Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

SAGGI/CARVER siano usciti di senno, devono anche voler rimanere in contatto con noi, devono portare a noi notizie dal loro mondo. In una poesia o in un racconto si possono descrivere delle cose, degli oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena - l'origine del piacere artistico, secondo Nabokov. Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di tutti. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa sia che si presentino sotto pretese sperimentali sia quando si tratta semplicemente di realismo reso in maniera goffa. Il narratore del meraviglioso racconto di Isaac Babel intitolato Guy de Maupassant, parlando della tecnica narrativa, a un certo punto dice: "Non c'è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto". Anche questa frase dovrebbe essere copiata su una scheda sei-per-dodici. Evan Connell disse una volta che si rendeva conto di aver finito un racconto quando, rileggendolo, si sorprendeva a togliere delle virgole e poi lo rileggeva da capo e rimetteva le virgole al loro posto. Mi piace questa maniera di lavorare su qualcosa. Rispetto molto questo genere di cura che uno si prende per quello che fa. In definitiva, le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti, in modo che possano 42 Ottobre 1987 Numero 49 Anno 5 Lire 5.000 DOSSIER 49 Sciell7.8 Esperiema INFERNO 2000: I GffiONI DELLA METROPOLI L'inquinamento nei grandi agglomerati urbani SPECIALE RICERCA Dodici saggi per un rapporto fantasma IL FUTURO PRECARIO DELL'ENERGIA NUCLEARE di Christopher Flavio LE ORIGINI DELLA SESSUALITÀ Divisi per sempre di Lynn Margulis e Dorion Segan BibliotecaGino Bianco dire quello che devono dire nel modo migliore. Se le parole sono appesantite dall'emozione incontrollata dello scrittore, o se sono imprecise e inaccurate per qualche motivo - se sono, insomma, in qualche maniera sfocate - fatalmente gli occhi del lettore scivoleranno sopra di esse e non si sarà ottenuto un bel niente. Il senso artistico del lettore non sarà affatto stimolato. Henry James diceva che questo infelice genere di scrittura era affetto da "debolezza di specificazione". Ho degli amici che a volte mi hanno confessato che hanno dovuto sbrigarsi a scrivere un libro perché avevano bisogno di soldi, o perché l'editore o la moglie mettevano loro fretta o li stavano per piantare - insomma, in un modo o nell'altro si scusavano per il fatto che non era scritto bene. "Sarebbe venuto meglio se ci avessi lavorato di più". Quando ho sentito un mio amico romanziere dire questo ci sono rimasto di sasso. Se ci ripenso, cosa che non mi capita spesso - in fondo non sono affari miei - ci rimango ancora di sasso. Perché, dico io, se non si riesce a rendere quel che si scrive al meglio delle nostre possibilità, allora che si scrive a fare? Alla fin fine, la soddisfazione di aver fatto del nostro meglio e la prova del nostro sforzo sono le uniche cose che ci possiamo portare appresso nella tomba. Al mio amico avevo una gran voglia di dire: per l'amor del cielo, mettiti a fare qualcos'altro. Devono esserci modi più facili e forse anche più onesti di guadagnarsi da vivere. O allora cerca di farlo come meglio puoi, mettici dentro tutto il tuo talento, ma poi non ti giustificare, non cercare scuse. Risparmiaci i lamenti e le spiegazioni. In un saggio intitolato, molto semplicemente, Scrivere racconti Flannery O'Connor parla della scrittura come di una scoperta. O'Connor sostiene che quando si sedeva a scrivere un racconto, la maggior parte delle volte non aveva idea di dove sarebbe arrivata. Inoltre dice che secondo lei molti altri scrittori non sanno dove andranno a finire quando cominciano qualcosa. Come esempio del modo di mettere insieme un racconto di cui non avrebbe mai indovinato il finale se non quando c'era quasi arrivata, usa il suo Brava gente di campagna. "Quando ho cominciato a scrivere quel racconto non sapevo che a un certo punto ci sarebbe stata una laureata con una gamba di legno. Mi sono semplicemente ritrovata una mattina a descrivere due donne che conoscevo un po' e, prima che me ne rendessi conto, ecco che avevo attribuito a una di loro una figlia con una gamba di legno. Poi ci ho messo anche un venditore arpbulante di Bibbie, ma non avevo la più pallida idea di cosa avrei fatto di lui. Non sapevo che avrebbe rubato quella gamba di legno se non dieci o dodici righe prima che lo facesse, ma quando ho scoperto che sarebbe successo proprio questo, ho capito che era inevitabile". Ricordo che quando lessi questo saggio, anni or sono, fui molto colpito dal fatto che lei, o qualsiasi altro scrittore, scrivesse dei racconti in quella maniera: credevo che quello fosse un mio scomodo segreto che mi faceva sentire un po' a disagio. Pensavo che di sicuro questo modo di comporre un racconto rivelasse qualche mio difetto. Ricordo che

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==