Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

STORIE/DAVENPORT che doveva essere un pezzo del motore. Un pezzo uguale a quello fu svitato, estratto e confrontato criticamente da tre meccanici che parlavano sottovoce come in sogno. La principessa Laetitia Savoia Bonaparte li guardava con sguardo purpureo, con lo stesso garbo che se fosse all'opera. Blériot scese giù. Leblanc saltò su al suo posto. Otto aprì e strinse le mani in un gesto di solidarietà morale. Disse che Blériot era precipitato un'ottantina di volte prima di sorvolare la Manica. Non era uomo da perdersi d'animo. Durante il volo s,ulla Manica una pioggia inglese era stata sul punto di sommergerlo al momento di raggiungere la costa. Il reporter che a Otto aveva indicato Rougier, stava facendo dei segnali col taccuino. Correndo verso di loro lo aprì e ne strappò una pagina porgendola a Otto con un sorriso di antica cortesia. Otto aggrottò lo sguardo sul foglio. Il reporter lo riprese e aggrottò lo sguardo anche luì. Poi, con l'aria di un caporale che consegni un dispaccio a un feld-maresciallo, restituì il foglio e se ne andò in fretta perché stavano succedendo fatti nuovi intorno all'aeroplano di Blériot. Otto passò il foglio a Kafka. - Ecco il nome dell'uomo che volevi sapere, disse. Ha detto che è per il giornalista. ~afka guardò il nome. Scritto con un tratto di matita leggero, del tipo usato dalle persone meticolose per annotare in fretta qualcosa e il titolo abbreviato di una rivista importante, volume, numero e pagina, probabilmente una piccola matita d'argento con la mina sottile, si leggeva Ludwig Wittgenstein. - Chi? fece Max. D i colpo l'elica s'era messa a girare. Blériot si tuffò sotto un'ala e si piroettò sul sedile. I meccanici afferrarono l'aeroplano perché cominciava a rollare in avanti con le sue ali tremolanti. I loro grembiuli si incresparono. I baffi di Blériot si appiattirono sulle guance. La voce del motore si fece più profonda, e l'elica ronzò su una nota più alta. Stava per prendere il volo. Tutti si scambiarono un'occhiata e poi tornarono subito a guardare Blériot. L'aeroplano sculettò in avanti. Più che rollare pareva scivolasse, e guizzava di qua e di là come un'oca su un fiume gelato. Kafka fu disgustato da quella disperazione e perdita di grazia, prima di riflettere che a_nchegli uccelli più agili, a terra, sono grotteschi. Certo c'era il pencolo che se ne andasse in pezzi prima di arrivare in aria. In quel momento stava facendo una lunga curva a sinistra, saltellando e scivolàndo. Poi ebbe una scrollata d'ali e si levò in volo, sobbal- · zando nell'aria per un attimo mentre tutti trattenevano il respiro. Volò alto nel sole. Poi capirono che stava facendo un lungo giro e che avrebbe volato su di loro. Un bagliore guizzò tra le ali che si abbassavano in picchiata. Mentre passava sulle loro teste pareva una persona occupata al proprio tavolo di lavoro che tirasse ora una leva ora l'altra il tutto c?n studiata compostezza. L'eroismo, pensò Kafka, è la ~apacità dt prestare attenzione a tre cose in una volta. D. opo tutto, quella non era una macchina adatta alla gravità di Leonardo, la barba bianca fluente sulla spalla, la mente divisa fra Pitagora e l'insegnamento del volo a Cesare Borgia. Era piuttosto il congegno ideale che sarebbe servito a Pinocchio per estendere la gamma dei suoi misfatti. Avrebbe dovuto costruirlo un mago randagio, un vecchio dottor Civetta inventore, di cui gli amici non avevano più avuto notizie dall'indomani della laurea a Bologna. L'avrebbe costruito come Geppetto aveva intagliato Pinocchio, pers· lioteca Gino Bianco ché l'immagine era latente nella materia, e poi non avrebbe saputo che farne essendo troppo artritico per pilotarlo. Il gatto e la volpe, non potendone fare a meno, l'avrebbero rubato e avrebbero coinvolto Pinocchio nella faccenda giusto per vedere che guaio ne sarebbe uscito. Blériot ronzava in cerchi intorno a loro come un'enorme ape. S'era sparsa una voce tra la folla, era evidente. La captarono in tedesco. Calderara era precipitato mentre si dirigeva alla gara aerea. C'erano facce afflitte dappertutto. Era a bordo del suo Wright. S'era ferito precipitando. Non s'era ferito precipitando. Il Wright era distrutto. Il Wright poteva essere riparato nel giro di poche ore. Avrebbe volato ancora, bastava aver pazienza. Era l'unico italiano in gara e ora gli ·italiani si sarebbero dovuti accontentare degli stranieri presenti alla loro gara. Sarebbe certo spuntato fuori con la testa eroicamente fasciata. La banda, che fino a quel momento aveva suonato pigri valzer, attaccò la Marsigliese, in omaggio a Blériot che ovviamente stava per volare sopra le tribune. Le donne s'acquattarono sventolando i fazzoletti. Ufficiali gli lanciarono saluti. Lo vedevano nettamente. Lui non guardò giù. Sentirono dire che sarebbe atterrato ma poi sarebbe risalito di nuovo. La rossa manica a vento si gonfiò sul pennone e ondeggiò verso occidente. Un uomo in fedora grigia osservò che il vento ora era favorevole e che Curtiss avrebbe messo via lo "Herald Tribune" per volare. Blériot volava per allenamento, pensarono, per semplice divertimento. Ora avrebbero dovuto volare tutti quanti al Grand Prix di Brescia. C'era agitazione nelle tribune. Ufficiali e mariti davano spiegazioni alle mogli. Gabriele D'Annunzio, con indosso un abito da passeggio color crema a strisce gialle e una cravatta rosa acceso, stava presentando i suoi omaggi al conte Oldofredi, il presidente del Comitato. Gli roteò sopra la testa il suo dito di poeta. Il conte sorrise e accennò col capo lanciando frequenti occhiate sopra la spalla. D'Annunzio agitò le braccia, si mise una mano sul petto, e parlò come un araldo di Sofocle. Kafka notò che era basso e magro e somigliava a un topo in maniera impressionante. Tutti guardavano in aria. Fuori dal nulla era apparso il dirigibile "Zodiac" e scivolava maestosamente verso le tribune. La banda attaccò un oscuro inno nazionale. Altezzosi tedeschi si piegarono all'indietro con lo sguardo fisso e la bocca spalancata. Due ragazzini saltellavano come avessero le molle. Signore e gentiluomini si precipitarono verso le balle di paglia. I fotografi si ritirarono sotto i loro teli neri. L'impetuosa bandiera repubblicana dei Vereinigten Staaten von Amerika si arrampicò sul pennone e quando le strisce rosse e l'azzurro reticolato di stelle ondeggiarono in alto nell'aria lombarda, esplose un boato più sonoro di tutti quelli uditi in precedenza. L'elica di Curtiss s'era avviata al primo colpo. L'uomo era già ac:ant_o alla fusoliera della macchina e stava indossando un lungo paio dt guanti con risvolto. Una sciarpa, fluttuante sulla spalla nella scia dell'elica roteante, gli avvolgeva la gola. Montò a bordo si sistemò e con un cenno del capo segnalò ai meccanici di farsi indiet~o. Aveva già percorso tutto il campo prima che si rendessero conto che la sua straordinaria padronanza l'avrebbe sollevato nel cielo in un attimo. Le ruote si staccarono dal terreno con la lentezza di un sogno. L'orizzonte che avevano guardato per tutto il pomeriggio, divenne subito immenso, e sopra un promontorio che non avevano nemmeno notato apparve un bosco. Curtiss sorvolò il bosco scomparendo alla vista. Guardavano il bosco intentamente quando si accorsero di averlo alle spalle. La macchina era spuntata da

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