Linea d'ombra - anno V - n. 19 - lug./ago. 1987

70 riferimento tutte le volte che di politica femminile dovrà parlare, per dichiararla defunta o rinata, rampante o sconfitta, risolta o in divenire, a seconda delle decisioni dei padroni (maschi) dei mezzi di comunicazione stessi: per evitare che il discorso delle donne venga di volta in volta frainteso, semplificato, ridotto, usato come alibi per discorsi pruriginosi sul sesso nei numeri "da spiaggia" dei settimanali, o svenduto sulle riviste che proprio del dibattito politico fanno una bandiera. Leggendolo, capirà senza possibilità di dubbio cosa voglio dire: bisogna che le donne, per superare la contraddizione tra estraneità e voglia di vincere, accettino l'idea che possono riuscirci solo affidandosi a una loro simile. Con una scelta ancora una volta innovatrice rispetto alla prassi maschile, le autrici non concludono il loro discorso dicendo alle donne cosa devono fare, ma lasciano libere le destinatarie del loro messaggio di decidere se sia conveniente per loro accettare la mediazione femminile con il mondo, specificando però che la rivoluzione femminile non è di quelle che si lasciano alle spalle rovine e impossibilità di tornare indietro e che quindi il rischio si può correre. INCONTRI UNABAMBINADI VALLADOLID Incontrocon RosaChacel a cura di Elisabetta Pintor La recente pubblicazione presso Sellerio, a cura di Francesco Tentori Montalto, di Relazioni di un architetto, una raccolta di racconti di Rosa Chacel, permette anche al lettore italiano di conoscere una delle più singolari figure di scrittrice della letteratura spagnola, membro di quella straordinaria "generazione del '27" che tanto ha dato alla cultura europea del nostro secolo. Ho incontrato quest'anziana signora apparentemente dolce, che dà a volte un'impressione di timidezza, nel suo modesto e luminoso appartamento madrileno, dove abita con il figlio e la nuora. Non sembra trovarsi male nella nuova Spagna, così diversa da quella che la costrinse all'esilio sul finire degli anni Trenta, e anche da quella che la accolse nel '60 con l'accusa di aver praticato la "disumanizzazione dell'arte". Allieva e amica di Ortega y Gasset, ha collaborato assiduamente alla "Revista de Occidente", ed è vissuta a Roma, Atene, Parigi, Buenos Aires, Rio de Janeiro. La sua vita è stata lunga e operosa, e oggi finalmente i suoi meriti vengono riconosciuti, anche se la fama non ha in nulla cambiato le sue abitudini, la sua riservatezza. Vede poche persone (la poetessa Clara Janés, il giovane scrittore e poeta Antonio de Villena) e passa il suo tempo riadattando vecchi abiti, fumando nei momenti di riposo la pipa (un'abitudine acquisita a Parigi), e naturalmente scrivendo. La piccola pensione lasciatale dal marito, il pittore Timoteo Perez Rubio, e i diritti d'autore non le offrono certo la tranquillità economica. Si è parlato di darle il premio Cervantes, ma Rosa non nutre molte speranze: le è già stato rifiutato l'ingresso nella Real Academia de la Lengua "por su falta de simpatia"! Lucida, instancabile, impeccabile, sottomette a una particolare tensione la persona che le sta di fronte. La sua conversazione è chiara e serrata, ricca di suggestioni come la sua prosa, di rara densità e sapienza nell'uso prezioso del lessico. Nata a Valladolid nel 1898, ha scritto tra l'altro i romanzi Estacion, ida y vuelta ( 1930), La sinraz6n (1960), le raccolte di racconti Sobre el piélago (I 951, quella presentata ora da Sellerio), !cada, Nevda, Diada (I 972), Novelas antes del tiempo (I 980), Alcancia, cuarenta afios de diarios (1982), e una trilogia a sfondo autobiografico che sta attualmente portando a termine. Facciamo un viaggio a ritroso: quali sono i legami tra Ciencias Naturales e i primi due romanzi della trilogia? La trilogia intende essere la biografia della mia generazione: dei ragazzi, dei giovani, della gente nata con il secolo. Gli anni, sono le date delle grandi guerre. li primo volume, Barrio de Maravillas, inizia con la vita dei ragazzi nati con il secolo e termina con lo scoppio della guerra del 1914. Il secondo, Acropolis, incomincia con la fine della guerra del' 14 e continua fino alla nostra guerra, la guerra di Spagna. Il terzo, che sta incominciando, inizia con la fine della guerra di Spagna, ed è già all'esilio dei sopravvissuti in America. I personaggi sono tratti dalla realtà o dall'immaginazione? In Barrio de Maravillas le protagoniste sono due ragazze, due amiche di classe sociale diversa legate da interessi professionali: prediligono le arti plastiche. Sono "modelli" cui si vanno uniformando tutti i ragazzi della stessa generazione. Non vi è niente di storico, né di autobiografico, di persone determinate. Sono cose e situazioni originate da momenti vissuti da me. In quel barrio giunsi con la mia famiglia quando ci trasferimmo da Valladolid a Madrid. lo stavo per compiere dieci anni, cosicché in Barrio de Maravillas si concentrano tutti i ricordi della mia prima adolescenza. Inoltre tutto il romanzo è sempre autobiografico. Che significa Acropolis? È un titolo platonico e simbolico. Acropolis, non è solo la collina dove fu costruita la Residencia de Estudiantes, ma è l'immagine classica della perfezione e dell'armonia cui la generazione, e più concretamente le due amiche !sabei e Elena, aspirano. È il riscontro degli ideali della mia generazione. Nel secondo volume sembra esserci una presa di coscienza, e nel terzo che cosa succederà? Beh, sto ancora incominciandolo, ma sarà la storia di alcuni esiliati che si difendono dall'idea dell'esilio, contrariamente Rosa Chacel alla immensa maggioranza, e che mantengono l'idea della loro patria e della loro cultura e continuano a vivere senza preoccuparsi dell'esilio; fino a che poi riescono alla fine a tornare. Il più complicato è il terzo. Leggendo le sue opere si sente che come scrittrice, lei ha costantemente privilegiato l'intelligenza. Sì, mi rendo conto, ma non mi sono proposta di dare il primato all'intelligenza. Sono così, è venuto da sé. lei è nata nel 1898, l'anno che dà il nome a una generazione, e appartiene ad un 'altra famosa generazione, quella del '27. Che differenza vede tra l'ambiente letterario di quegli anni e quello di oggi? È molto grande. Non credo si possa dare un'idea di quello che era la vita allora. lo appartenevo alla famosa generazione del '27, ma poiché nel '22 andai a Roma, dopo il mio matrimonio, vissi poco con la generazione del '27. Quando tornai, quasi nel '28, era chiaro che ero totalmente d'accordo con loro; li avevo seguiti fin da Roma così, come li avrei seguiti nell'esilio successivo. A Roma, non mi sentivo esiliata, ero così a mio agio e felice che non mi sentii mai separata dalla Spagna. Fu lì precisamente che lessi moltissimo e conobbi la filosofia di Ortega, la nostra scuola. Che cosa ha significato per lei Roma? Proprio in questa città lei ha scritto il suo primo romanzo. Fu meraviglioso. Mio marito ricevette una borsa di studio per perfezionarsi ali' Accademia di Spagna, al Gianicolo. Andammo a vivere a S. Pietro in Montorio e vi rimanemmo per quasi sei anni. Mio marito dipingeva e io scrivevo. Questo è il ritratto fatto a Roma nell'inverno del 1925 (indica il quadro allaparete che la rappresenta quasi accovacciata su una poltrona) e a 27 anni io scrivevo il mio primo romanzo, Estation Ida y Vuelta, un romanzo breve. Che tipo di letture faceva in quel momento? È curioso, lessi la produzione spagnola, perché lì a Roma incominciai ad approfondire la filosofia di Ortega. Leggevo let-

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