60 strando che "tutto il mondo è paese" e che tutto è uguale ovunque visto che in fondo gli uomini non cambiano ed hanno gli stessi problemi e gli stessi comportamenti ad ogni latitudine. Si nega così ogni diversità e, con essa, ogni autonomia dell'universo africano da quello bianco. Luca Goldoni (foto di Ferruccio Bocca) EDITORIA LE FARFALLE DI SCHEIWILLER Gianni Turchetta "Sappiamo" scriveva Baudelaire "che saremo compresi da pochi, ma questo ci basta": difficile provare sorpresa, naturalmente, di fronte a questa celebre dichiarazione di poetica. Un poco stupisce però ch'essa possa divenire il principio regolatore e quasi il motto emblematico di un'attività imprenditoriale, e questo anche quando si tratti, com'è per l'editoria, della "produzione" (si noti l'improprietà del vocabolo) di oggetti quali i libri, dallo statuto simbolico tanto forte quanto ne è debole, imprevedibile, contraddittorio lo statuto economico. Eppure l'attività della casa editrice Scheiwiller è persino più lontana da una logica di espansione del proprio mercato, e anche più generalmente da una logica di profitto, di quanto non appaia dal bel volume Arcana Scheiwiller. Gli archivi di un editore (Milano, Libri Scheiwiller, 1986, pp. 215, s.i.p.), catalogo di una mostra tenutasi a Reggio Emilia dall'8 aprile ali' 11 maggio 1986, che comprende anche una terza edizione della tendenziosissima micro-antologia dei poeti del "Pesce d'oro", Da Pound ai Novissimi nonché una riproduzione anastatica del Dyptich Rome-London (1957) di Ezra Pound, composto nei poco meno che leggendari caratteri Bembo dell'officina veroAncora una volta il viaggio è sérvito a riconfermare il proprio punto di vista, le proprie certezze, le proprie categorie; l'arricchimento conoscitivo è quasi nullo, la chance offerta dal viaggio è stata sprecata: ben poco di nuovo scopre chi legge l'Africa di Goldoni. Contadino kenyota (foto di anonimo). nese di Hans Mardersteig. Si potrebbe forse cominciare il discorso sui libri Scheiwiller proprio dalla caratteristica raffinatezza grafica, dovuta alla collaborazione con alcuni fra i più prestigiosi stampatori, quali, oltre al citato- Mardersteig, l'altro veronese Valdonega, o i milanesi Maestri, Allegretti di Campi e Lucini (che lavora con Scheiwiller fin dal 1925, cioè dalla nascita della casa editrice). L'altra caratteristica esterna dei volumi di Scheiwiller è, com 'è noto, la piccolezza, dal più tipico formato in 32° (cm 5,5x7) ai più grandi in 24°, ma anche alle cosi dette edizionifrancobollo in 64°; piccolezza che è da sempre croce e delizia dei compratori, motivo di fascino ma non di rado anche di antipatia ("la pena che ho", ha scritto Mario Praz, "per evitare che questi topolini di biblioteca siano schiacciati e sommersi dalla folla dei libri vicini, e il poco piacere che mi dà il loro aspetto striminzito"). Paradossalmente la prima collana di Scheiwiller, '' Arte moderna italiana", adibiva i proverbiali libriccini ad un genere editoriale tradizionalmente monumentale, quello cioè della monografia d'arte. Dove la necessità di risparmiare di Giovanni Scheiwiller, editore per "passatempo" e commesso di libreria presso Ulrico Hoepli (come lui svizzerotedesco, e che già aveva avuto come collaboratore il padre Giovanni sr., morto tragicamente nel 1904), faceva già corpo con una sorta di poetica del pudore, con un'intenzione cioè programmaticamente anti-retorica. Siamo nel 1925, a pochi mesi dalle leggi speciali fasciste, e Scheiwiller si guadagna, oltre all'indifferenza quasi generale, anche qualche stroncatura di regime: gli autori trattati dalle sue monografie appartengono tutti infatti al modernismo novecentista, ad una koiné cioè cosmopolita, ed erede della trasgressione delle avanguardie storiche. Basti pensare a Funi, Casorati, Carrà, o Modigliani, per il quale Ugo Ojetti asseriva spazientito di non poterne più di "quei colli troppo lunghi". Con il che, con questo distacco cioè silenzioso ma rigoroso dagli ideali mussoliniani, le linee maestre della politica culturale di Scheiwiller sono già più o meno tracciate, e senza soluzione di continuità la serie artistica italiana viene affiancata da una straniera (che comprende fra gli altri "il doganiere" Rousseau, Van Gogh, Cézanne, Matisse, Renoir, Gauguin, Picasso), e da testi letterari che si riagganciano alla tradizione del decadentismo-simbolismo (Valéry, Esenin, Rodenbach, Apollinaire, Pound), attraverso le avanguardie ed arrivando, in Italia, all'ermetismo. Non per caso il primo volume di quella collana ''Ali' Insegna del Pesce d'oro" che darà poi il nome (dal 1951, con la nuova gestione del giovanissimo erede Vanni) a tutta la casa editrice, è di Sinisgalli (18 poesie, 1936). E se è vero, com'è vero, che Scheiwiller ha pubblicato "in primissima edizione alcune tra le operette che più tardi dovevano essere registrate all'attivo nei bilanci del Parnaso italiano contemporaneo" (Falqui), ciò avviene soprattutto nella direzione del novecentismo, della linea per così dire post-ungarettiana; basti pensare ali' Erato e Apollion di Quasimodo, a L 'allodola di Gatto, e agli Epigrammi di De Libero. E non è probabilmente piccola conferma il fatto che proprio la Hoepli abbia pubblicato nel 1942, e grazie alla decisiva consulenza di Giovanni Scheiwiller, l'antologia Lirici nuovi di Anceschi, vero archetipo del novecentismo critico. D'altro canto sarebbe fare un torto a Scheiwiller dimenticare il recupero, soprattutto a partire dal 1960, di altre linee della nostra poesia novecentesca, i dialettali in particolare (Pierro, Marin, Cattafi, Noventa, Loi, e prima ancora il grande Delio Tessa di L'è et dì di mort, alegher!) e i diversamente vociani Sbarbaro e Rebora (quest'ultimo a tutt'oggi leggibile solo nell'edizione, recentemente riveduta, del "Pesce d'oro"). Si è detto però, fin qui, soprattutto della politica culturale di Scheiwiller, trascurando l'aspetto più editoriale - aziendale. Un catalogo come questo Arcana Scheiwiller lascia infatti in ombra altri aspetti caratteristici, e determinanti per delineare la specifica fisionomia della casa. Anzitutto la proliferazione sorprendente dei titoli, poco meno di quattromila a tutt'oggi (si pensi che un colosso come Mondadori nei suoi primi sessant'anni di vita ha pubblicato circa diecimila titoli), che sono davvero un numero incre-
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