DAILETTORI LAPROVINCIA REINVENTATA DIANTONIODELFINI Marco Sangiorgi - Lugo (Ravenna) I tempi della scrittura, la necessità del raccoglimento e le molte pause, non sempre sono compatibili con il veloce fluire del vivere: "A ripensarci dico che se avessi tenuto allora un journal non avrei potuto avere il tempo di vivere, né l'estro di creare, quei veri racconti, vivendo i quali non ho avuto il tempo di scriverli" (li ricordo della Basca, Einaudi). Questa tensione a vivere, e a vivere letterariamente inventandosi personaggio, Antonio Delfini non l'esauriva nella scrittura, ma neppure nel reale, nel vissuto quotidiano. Incapace di stabilità e sempre sul punto di partire, con una inquietudine che non trovava requie in quei brevi viaggi "addomesticati" tra Roma e Viareggio, per poi tornare inevitabilmente alla nativa Modena, Delfini è una figura anomala nel nostro panorama letterario, refrattario alla troppo facile etichettatura di provincialismo in cui alcuni hanno voluto frettolosamente e ingenerosamente congelarlo. Scrittore nell'inconcludenza, pure ha saputo racchiudere in alcuni splendidi racconti le situazioni e gli umori di una provincia reinventata; e pur parlando molto spesso di sé, non sembra conveniente applicare alla sua opera la categoria del1'autobiografismo, poiché Delfini continuamente elude la verifica della propria esistenza e semplicemente la ripercorre nell'inevitabile frammentazione che produce il ricordo. La narrazione è consequenziale a questo processo: tradotta in racconto, in breve brano o, appunto, in frammento letterario, diviene annotazione e interrogazione sul pulsare della vita, quella vera. La misura di Delfini è il racconto, a esso egli affida la propria ricerca; gli stessi Diari non riescono a soddisfare la richiesta di comprendere e di autocomprendersi: in essi lo scrittore scaricava i detriti del quotidiano, ma non vi affidava, forse per diffidenza o forse solo per mancanza di convinzione, il senso autentico, la pregnanza di quel suo esistere. "Dopo la lunga e placida passeggiata per i viali, sul tracciato delle antiche mura ero andato a posarmi li Caffè Nazionale ... mi divertivo ad ascoltare il discorBibliotecaGino Bianco so senza parole degli ampollosi e tranquilli signori che mi stavano appresso: intanto fruivo di una contemplazione di me stesso: mi pareva di essere elegantissimo e sorvegliato mentre andavo sorseggiando, appoggiando leggermente un braccio sul tavolo, un bicchierino pieno di liquore dorato che riportava a me la storia delle immagini occorse durante il passeggio". Ritroviamo qui alcuni elementi della poetica di Delfini: quel suo vivere apparentemente senza avvenimenti, ilf/aneur che riscopre la magia dei luoghi, i portici, i viali, i caffè; gli abitatori di quei luoghi, osservati con benevolo distacco e insieme con partecipazione e ideale appartenenza, i signori seduti a parlare di niente, immersi in -un anacronistico presente, e proprio per questo irreali, ombre di tempi perduti e rimpianti; il senso di sé, immerso nei pensieri e abbandonato alla vacuità del momento e all'esteriore eleganza del vivere, in un travestimento da "giovin signore" che Delfini sente così confacente ai suoi gusti. Un divertimento leggero, una consapevole dissociazione in cui può assumere contemporaneamente la parte di attore e di pubblico. Delfini sta creando il personaggio di sé: "Mi andavo allora rappresentando una vita che avrei fatto in seguito". Cércava di apprendere l'arte di vivere con eleganza, immaginando o illudendosi che il segreto fosse racchiuso in tale finzione. Ma a riscattare questa realtà simulata interveniva subitaneamente in lui l'elemento ricordo: il ripresentarsi del vissuto attraverso la lente immaginifica della memoria. E del resto per Delfini "la realtà" era "solo un elemento o un'occasione di disturbo". ANNALACONTADINA Raffaella Rota (Mozzo, BG) Lai/e d'autunno. Memorie di una contadina bavarese, della tedesca Anna Wimschneider, appare nella nuova collana della Giunti, "Astrea", che propone testi scritti da donne (pp. 161, L. 15.000). Come lascia intendere il sottotitolo si tratta di un libro di memorie, di un collage di immagini e di avvenimenti stesi a tavolino da una donna semplice, ormai sessantacinquenne, e finalmente libera dal ritmo ossessionante del lavoro agricolo e domestico. Non sorprende il tono semplice e antiletterario del linguaggio, del resto riscoperto negli ultimi tempi, insieme alle atmosfere IL CONTESTO bucoliche da "albero degli zoccoli" e a una riconsiderazione - molto piu seria e degna di essere sottolineata - delle tradizioni popolari, del rurale, del dialettale. Stupisce invece la sincerità di espressione, la mancanza di falsi pudori e di autocensura, che non impoverisce il testo, ma anzi lo carica di tensione emotiva e di fascino. Tale è la descrizione delle prime esperienze amorose di Anna adolescente, della scoperta traumatica del proprio corpo. Crudi e reali in questo microcosmo sperduto nella Bassa Baviera sono anche i rapporti sociali, dove il potere, rappresentato dal prete e dall'ufficiale hitleriano, viene in entrambi i casi rifiutato e ridicolizzato. Questo rifiuto tuttavia non nasce da una coscienza storica. La Storia arriva solo attraverso il filtro della propria esperienza personale, della propria quotidianità fatta di duro lavoro e di rinunce. Per questo lo scoppio della seconda guerra mondiale è sentito solo con la partenza del marito di Anna, Albert, dopo soli undici giorni di matrimonio. Cosi pure la distanza dal nazismo è segnata solo dal rifiuto di appendere il ritratto di Hitler vicino al crocefisso, sopra l'altarino domestico. Naturàlmente a questa dimensione astorica contribuisce il profondo sentimento cattolico della campagna bavarese, che in Anna è visto positivamente come disponibilità totale al servizio del prossimo, come accoglienza dei numerosi profughi ungheresi, come assistenza agli anziani e ai moribondi, ma che non le impedisce di vivere sanguignamente le proprie esperienze sessuali, o di denunciare le ipocrisie di certi riti religiosi. Sin dalla prima infanzia, da quando muore la madre e si ritrova a dover curare sette fratelli, la vita di Anna è scandita dalle cosiddette tre K: Kinder, Kirche, Kiiche (bambini, chiesa, cucina), "trappola esistenziale per la donna tedesca, fino alla caduta del nazismo", come viene indicato nell'Introduzione di Laura Draghi. Ecco quindi che il titolo acquista un significato metaforico: Herbstmilch (latte d'autunno) è il nome di una zuppa di latte acido della cucina tradizionale bavarese, ma può anche contrassegnare un elemento positivo e semplice come il latte, che per la donna ben presto è inacidito dal sudore e dalle lacrime. La Wimschneider non esalta però il proprio sacrificio con toni vittimistici. Ora, che "finalmente può permettersi di dormire fino a tardi la mattina", arriva a pensare retrospettivamente la propria esistenza e a riproporla oggi, così com'è, alle proprie figlie, emancipate e inserite ormai nel quadro della grande città. 23
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