Linea d'ombra - anno V - n. 21 - novembre 1987

DISCUSSIONE più spinta, siamo alla sintesi quasi didascalica di una visione del mondo (e della guerra), che è il Vietnam ma anche molto di più: la guerra e ogni guerra. Sin dal titolo, però, questo film rimanda a un film che di guerra non era, Arancia meccanica (o meglio "arancia a orologeria", Clockwork orange come nell'originale) e non credo sia una scelta casuale. Come se !"arancia ad orologeria" fosse il concentrato di una violenza privata e la "pallottola superblindata" a cui si riferisce il Full metal jacket del titolo, il concentrato di una violenza istituzionale, quella che la collettività (lo stato, il potere, i popoli a esso supini o consenzienti) delega ai militari. Anche Alex, il protagonista di Arancia meccanica, era un Joker come il protagonista di Full metal anche se un asociale la cui violenza e aggressività si tentava alla fine di incanalare al "servizio della società". Joker è "sociale", è un bravo ragazzo qualsiasi di cui l'esercito farà un soldato, cioè, come dice la voce del narratore fuori campo, "non un robot, ma un killer". Il film di Kubrick racconta questa trasformazione in due·parti nettissimamente distinte, di durata quasi identica e di struttura similare:. un breve, folgorante, sintetico ed esplosivo preambolo; il "corpo" di una ripetizione che porta per gradi, nella prima parte, alla perdita di un'identità e alla sostituzione con un'altra, e di un movimento nella seconda parte, che avvicina, sul terreno della guerra, al momento della verità che è l'omicidio, nel corso di una conclusiva azione di commando contro un cecchino: una "rivelazione finale", un punto estremo dopo il quale non c'è ritorno. La diversità sta nel modo in cui i due "corpi" vengono affrontati. Nel primo si assiste a un prolungato, velocissimo, ossessivo ripetersi di una sola situazione a gradi successivi: l'addestramento a opera di un sergente di inaudita violenza . verbale e di logica inoppugnabile. Una sorta di trattato di pedagogia militare nazista, non fosse che il nazismo voleva '.l'uomo-macchina e i marines (il "corpo" dei marines) vuole 'l'individuo killer. Con assoluta chiarezza, l'individuo "civi- ; le" viene spossessato, riabilitato fisicamente, psichicamente . ! lavato, e infine riciclato. Il punto culmine di quest'addestra- ! mento sta forse nella preghiera al fucile: il solo buco (dice : il sergente) per la sessualità del soldato, ma anche membro '.virile, amico, strumento di Dio, un sacro maschile-femminile non più freudiano perché iper-freudiano. Nel "corpo militare", il plotone, è necessario un capro espiatorio perché il corpo si unisca, e questi è Leonard il ciccione: È lui però la rotella che fa cilecca: non diventa uomo per il tramite dello spossessamento e indurimento: diventa matto. Di qui il rapido, agghiacciante finale. Seconda parte: preambolo rapidissimo a Da Nang. Basta una breve sequenza a dire tutto: il rapporto coloniale tra americani e vietnamiti; l'assurdità di essere lì; dall'altra parte, la prostituzione e la corruzione introdotte dagli USA. Siamo all'epoca dell'offensiva del Tet, il nostro Joker è giornalista-militare per "Stars and Stripes", ha il battesimÒ s· liotecaGino Bianco del fuoco, vede massacri e risponde a un generale che lo aggredisce perché oltre a portare scritto sull'elmetto born to kill ha il distintivo dei pacifisti: "Duality of man, you know ... Jung ... ", Poi, a Hue l'azione di guerriglia urbana in un quartiere di macerie fumanti, contro il cecchino nascosto che uccide due di loro. E la rivelazione, quando lo si prende; ma più ancora del fatto che si tratti di una ragazzina vietcong diventa importante per lo spettatore il paradosso che vede ribaltati gli "omaggi" del sergente istruttore a Oswald a Charles Whitman che non potevano essere che marines per essere tiratori così bravi, perché il tiratore per eccellenza è qui un'adolescente nemica, presumibilmente poco addestrata. Ora il Joker uccide e ora può dire (voce off, chiusura del film): "sono vivo, non ho più paura". Sono un uomo, sono un marine. C'è una grande varietà, nel film, di riferimenti a un'antropologia comune americana (e non solo) determinata dai media. Si nomina spesso John Wayne e rock, fumetti, tv, la canzone degli Amici di Mickey Mouse, sono le basi della cultura dei giovani che vi agiscono. Il quasi giornalista Joker che qualcosa di più ha letto, ha letto quanto gli serve a nobilitare la sua marcia verso l'integrazione tra gli omicidi. In lui Kubrick si distanzia e si spiega, e la sua normalità è in fondo ciò che veramente gli interessa. Non la macchina della guerra qui conta ma il paradosso dell'individuo che della sua individualità viene spogliato per essere rivestito da un'altra, anzi corazzato in una full metal jacket che ne faccia individuo/arma, pallottola e fucile, "negretto e grilletto", buco e fallo, autosufficiente e mortale portatore di morte. La "dualità dell'uomo" allora, più che quella di Jung, è quella di una pratica e di un'ideologia chiara e spedita, la prima la stessa da Alessandro il Grande al Vietnam - e confusa e di copertura la seconda (anche il pacifismo sembra dire Kubrick), perché "disarmata". La dualità è così anche quella del regista, che non solo mostra come si può fare di un generico ometto un marine e cioè un killer, ma sembra credere a questa come a una necessità e una condanna, a qualcosa di obbligato e irrimediabile per ogni società. Avesse anche ragione, bisognerebbe riuscire a fargli cambiare parere. Ma è solo da acquisizioni di questo tipo, e non dalla non violenza inattiva di tanti pseudo sognatori, peraltro sostenitori di dubbie accettazioni e alleanze, che si dovrebbe partire. "Duality of man, you know ... ".

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