Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

SAGGI/PERA "Non si capisce la Russia di Gorbacev, senza capire cosa non è ancora in grado di digerire, nonostante gusti sempre più onnivori". lo stato espropriando gli uomini del sensodella vita: "Ogni cosa vive e patisce a questo mondo, senza avere coscienza di nulla... come se qualcuno, uno solo o alcuni, avessero estratto da noi la convinzione dei sentimenti e se ne fossero appropriati" (p. 53). Il cantiere ha generato in chi vi lavora uno stato tale di alienazione disperata, che l'ingegnere si uccide, non riuscendo più a sentirsi necessario; ognuno al cantiere trova innaturale che la felicità debba essere portata dalla storia, che il senso della vita vada cercato al di fuori della vita stessa, che una generazione di uomini debba essere sacrificata al benessere di una futura. Agghiacciante la.ragazza figlia di kulaki liquidati, che si appropria con rapidità spaventosa del gergo rivoluzionario, che è capace di riconoscere Lenin, ma non la propria madre: erano gli anni in cui il ragazzino Pavlik Morozov denunciava, facendolo fucilare, il padre contadino che aveva nascosto del grano. Eppure questa fanciulla, atterrita, trova nella liquidazione dei kulaki l'unica rassicurazione: ipnotizzata dal gergo rivoluzionario si illude di non dover mai morire, dato che a morire saranno soltanto loro, i kulaki, capro espiatorio dell'umanità. Il racconto si conclude con la morte della ragazzina delirante, metafora del naufragio della generazione rivoluzionaria. Mentre gli uomini si allontanano sempre più dal "torrente riscaldante del senso della vita", la donna da loro amata, immagine dell'ideale rivoluzionario, invecchiae imbruttisce, perduta per sempre. T rifonov era scandaloso perché invece di accontentarsi di denunciare lo stalinismo metteva sul banco d'accusa gli stalinisti stessi. Ma le vittime eminenti dello stalinismo restavano sotto silenzio. Nel clima di rimessa in discussione dell'eredità stalinista, si comincia a parlare anche di Bucharin e di Trockij: "Novyj Mir" di aprile contiene il testo di un dramma di Michail Satrov, Bretskij mir, sulla decisione di firmare la pace di Brest Litovsk. Divertente la caratterizzazione degli attori del dramma storico: Bucharin, una persona per bene che ha fatto il suo bel ginnasio e comprende le masse; Stalin segnato dagli anni di studio al seminario, che fa il duro, ed è infantilmente invidioso di chiunque brilli più di lui; il poeta Aleksandr Blok, irresponsabilmente esaltato dalla furia inebriante della rivoluzione; Gorkij che invece, da buon popolano, diffida delle masse e dice che l'intelligencija non deve rinunciare al suo ruolo guida, tanto più che anche il proletariato, non meno dei nobili, finirà col diventare una casta; Trockij astratto e preoccupato più del look all'estero della rivoluzione, che non delle possibilità reali della Russia; lnessa Armand che accusa Lenin di creare una nuova chiesa alleandosi con gente come Stalin, e gli raccomanda Bucharin; Sverdlov che avverte anche lui del pericolo che Stalin crei una chiesa, e poi magari anche l'inquisizione con annessi roghi e torture; infine Lenin che ribadisce che non bisogna mai perdere la fiducia del popolo, il capitale più importante del partito, che la verità va guardata in faccia, che bisogna costruire il socialismo nella pace, opporre alla nefandezza del capitalit) I o't~t~to c;fAco lsr anci nobiltà del socialismo". Insomma, chi vuole intendere intenda ... A volte le assenze sono più esplicite delle presenze. Non si capisce la Russia di Gorbacev, senza capire cosa non sia ancora in grado di digerire, nonostante i suoi gusti sempre più onnivori. Nel settembre del 1956gli editori di "Novyj Mir" inviarono a Pasternak una lettera in cui spiegavano le ragioni del rifiuto del Dottor Zivago. Nel '58 la lettera fu poi pubblicata su "Literaturnaja Gazeta" (25 ottobre) e resta tuttora l'unico mezzo per i lettori sovietici di conoscere i contenuti del romanzo. La principale accusa mossa a Zivago era quella di elitismo, per il rifiuto intransigente della mediocrità e della mancanza di talento. Pasternak avrebbe descritto la morte dell'intelligencija russa ad opera del potere rivoluzionario; avrebbe scritto un romanzo irriducibilmente individualista; non solo, avrebbe osato pensare che la rivoluzione bolscevica non era inevitabile, e forse non era nemmeno la migliore delle soluzioni rivoluzionarie. Offensivo era soprattutto il rifiuto di prendere sul serio la lotta politica, il fastidio elitario per il gregge, rifugio di ogni mediocrità, incapace di identità individuale. L'eroe di Pasternak aveva la colpa di non essersi lasciato sedurre dal nuovo potere, di avere molto chiacchierato senza mai agire, di non essersi sacrificato per il popolo, per il quale non provava nessun senso di obbligazione. Zivago non era che una "apologia del tradimento" con un protagonista che provava simpatie peccaminose per gli ufficiali bianchi, in cui riconosceva la sua sensibilità culturale, un'affinità più profonda che non con i bolscevichi e quanti soffrono della "disgrazia di avere un gusto medio, il che è peggio che non avere nessun gusto". Il romanzo aveva molte pagine di "prima classe", però era una predica politica, era privo di idee accettabili. Peccato, sarebbe stato un bel romanzo, se solo Pasternak non si fosse ostinato a farne anche un veicolo del suo pensiero, delle sue riflessioni su alcune delle pagine più sanguinose della storia russa. Zivago aspetta ancora di essere pubblicato, e in questo senso la lettera del '58 non ha cessato di essere attuale. Le ragioni della mancata pubblicazione del romanzo di Bitov La casa Puskin non sono state rese note, però sulla falsariga della lettera a Pasternak possiamo provare a immaginarle, e vedere cos'è che la Russia di Gorbacev ritiene ancora inappetibile. Il comico della situazione è che Bitov è stato appena insignito di uno Znak Poceta (distinzione) in occasione del suo 50° compleanno. Il suo romanzo, però, è uscito solo negli Stati Uniti. Puskinskij dom è un romanzo sull'intelligencija sovietica una generazione dopo Zivago. Il protagonista, Leva Odoevcev, è un giovane studioso, appartenente all'intelligencija da più generazioni, disorientato nel districarsi fra genitori conformisti e ambizioni di carriera da un lato, e personaggi sovversivi e simpatici come lo zio e il nonno, reduci dai campi, dall'altro. Se Leva è in fondo una figura ormai accettata nel panorama letterario russo da quando Trifonov ha affrontato il tema della crisi di mezza età degli intellettuali russi, mostrandocene l'introspezione flaccida e il disagio di fronte a una coscienza non ancora completamente priva del senso dell'onore, 77

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