46 STORIE / RAMONDINO che solo lei avesse prescelto fra le donne? E se fosse stata a Roma, avrebbe dato da mangiare ai gatti o ai colombi? E a Venezia avrebbe dato da mangiare ai colombi egualmente, anche se tutti vi provvedevano in Piazza San Marco? Mentre ella riposa in un loculo della colombaia del cimitero di Somma, la mia incorreggibileimmaginazione la vede bambina in una casa con colombaia, dinanzi alla quale predilige sostare, felice di tutti quei voli e trepidante perché non osa ancora imitare la balia che tende ai piccioni la mano piena di granturco e deve contentarsi di spargerlo in terra: ma tanto ansiosa di riuscire a vincersi e di farlo ella stessa che finalmente prova, con mano ferma e paziente; e le sale allora dalle mani per tutto l'essere quel fremito, bestiale e celeste a un tempo. E il mio incorreggibile amore per la lingua m'induce a togliere le virgolette al secondo dei suoi soprannomi, affinché la parola non ancora acquisita dall'uso in quella accezione e assente in quel senso dai dizionari, entri a far parte del patrimonio della lingua. La colombaia, quindi, come la lavandaia, la fornaia, la magliaia; e la parolaia. (2) (I) Il nome del paese, pronunziato dal frate con la stessa indifferenza con la quale l'ho posto in questo punto del racconto, è stato invece per me come una fresca oasi nel deserto della folla festiva nell'atrio del convento. A Somma trascorsi tre anni, tra adolescenza e prima giovinezza. È forse perché respirammo lì la stessa aria nel corso delle nostre migrazioni, che interrogo e mi lascio interrogare dalla "colombaia"? (2) Ai primi di dicembre sono tornata a casa dopo due mesi di viaggio in Germania. Il mio quartiere nella città greco-romana ha ancora qualcosa di un antico paese, in particolare prima di Natale, quando le figure del presepe, nella costruzione e vendita delle quali è specializzata via San Gregorio Armeno, evocano villaggi del sud Italia e riproducono in miniatura personaggi e fatti ancora esistenti a Napoli. Avevo appena scritto, a conclusione dei miei appunti sulla Germania, questa frase, che sintetizza la mia relazione con Napoli: "Chi non è vissuto in una città balia, ma solo in una città madre, difficilmente potrà comprendere come le ordinate costellazioni celesti, a immagine dell'ordine terrestre - spirituale, sociale e politico - siano indifferenti al napoletano, mentre nella via Lattea egli ritrova quell'indistinto luminoso brulichio privo di forme e di nomi, quel caos chiaro e nutriente, specchio celeste della sua città. La mia esperienza è stata sempre divisa tra nord e sud, tra primo mondo e terzo mondo, tra il moderno e l'arcaico. Egualmente divisa è rimasta la mia coscienza. Quando ho saputo della morte della vecchia randagia che nutriva i colombi, ho avvertito una grande perdita. La "colombaia" era un vivo frammento caduto da quell'antico mosaico. Sono sempre stata divisa anche fra due opposte concezioni della vita. Secondo la prima l'esistenza di ogni creatura non è casuale, ciascuna ha un suo posto e compito assegnatole nell'ordine dell'universo; sapere occupare quel posto e svolgere quel compito diventa il fine di ogni esistenza. Secondo l'altra concezine invece la vita è un flusso, un ciclo nel quale ogni creatura occupa un posto precario, casuale, insignifièante; significante è solo quel flusso nel quale si è coinvolti per caso. A volte per esempio vedendo un bel paesaggio e dicendo - Com'è bello! -, penso subito dopo: - E lo sarebbe ancora di più se non ci fossi! - La "colombaia" pareva abbandonarsi a quel flusso, conoscere la casualità della propria esistenza; e in esso rifiutava di edificare una fissa dimora, una qualsiasi opera, non si illudeva che il precario potese diventare stabile, che fuori di quel flusso potesse esservi altro di perenne. Il suo camminare incessante pareva seguire il percorso dello stesso misterioso flusso vitale. Ricordava le pellegrine che attraversavano la Russia ancora nella seconda metà dell'800. Questi sentimenti confusi mi hanno spinta a sapere di più di lei e poi a scriverne. Oltre quella della pellegrina, altre due figure arcaiche di donna hanno esercitato una grande influenza su di me. La figura della balia, che ho descritto in un racconto, / servi, colei che dà solo il latte e alla quale sono poi strappate le creature che ha nutrito; senza necessità di risalire alla lupa romana o a quelli di Mowgly, appena due generazioni fa molti bambini venivano salvati dal latte di asina. La balia è per me una figura terrestre e celeste a un tempo. Infine la figura della maga o fata nelle sue tante varianti, con i suoi molti poteri, primo fra tutti la capacità prestigiosa di immaginazione, di illusione, di trasformazione. Partecipano di questa figura il personaggio della nonna in A/thenopis e la signora di Son Batle nel racconto omonimo. Mentre la pellegrina e la maga, per motivi diversi, sono straniere nel mondo in cui vivono, non lo è invece la balia. La "colombaia" pareva partecipare anche della maga e della balia; nutriva infatti i colombi e lamentava che il latte, un principio vitale, fosse avvelenato. Come per un magico gioco di prestigio animava la piazza di colombi. In lei parevano quindi riuniti il latte, il cammino, l'evocazione illusoria di immagini. Dal 20 giugno in libreria Fabrizia Ramondino Taccuino tedesco Un gran tour a rovescio in cui per Fabrizia Ramondino, napoletana, la Germania, con 1e·sue virtù e i suoi visi nordici specularmente opposti a quelli della città in cui è nata, diventa un paese dell'anima. La TartarugaEdizioni
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