Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

SCRIVEREE LEGGERE Georges Perec NOTESUQUELLOCHECERCO Se tento di definire quello che ho cercato di fare da quando ho cominciato a scrivere, la prima idea che mi viene in mente è che io non ho mai scritto due libri simili, che non ho mai avuto voglia di ripetere in un libro una formula, un sistema o una maniera elaborati in un libro precedente. Questa versatilità sistematica ha in parecchie occasioni sconcertato certi critici preoccupati di ritrovare da un libro all'altro ('"impronta" dello scrittore; e molto probabilmente ha anche messo in imbarazzo qualcuno dei miei lettori. Essa mi ha valso la reputazione di essere una specie di calcolatore, una macchina per produrre testi. Per conto mio, io mi paragonerei piuttosto a un contadino che coltiva parecchi campi, in uno fa barbabietole, in un altro erba medica, in un terzo mais, eccetera. Allo stesso modo, i libri che ho scritto si riallacciano a quattro campi differenti, quattro maniere d'interrogarsi che pongono forse in fin dei conti la stessa domanda, ma la pongono.secondo prospettive particolari che corrispondono ogni volta per me a un diverso tipo di lavoro letterario. Il primo di questi interrogativi potrebbe essere caratterizzato come "sociologico": in che modo guardare il quotidiano; è il punto di partenza di testi come Les Choses, Espèces d'espaces, Tentative de description de quelques lieux parisiens, e del lavoro compiuto con l'équipe di "Cause commune" su Jean Duvignaud e Paul Virilio; il secondo è di ordine autobiografico, W ou le souvenir d'enfance, La Boutique obscure, Je me souviens, Lieux où j'ai dormi, eccetera; il terzo, ludico, rimanda al mio gusto per i·vincoli, le prodezze, le "gamme", a tutti i lavori per i quali le ricerche dell'OuLiPo mi hanno dato l'idea e i mezzi: palindromi, lipogrammi, pangrammi, anagrammi, isogrammi, acrostici, parole crociate, eccetera; il quarto, infine, riguarda il romanzesco, il gusto per le storie e le peripezie, la voglia di scrivere libri che si divorano a pancia sotto sul letto; La Vie mode d'emploi ne è l'esempio tipo. Questa suddivisione è un poco arbitraria e potrebbe essere molto più sfumata: quasi nessuno dei miei libri è del tutto privo di un certo marchio autobiografico (per esempio inserendo nel corso di un capitolo un'allusione a un avvenimento accaduto nella giornata); oppure quasi nessuno è costruito senza che io abbia fatto ricorso alla tale o alla tal'altra costrizione o struttura oulipiana, non fosse che a titolo simbolico e senza che la detta struttura o costrizione mi costringa a niente. Di fatto, mi sembra, al di là di questi quattro poli che definiscono i quattro orizzonti del mio lavoro - il mondo che mi circonda, la mia propria storia, il liriguaggio, la finzione-, la mia ambizione di scrittore sarebbe di percorrere tutta la letteratura del mio tempo senza mai avere la sensazione di tornare sui miei passi o di ricalpestare le mie stesse tracce, e di scrivere tutto quello che è possibile per un uomo d'oggi scrivere: libri lunghi e libri corti, romanzi e poesie, 44 BibliotecaGino Bianco drammi, libretti d'opera, romanzi gialli, romanzi d'avventure, romanzi di fantascienza, feuilletons, libri per bambini ... Non mi è mai stato facile parlare in modo astratto, teorico, del mio lavoro; anche se quello che produco sembra venire da un programma lungamente elaborato, da un progetto di lunga data, io credo piuttosto di trovare - e di provare - il mio movimento strada facendo: dalla successione dei miei libri nasce per me la sensazione, talvolta confortante, talvolta non confortevole (perché sempre sospesa a un "libro a venire", a un incompiuto che designa l'indicibile verso cui tende disperatamente il desiderio di scrivere), ch'essi percorrano un cammino, muniscano di segnali uno spazio, delimitino un itinerario brancolante, descrivano punto per punto le tappe di una ricerca di cui non saprei dire il "perché" ma soltanto il "come": sento confusamente che i libri che ho scritto s'inscrivono, prendono il loro senso in una immagine globale che io mi faccio della letteratura, ma mi sembra che io non potrei mai afferrare precisamente questa immagine, ch'essa è per me un al-di-là della scrittura, un "perché scrivo" al quale posso rispondere solo scrivendo, differendo senza sosta il momento stesso in cui, smettendo di scrivere, questa immagine diventerebbe visibile, come un puzzle inesorabilmente compiuto. (1978) LEGGERE:SCHIZZOSOCIO-FISIOLOGICO Le pagine che seguono non sono altro che delle note: una raccolta, più intuitiva che organizzata, di fatti dispersi che rimandano solo eccezionalmente a dei saperi costituiti; esse appartengono piuttosto a quei domini non ben delimitati, a quelle terre incolte dell'etnologia descrittiva che Marce( Mauss evoca nella sua introduzione alle "tecniche del corpo" (cfr. Sociologie et Anthropologie, Paris, P.U.F. 1950, pp. 365 sgg.) (1) e che, sistemati sotto la rubrica "varie", costituiscono delle zone d'urgenza delle quali si sa soltanto che non se ne sa molto, ma s'intuisce che molto vi si potrebbe trovare se si provasse a prestarvi un po' d'attenzione: fatti banali, passati sotto silenzio, di cui nessuno si fa carico, che vanno da sé: essi tuttavia ci descrivono, anche se noi crediamo di poter fare a meno di descriverli; essi rimandano, con molto maggiore acutezza e attualità della maggior parte delle istituzioni e delle ideologie di cui i sociologi si nutrono normalmente, alla storia del nostro corpo, alla cultura che ha modellato i nostri gesti e i nostri atteggiamenti, all'educazione che ha foggiato i nostri atti motorii come i nostri atti mentali. La stessa cosa succede, precisa Mauss, per il modo di camminare e per la danza, per la corsa a piedi e per il salto, per il modo di riposarsi, per le tecniche di trasporto e di lancio, per le maniere a tavola e le maniere a letto, per le forme esteriori di rispetto, per l'igiene corporea, eccetera. La stessa cosa succede, pure, per la lettura. Leggere è un atto. lo vorrei parlare di quest'atto, e soltanto di quest'atto, di ciò che lo costituisce, di ciò che lo circonda, non di ciò che lo produce (la lettura, il testo letto),

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