Non possiamo dargli torto: tanto per rinfrescarci la memo- , ria sullo stile di certi interventi sovietici sulla democrazia, apriamo "Voprosy Literatury" (febbraio 1987) dove troviamo un intervento di Ju. A. Lukin sulla "demokratizacija ku/tury" (nientemeno'?) a partire dal XXVII congresso del PCUS nel 1986. Lukin affronta il problema pedagogico della trasmissione dei valori attraverso l'insegnamento, e chiede come si possa fare ad allargare gli orizzonti culturali dei discenti, senza fare concessioni di sorta alle concezioni non-marxiste. Citiamo: "Il partito interviene coerentemente contro compromessi di qualsiasi genere con concezioni non-marxiste, contro il grigiore e l'inespressività, in favore di un'arte di maggiore risonanza ideale e innovativa nella forma artistica. All'arte del realismo socialista sono organicamente estranei sia tentativi di coloritura folkloi bI i O teCaGino Bianco SAGGI/PERA ristica del reale, che la sottolineatura artificiale dei fenomeni in ombra. L'arte è chiamata a difendere i valori ideali, sociali, morali della nostra società, a formare nel lettore, ascoltatore e spettatore la convinzione nella giustizia e nell'invincibilità degli ideali del socialismo" (p. 11). Su "Russkaja Mysl" del 7 agosto 87, sempre a proposito della difficoltà di trapiantare in URSS le cosiddette "libertà borghesi", troviamo un dibattito di A. Streljanyi, membro della redazione di "Novyj Mir", con un gruppo di attivisti del Komsomol dell'università di Mosca. Streljanyi osserva che "la totale mancanza di diritti dei cittadini ha portato negli ultimi anni a una brusca caduta del livello culturale". Bisogna attuare la perestrojka senza esitazioni, perché gli abissi non si possono saltare con due salti: facendo un salto per volta, ci si casca 75
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