MUSICA BRAVO!BIS! Alessandro Baricco Perché - è·dawero questo il curioso - sempre piu spesso sono le inezie a rimanere in testa, e nella memoria: gli orli delle cose. Cosi, anche di Settembre Musica ciò che riesco a riordinare in mente non è che una somma di inezie. E sì che di cose importanti nel vero senso della parola non ne mancherebbero: giacché, una volta tanto, questo è un festival intelligente (anche troppo intelligente, forse, in questa sua edizione 1987; voglio dire: forse fin troppo "dotto"). E sì che da dire ce ne sarebbe: ma niente da fare. S'impiglia la mente nelle frange dei concerti. Lì, e da nessun'altra parte, bisogna che la si vada a salvare. Così è un'inezia che qui propino, un'inezia che devo a Renata Scotto (piu di cinquant'anni, e li si sentono tutti, ma non è un brut.lo sentire, anzi: la classe ricuce la voce, l'astuzia rivolta i difetti in virtu: la mancanza di fiato svapora in un espressivo singulto, il fraseggio finge commozione dove trova imbarazzo, ecc.): che a Torino, di fronte a un pubblico non strabordante (tracimante, come si dice adesso) ha cantato un'aria dall'Hérodiade di Massenet e una da Edgar di Pùccini. L'inezia sta nel fatto che subito dopo - e prima di partecipare all'esecuzione dello Stabat di Poulenc, che non sembra musica di Poulenc, e infatti è fin bello - la Scotto non ha resistito alla tentazione di offrire un fuori programma, ovvero un bis, ovvero ha cantato ancora: e ha cantato Vissi d'arte. Ora: già interrompere un programma per elargire un bis è cosa da chiodi: cantare Vissi d'arte, poi, proprio Vissi d'arte, questo è grandioso, è il bis nella sua piu pura e intima essenza di impudico e vergognoso piacere. Naturale che la mente finisca per ricamarci sopra intanto che il resto provvede a emozionarsi per la millesima volta, preda della geniale volgarità del melodiare pucciniano. li fatto è che io, il primo ricordo musicale, il primo in assoluto che riesco a dissotterrare, è un bis. O meglio: qualcosa di meno ancora: mi ricordo di Rubinstein, tra un bis e l'altro, con le mani dietro la schiena, e l'aria incerta, guardare il pubblico che gli chiede ancora un bis, ed esitare, elegante nel suo frack, come un cameriere di lusso che non sa se sparecchiare o portare ancora l'amaro. I bis veri e propri (Chopin sicuramente) non li ricordo, così come non ricordo nulla del concerto: ma non mi è sparita dalla mente l'immagine di quel cameriere di lusso tra un bis e l'altro. Non sapevo allora che era tutta una BibliotecaGino Bianco farsa tacitamente concordata tra pubblico ed esecutore: una bella consuetudine. La pratica del bis, così abilmente esercitata e recitata, mi si svelava come una stupefacente e imprevista eversione dal dettato del concerto: un'imprevedibile evasione dagli argini del dovere. Sicuramente dovette c.olpirmi ciò di cui era capace quell'omino (e solo lui, avrò certo pensato): uscire dal programma che stava scritto su un foglio, e inventarsi della musica senza nome, probabilmente proibita, visto che non si era osato scriverla sul programma. Ogriuno ha i maestri che si merita. Io, la trasgressione l'ho vista per la prima volta sulla faccia buona di Rubinstein. Mimando un'analoga fanciullesca ingenuità il pubblico di ognidove si gode i bis, nelle sale da concerto, gustandovi la falsa apparenza di un piacere senza condizioni. Il pubblico della musica seria è specialista in queste cose: foderare il piacere di penitenza, così da rendere la cosa un minino selettiva, e mettere a posto le coscienze. Il bis è il dolcino che si concede dopo aver superato l'esame: è piacere gratis, diletto senza prezzo (anche nel senso letterale che non è previsto dal prezzo del biglietto: particolare che aggiunge alla cerimonia una nota di buonumore). Gli esecutori per lo piu tengono bordone all'aspettativa generale. Ognuno a modo suo. Pogorelich suona Per Elisa, che sembra un affronto, e invece, ci ha confidato Rattalino, che ne sa, è un gesto di grande classe. I cantanti, di solito, pescano senza ritegno nei luoghi comuni più lisi del repertorio melodrammatico; oppure, se fanno musica da camera, si lasciano andare a canzonette da osteria viennese, per poi finire immancabilmente con una ninna nanna. Le orchestre usano molto Rossini, Strauss e un certo Brahms (quello ungherese, naturalmente). I violinisti ricorrono a Paganini e al fascino canagliesco del piu vacuo virtuosismo. C'è chi si fa desiderare e chi non la smette piu: Lazar Berman è capace di collezionare anche sei, sette bis. Tra l'uno e l'altro il pubblico tenta vanamente di guadagnare l'uscita. Tutto ciò si ripete invariabilmente in ogni sala da concerto, come un rito consolidato. Grato, lo consumo ogni volta con intatto piacere, ogni volta risultandomi piu chiaro che questo dovrei decidermi a fare, una volta per tutte: entrare nelle sale da concerto solo al momento dei bis. Una vita musicale fatta di bis. Ogni tanto qualche esecutore, prendendo alla lettera il termine, ripeterebbe un brano fra quelli in programma: e sarebbe l'unica indiscrezione che mi arriverebbe, di riflesso, dal mondo dei concerti veri e propri. ILCONTESTO ILRITORNO DIORNETTCEOLEMAN Marcello Lorrai Dalla copertina del numero di agosto di "Down Beat", Omette Coleman sorride. La trentacinquesima edizione del!' International Critics Poli promosso dal mensile di Chicago (i cui risultati, frutto della consultazione a livello internazionale di cinquantadue addetti ai lavori, sono stati pubblicati sul medesimo numero della rivista), lo colloca, fatto non nuovo, al primo posto nella categoria "sax alto", ma segnala contemporaneamente il suo Prime Time come migliore gruppo elettrico, e indica in Song X, di cui divide la responsabilità con il chitarrista, Pat Metheny, il "disco dell'anno": nell'insieme un responso piuttosto clamoroso. Felicemente sottratto da Metheny, personaggio di grosso riscontro commerciale, a un lungo silenzio discografico (apparizioni in incisioni altrui a parte, le ultime registrazioni del musicista neroamericano, raccolte nell'album Of Human Feelings dell'82, risalivano già al '79), Coleman ha frattanto trovato nel figlio Denardo un manager e nell'etichetta Caravan of Dreams (proiezione dell'omonimo "Performing arts center"di Forth Worth, sua città natale) un ambito congeniale, che lo ha portato a pubblicare in un breve lasso di tempo una quantità completamente inattesa di materiale nuovo; nell'ordine tre album: Opening the Caravan of Dreams, registrato dal vivo con il Prime Time; Prime Design/Time Design, contenente una composizione per quartetto d'archi e percussioni; e In all languages, doppio che ad altre due facciate con il Prime Time ne fa precedere due incise dal classico quartetto colemaniano, ricostituito a trent'anni dal cruciale incontro del sassofonista texano con Don Cherry, Charlie Haden e Billy Higgins. Intanto a fine giugno Coleman ha proposto, a "Verona Jazz" che gliela aveva sollecitata, una nuova edizione di Skies of America: a tuttti gli effetti una prima assoluta. Inizialmente concepita per una compagine sinfonica integrata dal quartetto di Coleman, e presentata alla Philharmonic Hall di New York nel '72, questa "collezione di composizioni", per usare l'espressione dell'autore, nello stesso anno era già stata registrata dalla CBS, ma per motivi estrinseci con il solo Coleman assieme alla London Symphony Orchestra, e solo parzialmente per le difficoltà del particolarissimo sistema di scrittura del musicista che decise infatti di de9
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