Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

INCONTRI/FORTINI di stabile come l'esistenza dei gatti, o delle nuvole, mentre per noi non è stato sempre cosi. C'è poi anche il sospetto di fronte a quel tipo di scrittura saggistica, dilagante anche in molti della mia generazione o di poco piu giovani di me, a fondamento filosofico o pseudofilosofico, sostanzialmente una sorta di saggismo caricato di elementi soggettivi e letterari, c'è il sospetto di una totale inverificabilità. È molto diffusa la tentazione di prendere sempre, per dir cosi, il violino, o il flauto, e parlare in termini autobiografici o soggettivi, usando il passato come qualche cosa di cui si può disporre per libere combinazioni, una sorta di post-moderno nella critica, che è per me aberrante. Cosi come la poesia non ha legittimità se non è continuamente misurata con quello che la eccede, col contesto, se cosi vuoi chiamarlo, la ·stessa cosa vale per il discorso critico. Di qui mi viene la tendenza ad assumere gli argomenti di sbieco o puntando su un particolare, aumentando il tasso di pretestuosità, e usando i testi come pretesti per altri discorsi. Ma allorache cosa significa lapresenza, quantitativamente vistosa, di interventi sui classici nel secondo volume dei Saggi? Sono tutti autori sui quali lavoravo già da molto, Tasso, Leopardi, soprattutto Manzoni. Nei confronti di questi classici c'è una sorta di premessa non scritta che riguarda la loro natura di "assoluti". Io non credo alla verità della frase di Croce secondo la quale non vi sarebbe nessun motivo di parlare di Dante in modo diverso da come si fa per qualsiasi altro autore: no, io credo che nei confronti di questi autori vi - sia ragione di considerarli diversamente, proprio per le grandi valenze dell'immaginario che essi portano con sé, e che consentono di farne dei simboli, o meglio delle allegorie di condizioni attuali. Io non scriverei di Manzoni se non fossi persuaso della decisività di Manzoni per il nostro mondo, e la stessa cosa vale per il Leopardi. Però questo ritorno di attenzione ai classici va di conserva con la denuncia del luogo comune della "permanente vitalità dei classici". Nello scritto teorico sul concetto di "classico" la questione è che non può esistere canone senza selezione, e quindi senza violenza in un certo senso. Oggi questo non avviene, in nome da un lato di una maggiore complessità scientifica di approccio al passato, dall'altro lato in nome di una sorta di pluralismo per cui tutti gli autori, tutte le opere hanno diritto ad alzare la propria insegna. Ma è chiaro che i miti che sono stati fatti nella nostra cultura, o in quella tedesca, inglese, francese, a favore di certe figure, avevano e hanno una funzione politica. Questo ovviamente non è scientifico, ma è uno di quei "balzi di tigre nel passato" di cui parlava Benjamin, a proposito dei momenti rivoluzionari. Qui c'è una politica energetica da fare nei confronti della tradizione, che non è diversa dalla politica energetica che ci si propone di fare in generale. 32 BibliotecaGino Bianco È chiaro che non possiamo immaginare di non avere le centrali atomiche e di avere i consumi come li abbiamo oggi. In questo caso la riduzione dei consumi significa_la risposta alla grande domanda "Di che vivono gli uomini?", come diceva Tolstoj. Nella nostra situazione si tratta di sviluppare un'ecologia del sapere, e un'ecologia della tradizione; anzi, la tradizione non è altro che una forma di ecologia, di purificazione, di selezione. Non è un elogio dell'ignoranza o della distruzione delle biblioteche, ma è un dare un giusto luogo a certe cose. Lei dice anche che la parola letteraria è non-servile solo se è "veramente a dominante poetica". Ma quando lo è? Il poetico, come segno di valore, è indotto dal particolare tipo di rapporto che il testo stabilisce con le istituzioni cui- · turali, e in particolare con l'istituzione letteraria. La letterarietà non esiste, come giustamente sostengono Brioschi e altri, se non per un verso in ciò che viene di volta in volta ritenuto tale in ogni società, o gruppo, o momento, e questo è il carattere istituzionale della letteratura; e per un altro verso nel rapporto con ciò che non è letteratura. Il rapporto tra il poeta, l'artista, lo scrittore e ciò che io continuo a chiamare "la realtà" non avviene soltanto attraverso la mediazione della "cultura", cioè i gruppi intellettuali, l'habitat ideologico-culturale nel quale è immerso l'autore. La critica di tipo sociologico, marxista e non, giustamente studia il contesto ideologico, culturale che sta intorno all'oggetto letterario, ma si dimentica che il proprio della scrittura poetica, intesa come valore, è di compiere continuamente violente incursioni al di fuori di quest'anello, di questa cerchia, di attingere a zone, che sono anch'esse certo marcate ideologicamente e culturalmente, ma che sono altre, che sono spesso per esempio piu arcaiche, anche molto piu arcaiche, che sono relativamente periferiche. Non è soltanto, per esempio, il sistema di allusioni contenuto in determinate scelte linguistiche, ma è anche proprio in una serie di riferimenti che tendono in qualche modo a sfuggire a quello che è il regime presente. Certe opere si presentano veramente mascherate, nel senso che c'è una serie di caratteristiche che sono le piu accettate, e poi uno si accorge che sono proprio quelle che bisogna eliminare, che fanno ostacolo ad una comprensione migliore. In questo senso la tradizione culturale dalla quale per esempio un poeta come Sereni è venuto, e nella quale è vissuto, e che egli stesso ha accettato (questa è la cosa piu interessante), non voglio dire che lo tradisca, ma certo lo limita moltissimo. Perché se un valore ha l'opera di Sereni, sta proprio nel fatto che egli si porta al di là di questo, magari in direzioni per lui inimmaginabili, quelle per cui ho parlato di "metafisica". La stessa cosa vale un po' per tutti; e qui sta il limite della critica sociologica, che tende sempre a stabilire un rapporto di causa-effetto, contenente-contenuto. La via per sfuggire a questo è quella di includere, o di accludere a questo contenente, a questo recipiente dato dal contesto storico-

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