62 editrice: una cosa ammirevole. C'è stato un apporto iniziale di capitale della Banca Agricola Salentina che acquista un po' di volumi. L'obiettivo è di arrivare sul mercato normale; riusciamo a coprire i costi perché le tirature sono basse (1200 copie) e la distribuzione è diretta perché se non hai un fatturato di almeno duecento milioni il distributore ci rimette. Abbiamo selezionato perciò cento librerie cui spediamo i libri. Questo comporta dei problemi perché quando un libro si vende non ci viene comunque più richiesto. Ma ci siamo comunque garantiti una presenza a livello nazionale. Il modello di gestione è quello di un 'azienda moderna con divisione delle competenze. Ci sono i direttori di collana (Luperini, Bettini, Valli) i quali hanno latotale autonomia e responsabilità culturale delle loro scelte; c'è l'ufficio stampa, l'ufficio commerciale ecc. Continuo a sorridere mentre dico queste cose perché sul piano esecutivo tutto naturalmente grava su noi due. Sono attualmente in lavorazione le Corrispondenze della Spagna di Vittorio Bodini, i Racconti di Bona viri, un Epistolario di Palazzeschi, con degli interessanti giudizi su Marinetti. Subito dopo andranno in cantiere poesie di Volponi e di Giuliani, ed un volume di Fortini. È vero che Sanguineti, Giuliani, Leonetti fanno parte dell'accademia come collocazione professionale ma è gente che continua a fare ricerca. La nostra discriminazione è la letteratura di ricerca, di qualità, assolutamente non commerciale. Accanto a questi nomi ci sono poi autori alla loro prima opera. "L'Immaginazione" è un filtro attraverso il quale spingiamo per far crescere i giovanissimi sui quali puntiamo, e che speriamo possano passare successivamente nelle collane. D'altra parte se a livello locale non c'è l'autore, non si può inventarselo. C'è bisogno che gli altri si confrontino e si scontrino con altre sedi di ricerca; e se reggono al confronto, va bene. RIVISTE UN "SEGNO" DA PALERMO Incontro con Nino Fasullo a cura di Salvo Mizzi "SEGNO"- mensile. Casella postale 565, Palermo. È la sigla di una rivista, di un gruppo combattivo e tenace che da parecchi anni lavora, lotta e costruisce premesse e cultura per la Sicilia di domani. li gruppo redazionale è formato da alcuni padri redentoristi, buona parte dei quali al momento dellafondazione della rivista avevano già vissuto un lungo periodo di formazione lavorando nei quartieri più difficili del capoluogo sicialiano. "Segno" non è una rivista di gente confusa o che si attarda su programmi inattuali; semplicemente e con umiltà e pazienza, con una lungimirante politica dei piccoli passi, si è riusciti a creare, pezzo dopo pezzo, un punto di riferimento importante per operatori, intelletluali e studiosi. li programma? Chiesa-pace-lolla alla mafia. Tre punti soltanto, chiari ed efficaci. Perché la premessa irrinunciabile del lavoro di ricerca è questo: non si può immaginare nessun tentativo serio di azione e intervento se non si chiariscono una volta per tutte alcune verità. Che in Sicilia (ma il discorso riguarda "regioni" più ampie) si tratla di stabilire e di fondare uno stato civile, diritti libertà occasioni, che non solo non esiste, ma che probabilmente non è mai esistito. Il programma non è confessionale, le pagine della rivista son aperte a credenli e non credenti e "Segno" è senza dubbio una rivista di sinistra. Motore dall'iniziativa, coordinatore della redazione è Nino Fasullo, redentorista, insegnante di filosofia, proveniente - come il resto del nucleo fondatore - da infuocate esperienze ed iniziative maturate negli anni sessanta e settanta, quelle dei callolici di sinistra contrari al collateralismo democristiano, sostenitori per esempio del diritto al divorzio in anni in cui su tale questione l'llalia intera si divise. A Palermo, in areaforlemente segnata dall'influsso del cattolicesimo più retrivo, furono memorabili gli interventi di Raniero La Valle e Don Franzoni; il risultato? La rivista di allora, "li cristiano d'oggi", fu chi usere molti di loro trasferiti. Abbiamo incontrato Nino Fasullo dopo una conferenza tenuta in un liceo. Ci siamo fatti spiegare da lui le ragioni e le scelte di "SEGNO". La rivista ha conosciuto due fasi; la prima dal 1975 al 1978 è stata condizionata dal clima di battaglia di quegli anni. La sua origine è di area cattolica, di credenti. Ma in lotta con ogni impostazione integralistica della vita e della cultura. Che lipo di cambiamenti ha subito da allora? Dal '79 in poi abbiamo capito che qualcosa doveva cambiare, che necessitava uno sforzo maggiore di riflessione. La rivista è collocata politicamente nella sinistra, si occupa di problemi della storia e della giustizia e non ha - è bene chiarirlo - una concezione contemplativa ma militante dei problemi della città e della regione. Qual è in sintesi il vostro atteggiamento nei confronti della Chiesa? Noi ci muoviamo nell'ottica di una applicazione concreta dei risultati del Concilio. Chiediamo una Chiesa povera e libera e la rottura definitiva del collateralismo con la DC. Tra noi, tra coloro che lavorano a "SEGNO", non si è soltanto cattolici, vi sono anche non credenti. Chi collabora insomma non deve fare professione di fede. Questo per chiarire i limiti del "noi"; ci troviamo in una situazione di collaborazione pacifica tra aree diverse. Le esperienze di formazione del nucleo fondatore sono chiaramente individuabili? Chi costituiva la rivista, nella prima fase, si era formato nel lavoro sui quartieri; erano anni di opzione per il socialismo, con le comunità di base e la lotta del divorzio. Siamo stati tra i primi, e proprio in Sicilia, a parlare di "teologia della liberazione" in nome di un radicalismo evangelico che chiedeva alla Chiesa la rottura con il potere e lo schieramento di classe. Si parlava però di una seconda fase, diversa e più ragionata: vogliamo articolarne meglio i contenuti? Dicevo prima che ci siamo resi conto della necessità di un lavoro meno improvvisato, più riflessivo. Si sono aggiunti altri temi, per esempio quello della mafia come problema globale che coinvolgeva il Mediterraneo e l'Europa. Non bisogna dimenticare che nel '79 inizia la serie di fuoco della mafia e la necessità di mettere a fuoco il problema mafioso come problema politico, sociale, esteso fin dentro le strutture giudiziarie. Quale atteggiamento avete assunto di fronte a/l'emergenza? Quel!, ·.'i un gruppo che osserva con occhio impw. ,aie ciò che succede, di offrire alla città e ;illa gente documenti, materiali di critica e riflessione. I fatti sono sempre più incalzanti, micidiali; Palermo è diventata scenario degli scontri e abbiamo assistito con rabbia e impotenza alla cronaca della mattanza. Di fronte a tutto questo non potevamo smettere di parlare di mafia, pubblicanro documenti importanti ed ospitando dibc1ttiti. Si è parlato di fasi diverse anche nell'intervento sul problema del Cardinale Pappalardo. Ci sono stati entusiasmi eccessivi e poi critiche feroci e improvvise. Qual è la vostra opinione in proposito? Abbiamo pubblicato - per esteso - le ormai famose omelie del Cardinale. Siamo stati quindi attenti a percepire le novità cercando però di non dimenticare la neces-
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