40 ,-------------------------------------------~ DALLACINA A BLOOMSBURY Maria Rita Masci Alla fine degli anni Trenta un manoscritto viaggiava da Wuhan, in Cina, a Bloomsbury, a Londra. Era stato sollecitato da Virginia Woolf ed era scritto da Ling Shuhua. Si trattava della biografia di questa sfortunatamente poco nota scrittrice cinese, da lei stesa direttamente in inglese su suggerimento e incoraggiamento di Julian Beli e della stessa Woolf. L'invio dei vari capitoli cercava di colmare quella distanza culturale fra le due scrittrici che l'epistolario che li accompagnava sembrava invece ribadire. l temi trattati nelle lettere erano spesso gli stessi: la minaccia della guerra in Europa e l'invasione giapponese in Cina; il lavoro, cioè la scrittura, come l'unico modo per sopravvivere al dolore e allo smarrimento causati dalla guerra; i suggerimenti della Woolf su quali autori inglesi leggere, l'invio di libri e i consigli su come scrivere l'autobiografia in un inglese che fosse il più possibile vicino al cinese. Ma il senso della distanza, che si esprimeva nella quasi meraviglia dell'effettiva possibilità di poter corrispondere, di sapere che le lettere arrivavano e così i libri, sottende a tutta la loro comunicazione epistolare. Se in essa c'era un sospetto di esotismo, questo riguardava soprattutto la Woolf perché l'occidente e la sua cultura erano molto più conosciuti in Cina di quanto la cultura cinese non fosse nota in occidente. Senza immagini né conoscenze precise la Woolf, per confrontarsi con Ling Shuhua, poteva aggrapparsi come riferimenti solo all'immaginario esotico e alla chinoiserie. Il mondo che intravveddeva l'incantava per il mistero della grande casa in cui Ling era vissuta da bambina e per lo strabiliante numero di madri di cui andava leggendo nei capitoli dell'autobiografia. Anche i consigli di scrivere in un inglese "alla cinese" sono conseguenti a questa impostazione: "scrivi liberamente, non preoccuparti di tradurre letteralmente dal cinese in inglese. Per la verità ti consiglierei di essere il più vicino possibile al cinese, nello stile come nel significato. Dai tutti i dettagli naturali della vita, della casa e dei mobili che desideri, e fallo sempre come se stessi scrivendo per i cinesi. Se poi il testo potesse, entro certi limiti, venir reso più scorrevole grammaticalmente da un inglese, ritengo che potrebbe conservare il gusto cinese ed essere nello stesso tempo comprensibile e strano in inglese" (The Letters of Virginia Woolf, voi. VI, 1936-1941,a cura di N. Nicolson, Hogarth Press, Londra 1980). Fu forse per questo che alla Woolf sfuggì l'aspetto corrosivo del quadro che Ling le andava sottomettendo ricomponendo la sua vita, e di cui fu probabilmente complice uno stile che sembra tradizionale e un'attenzione pittorica ai particolari e agli stati d'animo puri. La forza dell'opera di Ling Shuhua sta appunto in questo. La sua autobiografia Ancient Melodies, che Virginia Woolf non vide mai terminata, venne pubblicata nel 1953 dalla Hogarth Press con un'introduzione di Vita Sackville West ed è dedicata a Virginia Woolf e alla stessa Vita. Non è certo la migliore delle sue opere ma anche in questo lavoro, per quanto potesse sfumare il passato attraverso i ricordi, emerge in molti punti l'inevitabilità di un giudizio lapidario, di una denuncia quasi involontaria di un mondo, quello della sua infanzia nel caso particolare, che avrebbe voluto idilliaco ma che faceva invece trasparire l'inumanità di un ordine sociale. La produzione letteraria più significativa di Ling Shuhua si svolge nell'arco di tempo che va dalla fine del 1924 al 1935 e comprende tre raccolte di racconti: li tempio deifiori (Huazhi si, 1928), Donna (Nuren, 1930), I fratellini (Xiaoger liang, 1935). Questi racconti, che le hanno conferito un posto nella storia della letteratura cinese purtroppo solo recentemente e timidamente riconosciutole dai critici della Repubblica Popolare, costituiscono un mosaico disincantato e una rappresentazione senza attacchi frontali, ma proprio per questo molto più profondamente minatoria, della società cinese a lei contemporanea. Protagoniste delle sue storie sono le donne, che naturalmente non esistono in quanto tali ma solo nei ruoli loro assegnati: future spose, mogli, madri, suocere. Non è la presentazione dei loro caratteri a interessarla, né tantomeno il racconto della loro vita. Parlare infatti di storie è improprio, riferito a Ling Shuhua, perché in realtà nei suoi racconti non succede quasi niente o meglio non c'è nessuna storia da narrare, nessuna fabula da svolgere. C'è invece un intreccio, una trama che è essa stessa significante, i cui perni sono i personaggi e il cui spazio narrato è la situazione, l'interrelazione fra i protagonisti stessi. Quello che va ribadito è comunque che non è l'essere degli individui, la loro realtà esistenziale, a creare il fulcro della narrazione. I personaggi non sono a tutto tondo, benché si avverta la preoccupazione di farne degli esseri umani credibili, ma figure che hanno un ruolo prefissato, istituzionale, attori di comportamenti e situazioni, questi ultimi sì reali ed emblematici allo stesso tempo. Una ragazza di buona famiglia ricama in un'estate torrida un paio di cuscini che andranno in dono alla famiglia di un alto funzionario; dopo una festa marito e moglie storditi dal vino rimangono a chiacchierare nella stanza dove aleggia ancora la presenza degli ospiti partiti; una donna analfabeta rende visita una domenica mattina alla signorina colta della porta accanto per dettarle una lettera al marito lontano; un poeta annoiato del ménage familiare e corrucciato da una primavera di cui non riesce a godere, risponde alla lettera adulatoria di una sconosciuta; una giovane moglie si muove irrequieta nella sua casa senza trovare qualcosa che la soddisfi ... Queste e altre le non-fabule che ci vengono presentate. Ma questi inizi così comuni, quotidiani, quasi banali dischiudono nel loro successivo sviluppo rivelazioni e sorprese, sono tutti prologhi di situazioni impossibili dove l'essere umano viene schiacciato e sconfitto, stanno come ad ammonimento a non fidarsi del "normale". Qualcosa s'incrina, infatti, l'illusorietà di questa confortevole quotidianità viene rivelata da piccole crisi, da rotture: i cuscini, una volta giunti nella casa del gran funzionario, vengono gettati a terra, calpestati, imbrattati, e così finiscono le speranze di matrimonio a essi collegate; la moglie chiede a un tratto al marito che le consenta di baciare un amico comune, crollato ubriaco sulla poltrona davanti a loro; la dettatura della lettera si trasforma in un monologo magistrale della donna sulla sua "carriera" di moglie, le sue paure e le sue contraddizioni; recandosi all'incontro con la sconosciuta il poeta scopre di essere stato beffato dalla moglie, autrice della lettera; l'irrequietezza della protagonista di Che senso ha? si rivela frutto di un'impasse derivata dall'oscillazione continua tra l'aspirazione a una vita e a una carriera per sé, quella di intellettuale, e il ruolo di moglie, che automaticamente la delega a certe mansioni e la rende subalterna. Questo procedimento artistico, che sembra mettere il lettore a proprio agio e poi ne delude le aspettative introducendo quasi casualmente, ma in realtà con grande efficacia, un'incrinatura che compromette irrevocabilmente l'armonia, è indubbiamente sorprendente e moderno per il periodo in cui venne sviluppato. Ling Shuhua apparteneva alla generazione di scrittori usciti dal Movimento del 4 maggio I919 e fu una delle prime
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