempo fa, caratterizzare due mentalità così diverse come quella russa e quella americana. Oggi però le cose sono un po' cambiate. In Russia la sclerosi aveva raggiunto livelli tali che non è stato più possibile evitare di far qi.1f,cosa per curarla. D'altra parte ogni valutazione dell' AmtRa non può prescindere dalla singolarità della storia di quel paese. In fondo, sul piano umano, l'America non è altro, a tutt'oggi, che un esperimento in atto. Per adesso non ci è possibile intuire cosa sarà di un esperimento simile. La cosa. che mi sembra più evidente sono le proporzioni gigantesche che le catastrofi naturali hanno avuto in quel paese. È anche possibile che una guerra atomica vi possa assumere la forma di catastrofe naturale. Il problema delle due superpotenze consiste nella sostanziale incapacità da parte di ambedue di cercare di "sdoppiarsi" e considerare con più serenità la posizione dell'altro. Nel 1972 lei ha scritto Der Mitmacher. Ein Komplex, una potente requisitoria contro l'amoralità degli intellettuali, la facilità con cui le classi colte si sono vendute al potere. Oggi più che mai sembra che gli intellettuali abbiano fallito. Fallito nei riguardi della società, su cui non sono stati in grado di incidere, elaborando codici estranei, elitari, dopo essersi serviti per pura bramosia del favore delle masse, perdendo così di credibilità. Anche se gli intellettuali non si fossero venduti, oggi non potrebbero comunque far nulla. Il dato grave sta nel fatto che i politici non hanno ancora capito davanti a quale genere di problemi essi si trovino. La situazione mondiale negli ultimi vent'anni si è notevolmente aggravata. La fame nel mondo ha assunto livelli ancora più drammatici. Le aree desertiche sono in continua espansione, lo iato tra nord e sud ha raggiunto proporzioni inaccettabili. Di fronte a problemi simili, cosa crede che sia in grado di fare un intellettuale? Al massimo ammonire, può focalizzare alcuni aspetti della questione, ma la cosa paradossale è che oggi il potere e il significato della cultura sono pressoché nulli, nel contesto in cui ci troviamo a vivere. Ma nella storia è stato poi così diverso? Nonostante la cultura, nonostante "l'impegno" ci siamo trovati, con infinito stupore, faccia a faccia con le mostruosità più indicibili a chiederci come la Cultura possa avere permesso fatti simili. La storia è un campo di battaglia mostruoso. Il genocidio degli indiani in America, la distruzione delle civiltà sudamericane, la colonizzazione sono avvenute senza che gli intellettuali potessero fare nulla. Lei ha polemizzato con Sartre e l'esistenzialismo con una certa asprezza, definendo un dramma di Sartre, Il Diavolo e il buon D4;:>, eccessivamente serio. Nella sua raccolta di scritti sul teatro pubblicati nel 1966 e nel 1972, lei attacca la con42 BibliotecaGino Bianco cezione secondo cui politica e arte andrebbero di pari passo, criticando laposizione di Brecht. Mi pare di individuare una connessione tra queste prese di posizione e ciò che ha detto poc'anzi. Con Sartre non sono stato poi così duro come mi descrive lei. Lei mi parla di una critica che ho scritto nel '51! È vero, lo trovai un pezzo tipicamente Sturm und Drang, piuttosto antiquato e obsoleto. Devo dire che ho trovato Mani sporche e altri pezzi di Sartre notevoli. Ma no ho mai preso posizioni nei riguardi dell'esistenzialismo. Si trattava semplicemente di far capire che li Diavolo e il buon Dio era una opera completamente superata e del tutto priva di senso dell'umorismo. Io sono nato e sono rimasto un espressionista, ma questo non mi impedisce di avere rispetto per l'esistenzialismo. Sartre è stato un autore importante, un grande spirito critico. A differenza di lui, io sono stato molto più capriccioso e bizzarro. Lui voleva essere di moda, ed era perfettamente riuscito in questo. Una figura che io accosterei a quella di Voltaire. Ma tengo a precisare che l'ho sempre stimato molto. Eppure un attrito con gli esistenzialisti c'è stato: con Jaspers a proposito del suo scritto, del 1961, La bomba atomica e il futuro dell'uomo. La coscienza nel nostro tempo. Lei ha criticato la unilateralità dell'intervento di Jaspers, che auspicava che l'Occidente rinunciasse alla bomba atomica, presupponendo che cifosse una "storia" occidentale che marcia indipendentemente dalla storia del blocco orientale. Lei, invece, diceva che era sciocco, quando si parlava di bombe atomiche, distinguere tra storia dell'Est e storia dell'Ovest. Jaspers è stato un buono storico della filosofia. I suoi scritti attorno alla metafisica, a Kant, Platone e Sant' Agostino sono veramente notevoli. Era un ottimo interprete. Le sue considerazioni filosofiche, devo ammettere, mi dicono molto meno. Non mi trovo poi affatto d'accordo con lui nell'identificare a tutti i costi il male con i comunisti, e giudicarli capaci di tutto. Io credo invece che la libertà di cui parla Jaspers a proposito dell'Occidente sia una libertà di cui si possa abusare incredibilmente. Che ci sia un abuso della giustizia. Proprio a proposito del teatro dicevo recentemente che la libertà del teatro non è altro che l'alibi della nostra abusata libertà. Noi abusiamo di questa libertà senza limiti né controllo, e non ci curiamo delle conseguenze che le nostre libertà hanno sul mondo. L'idea che noi abbiamo della Russia è avventurosa. Identificare la Russia col male è ridicolo. Chi è stato in Russia si rende conto di come sia assolutamente meno unita e conforme nei suoi caratteri di quanto lo sia l'America. Se lei va nel Caucaso o in Armenia capisce che i· russi più poveri sono i cosiddetti russi bianchi. Ogni generalizzazione è inadeguata. Lei ha anche polemizzato con Brecht e la sua concezione del teatro. In particolare ha criticato la posizione di Brecht sul problema delle relazioni tra arte e scienza. A differenza di Brecht, lei sostiene che la scissione deve essere netta, e che

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