Linea d'ombra - anno V - n. 20 - ottobre 1987

DISCUSSIONE "... E ci si augura lo sviluppo, il rafforzamento, la formazione di scrittori che amino la letteratura al punto da volerne la massima compromissione nel reale... " camente determinate, moralmente e socialmente determinate, e l'abbassamento a mid-cult di certi aspiranti grandi, l'innalzamento a mid-cult di certi aspiranti - e a tratti piu benemeriti - scrittori del basso, del genere, del fluviale cruciverbesco e massinsenguente. Per chi non l'avesse capito si sta qui predicando, insomma, l'accettazione del quasi-aimargini ma senza la voluttà dell'essere emarginati, con lavolontà di parlare ai piu e di smuoverli un poco dalla loro torpida grassa siesta. E ci si sta augurando lo sviluppo il rafforzamento la formazione di scrittori che amino la letteratura al punto da volerne la massima compromissione nel reale - dopo tanto scialo di untuosa giornalosità, di ambizioni,soto al peggio per il successo che dal peggio solo ormai deriva, anche a costo di essere trattati da "giornalisti" dai peggiori dei giornalisti, o di essere ignorati dai cosiddetti sedicenti autoincensanti "critici" di professione. Che sono poi anche, per definizione, giullari di vocazione, e giurati per designazione di chi controlla il peggio della cultura privata e pubblica. Era necessario quanto sopra per far capire come la si pensa in fatto , in letteratura, di prospettive, di giovani scrittori, di esordienti e affini? Un libro recente, di cui per tutti i motivi di cui sopra non credo che molti si accorgeranno, e che mai avrà l'eco che merita, spinge a tornare su un argomento che già è valso a chi scrive molti odii e proteste: la constatazione della miseria della letteratura giovanile (forse dei giovani?); ma stavolta per parlare in qualche modo al positivo. Si tratta dell'opera prima di un giovane siciliano di 29 anni uscita presso la molto poco diffusa casa editrice palermitana La Luna: Aurelio Grimaldi, Meri per sempre, pagine 163, L. 15.000 (indirizzo di La Luna per chi non lo trova nella libreria di fiducia: via Dante 44, Palermo 90141). È un libro strano, un libro gianesco: la prima faccia "letteraria", la seconda saggio-memorialistica racchiusa in un'appendice che racconta in altro modo la stessa storia, in modo da relazione oggettiva con scrittura adeguatamente narrativo-dimostrativadenunciatoria, pedagogico-giornalistica. Il vero protagonista della seconda parte è l'autore, Grimaldi, che riferisce la sua esperienza e le sue battaglie di educatore all'interno del carcere minorile palerminato Malaspina. Questa parte (Viaggio in un girone della città violenta) aveva già visto la pubblicazione sulla rivista "Segno", di animosi cattolici di sinistra e uno dei pochi "segni" consolanti e convincenti venuti dalla cultura palermitana - una cultura pluriassistita ed evasiva, silenziosa sui compromessi di cui vive, e di conseguenza ricca (di soldi) come tutta quella della doratissima provincia italica del doratissimo occidente contemporaneo - ed era stata ripresa a puntate sul quotidiano "L'Ora" suscitando scandalo, denunce e controdenunce, e via via, a dimostrazione che ribellarsi non solo è giusto ma può anche servire a modificare qualcosa, interventi dall'alto e dal basso, miglioramenti non solo di parata. Testo importante dunque, ma socialmente, politicamente, IO Bi...,oteca Gino Bianco pedagogicamente, e non direi altrettanto letterariamente. A parte alcune ingenuità per l'appunto pedagogiche, da fresco di studi alle prime forti esperienze (mi permetto di dirlo, e lo dico solo per non sembrare troppo presuntuoso e "dall'alto" e dall'esterno, in quanto di esperienze del genere ne conosco molte, come la letteratura che le riguarda, essendo in passato stato anch'io educatore in case di rieducazione, e avendo conosciuto ai lontani tempi in cui vivevo e "militavo" nelle baracche di Palermo, abbastanza bene la situazione del Malaspina, dove finivano spesso i ragazzi con cui lavoravo) il resoconto è efficace, a tratti commovente, e pone a diretto contatto con realtà di emarginazione invero terribili, terribili. Eppure esso è, nonostante la sincerità, la immediatezza, la forza di cui le pagine sono impregnate, di assai minor forza della prima e nuova parte del libro, Meri per sempre. Che è, anche se non dichiaratamente, opera letteraria, elaborazione per scrittura di più momenti di più vite ed esperienze, "creazione'' di un autore, "invenzione" a partire dall'aderenza a una realtà tutta tale. Eppure "invenzione". Letteratura. Aurelio Grimaldi racconta, con la prima persona dei vari protagonisti, "storie"; per l'esattezza quindici, in diciassette testi, perché una di esse è divisa in tre puntate. Dice Grimaldi: queste storie sono "i temi, gli scontri, le confidenze dei ragazzi di Malaspina, prima miei alunni, poi miei amici, quando sono venuti a cercarmi a casa e non eravamo piu insegnante e alunno, ma persona libera con persona libera". Alcune rielaborate a insaputa dei ragazzi, altre con il loro consenso. Alcune ricavate da appunti e da temi, altre dalla memoria. "Pezzi di vita che mi sono stati gettati addosso" riscritti "cercando con tutto me stesso di riprodurre il loro linguaggio e le loro emozioni, e dove queste non erano esplicite, di renderle tali anche solo un poco". Non dunque il lavoro di un tardo emulo di Zola, no, perché ogni imparzialità è esclusa e si ricostruisce, si narra, si rielabora per dire anche ciò che i personaggi - veri, non di invenzione - non sanno interpretare, non sanno dire. E che nessuno ha mai invit~to e aiutato a dire. Un progetto semplice, tutto sommato, e però delicatissimo. Per l'educatore che vuol documentare e denunciare sarebbe bastato di meno: il resoconto finale, condito dal documento puro e semplice. Per colui che veramente vuol dare la parola a una realtà nascosta, per un vero narratore, tutto questo non basta: il di piu della "letteratura", il di piu della invenzione è necessario e indispensabile. Grazie a questo "più" accade che la prima parte di Meri per sempre costituisca, ci insisto, un eccellente esordio letterario, il piu "forte" degli ultimi tempi. Con buona pace dei letteratoni e dei letteratini, Grimaldi è dunque un "narratore" che per la sua capacità di sintesi, per la poesia non cercata, ma autentica, ed essenziale, pura, che è raggiunta perché è dettata da un'urgenza (di chi sa bene che il resoconto, la denuncia, appiattiscono le vite e le esperienze, non bastano a mostrarne il vero, incandescente dolore, la vera, disperata tristezza di chi è condannato dalla nascita

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