Linea d'ombra - anno V - n. 19 - lug./ago. 1987

Peter Bichsel Storie per bambini MARCOSY MARCOS dire qualcosa: "scusi, mi saprebbe indicare la strada per un certo posto"., "scusi, ha da accendere", e cosi via. lo sono convinto che la letteratura abbia a che fare con il verso del cane; e che la letteratura esista perchè noi, poveri cani, dobbiamo cercare delle parole, dobbiamo cercare dei contenuti per emettere il nostro verso. Questa per me è una questione in primo luogo di forma. Nella letteratura tedesca degli anni Sessanta, quando apparvero le mie prime opere - per esempio Il lattaio ed altri racconti - esisteva un precetto chiarissimo per ogni critico e per ogni scrittore: nessun commento, nessuna affermazione commentata, solo letteratura pura. lo l'ho fatto, le storie del Lattaio sono totalmente prive di commento, non c'è mai alcuna riflessione su come raccontare una cosa, su come si potrebbe fare altrimenti, ma soltanto letteratura pura, diretta. Solo che io mi convinco via via sempre piu che questo procedimento è troppo artificioso. Un narratore, uno che racconta a viva voce, fa solo commenti. Non capita mai che arrivi e dica: "Dunque, sono stato nel Sahara", ma dice: "Pensa un po', nel Sahara non fa caldo come da noi ... " In realtà un buon narratore orale utilizza per il 90% frasi di commento e solo per un 10% dei contenuti. E questo mi affascina. A me piacerebbe sapere cosa vuol dire raccontare, mi piacerebbe contribuire a portare avanti questa tradizione del racconto. Lei tiene anche dei seminari di "scrittura", o "writing" se si preferisce, insegna cioè come si scrive. Che cosa racconta in questi corsi? Ogni tanto faccio dei corsi dal titolo "La lingua come materiale". Faccio in questo caso con degli adulti le stesse cose che facevo con i miei allievi di undicidodici anni: gioco con le parole. Cerco con dei giochetti molto comuni di creare dei contenuti, ma non dei contenuti che si debbano poi trascrivere, bensi storie che nascono soltanto per il fatto che si gioca con la lingua. I corsi si chiamano "La lingua come materiale" perchè mi piacerebbe che la gente sapesse prendere in mano la lingua, la sentisse tra le dita cosi come si percepisce tra le dita la creta o il legno, mi piacerebbe che il rapporto con la lingua diventasse un lavoro artigianale, una esperienza corporea. Ora farò una cosa molto sconveniente, un collage di sue affermazioni: lei ha detto una volta che il tedesco colto, ufficiale (il cosiddetto Hochdeutsch o "tedesco alto") a/l'orecchio di uno svizzero suona sempre un po' "penoso", perché appare una lingua pretenziosa, piena di sussiego, quasi artificiosa. In un 'altra circostanza lei ha poi detto che "tutto ciò che viene scritto è sempre pensato per un lettore". Come si risolve questa questione piuttosto contraddittoria, dato che lei scrive nonostante tutto in "tedesco alto"? Ovvero, a quale tipo di lettore pensa quando scrive, chi è il suo lettore ideale? li "tedesco alto" per noi svizzeri è una lingua estranea ma non è una lingua straniera. Lo usiamo comunemente come lingua scritta e come lingua ufficiale (alla radio, in chiesa, al parlamento, in politica, ecc.), ma come lingua del parlare quotidiano ha qualcosa di molto artificioso per noi. Noi abbiamo verso il "tedesco alto" un rapporto analogo a quello di uno scienziato medioevale verso il latino: si tratta di un linguaggio specialistico molto colto. li fatto che io parli sempre di linguaggio, di forme linguistiche, dipende dalla maggior ampiezza del mio distacco dalla lingua rispetto a uno che scrive nella sua lingua madre: io uso un linguaggio teatrale. Tuttavia apprezzo questo linguaggio, lo apprezzo cosi tanto da essere sicuro che se fossi nato in uno di quei paesi in cui la lingua quotidiana e la lingua letteraria si identificano, non sarei mai diventato uno scrittore, non mi avrebbe interessato, non lo avrei ritenuto degno di considerazione. li nostro quasi ~ bilinguismo a mio giudizio è un vantaggio; del resto la lingua materna è anche quella delle abitudini consolidate, dei condizionamenti inconsci, delle frustrazioni: finisce quindi per essere piu facile vivere e scrivere spontaneamente, liberamente in una lingua straniera. La questione del lettore è molto difficile. Quando scrivo non mi vedo dinnanzi un gruppo di lettori, un pubblico composito. Può invece accadere che io scriva una frase e dica: questa frase piacerà a Teresa, Nina si divertirà a questa frase. Ma può anche accadere che io dica: questa frase mi piace, è bellissima, ma devo cancellarla perchè il mio amico Hugo Leber la troverà orribile. Sicuramente quando si scrive si ha davanti a sé l'immagine di un preciso lettore - e spesso si tratta di un amico o piu spesso ancora di un'amica o addirittura della moglie. Non esiste nulla che non sia stato scritto pensando ad un lettore. 53

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