Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

. IL CONTESTO paesi deboli e stagnanti perché sottomessi al gioco delle oligarchie feudali e ai loro eserciti reazionari, non sarà tanto un pallido riflesso dell'attuale dislivello economico, scientifico e tecnico, quanto invece dello spaventoso squilibrio che le sovrastrutture imperialiste imporranno a passi sempre più accelerati ai popoli del1'America Latina, a meno che questa parte del continente non conosca una profonda trasformazione rivoluzionaria". Le letture di questi giorni hanno ricordato le speranze e soprattutto le sconfitte. E spiegano, con una chiarezza un po' sospetta, tutti gli errori. Guevara si arrende nel gran canalone in Bolivia, verde e umido di pioggia, circondato dall'esercito. Non è Rambo e l'uomo si perde. Chiaromonte, direttore dell'Unità, ·nel presentare il libro, si è preoccupato di precisare che non era sua intenzione "additare un modello di pensiero e di azione rivoluzionaria". Il "mito" merita la pensione e ogni coscienza laica e moderna non potrebbe che accettare u'n mito in pensione rivisitato dalla storia, ridimensionato dalle analisi, bollato dalla sconfitta. Fine di una ipotesi. Altre non ne sono arrivate e le cose stanno più o meno al punto di prima, come aveva scritto Castro. Forse peggio. Per loro e per noi. Negli stessi giorni di quest'anniversario, un altro "mito" sì è invece salvato. Diciamo Adriano Celentano. Dopo la catastrofe di "Fantastico", il Corriere della Sera gli ha dedicato una pagina intera con un consiglio, a "lasciar perdere". E con una pronta correzione, a cura di Alberto Bevilacqua, che invita, piuttosto, a , discutere: "perché non organizzare un dibattito in cui sia la critica, sia il pubbli- : co, sia Celentano stesso possano dire la loro?". Qualche delicatezza non stona. Si : direbbe che è dovuta data la mole dei miliardi investita dalla Rai sulle spalle cli - Adriano. Non nascondo la mia simpatia per : "Lui". li mio bacio è come un rock era · un campionato di astruseria musicale e j pugilistica (perché il medesimo bacio "fui- ! minava sul ring"). Potrebbe meritare una : citazione per surrealismo, futurismo o i qualche cosa d'altro, transitorio magari, ; ma non troppo se può meritare un dibat- ! tito postumo. Non importa che siano pas- . sati Che Guevara, il Sessantotto, il terrorismo, il governo di solidarietà, persino il medesimo Celentano. Non importa perché siamo arrivati al pentapartito, che non è un governo ma un modello etico e cui81 liotecaGino Bianco turale, che ha avuto interpreti straordinari più che in Craxi nei fratelli Yanzina. Basterebbe citare tra i tanti un film come Vacanze di Natale, che ci ha comunicato battute capitali del tipo: "Un whisky, il sole e siamo in pole posi tion". Che è un po' sintesi brillante di una lingua e di un costume tagliati, sviliti, mortificati sulla passerella di una tv, il cui presidente socialista rifiuta il "nazional popolare". Una coincidenza del tutto casuale (e mi sembra adesso persino idiota averla pensata) tra un anniversario e l'ennesimo premio alla volgarità (pagato con un regolare canone alla Rai), tra la consueta dissacrazione di un mito e un dibattito aperto sul caso Celentano: mi chiedo stupidamente (cioè lontanissimo dai tempi e dalle mode, con scarsa opportunità) da che parte stare. E stupidamente, cioè senza supporto di dottrine e di analisi, ma in via del tutto sentimentale non dissacro e mi tengo il mio "mito", il "Che", perché in fondo in questi amari tempi, americanizzati all'impossibile, se non le strategie politiche almeno i buoni sentimenti bisogna salvarli ... più delle scarpe, delle giacche o delle camicie, di marca naturalmente. E i buoni sentimenti, che non sono poi altra cosa dalla politica (e ne sono sempre probabilmente l'animo), non li trovo discutendo di Celentano, ma in queste poche righe: "Soprattutto siate capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo" (dalla lettera di C11e\'C1ra i .figli). Foto di Lee Lockwood / Black Star/Grazia Neri. TEATRO IL PALCOSCENICO DELLANUOVA AFRICA Fabio Gambaro Nella cultura africana esistono da sempre forme di rappresentazione e di drammatizzazione assai vicine al teatro popolare; esse sono legate alle tradizioni e ai momenti salienti della vita di villaggio, alle cerimonie religiose, ai riti di iniziazione, al culto degli antenati, ai matrimoni, alle diverse fasi del lavoro nelle campagne. In queste occasioni l'identità e la coesione della comunità si concretizzano in manifestazioni rituali a cui concorrono la musica, la danza, il mimo, il canto e la declamazione drammatica; il fine è spesso la rappresentazione di un mito, di una storia, di una leggenda particolarmente significativa per la collettività. Tali manifestazioni, con la loro forte componente didattica, si rivolgono a tutti gli abitanti del villaggio con lo scopo di riproporre e consolidare l'ordine interno della comunità, ribadendone più o meno allegoricamente regole e gerarchie. Solo molto recentemente, lungo la prima metà del novecento, questo teatro africano è venuto in contatto con le regole e i canoni della antica tradizione teatrale occidentale, con le sue strategie sceniche, con lo spazio chiuso delle sale e, soprattutto, con l'uso del testo scritto, completamente sconosciuto alla cultura orale africana. Dall'incontro tra queste due diverse tradizioni teatrali sono nati risultati interessanti, gli autori africani si sono posti nuovi problemi e hanno iniziato a percorrere nuove-vie, pur senza ripudiare il bagaglio ereditato dalla cultura di vif:. laggio. Ma tale incontro, come è stato più volte sottolineato, ha prodotto un inevitabile distacco tra un nuovo teatro d 'élite, in genere urbano ed intellettuale, e le tradizionali rappresentazioni popolari: il nuovo teatro non è più per tutti, ma solo per un pubblico·colto e pagante, escludendo quiridi la stragrande maggioranza degli africani. Certo questa frattur_a non_è stata accettata passivamente dai .drammaturghi africani, i quali molto spesso hanno cercato ispirazione proprio nei cerimoniali e nelle leggende delle feste tradizionali e della cultura orale, in modo da ritrovare un legame più stretto con la propria identità culturale da contrapporre all'invadenza dei modelli culturali dei bianchi. È così che oggi è possibile assistere a spettacoli

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