Linea d'ombra - anno V - n. 19 - lug./ago. 1987

ORIENTEOCCIDENTE Anita Desai [! a prima giornata passata a Bombay la fece avvizzire. Fuori dall'aria condizionata della stanza d'albergo si afflosciava, la testa penzoloni, gli occhi fissi. Si sentiva svenire. Di ritorno in albergo, si lasciava cadere sul letto come colpita da una calamità, sfinita, spenta, e riusciva appena a credere di essere, nonostante tutto, sopravvissuta. Sudava copiosamente, e le sembrava che la vita, l'energia, la speranza colassero via insieme al sudore, lungo un tubo di scarico, con un gorgoglio ironico. "Ma lo sapevi che avrebbe fatto caldo", diceva David, che non riusciva a non provare un senso di disappunto nei suoi confronti. Si era comperato una serie di fresche camicie di madras e un paio di sandali aperti di Kolhapur. Beveva più del solito, ma l'alcol non sembrava avere su di lui gli stessi effetti che aveva su sua moglie: non lo arrossava e non lo involgariva. Era perfettamente a suo agio, nelle strade di Bombay, e camminava incurante di gusci di noce di cocco, carta sporca di bete!, squame di pesce e moncherini di lebbrosi. "Non puoi certo venire in India e pretendere di stare al fresco, Pat." "Caldo sì," gemeva lei, "ma non - non questa cosa che uccide. Non questa cosa così simile alla morte, David. A volte mi sembra davvero di essere morta." "Vuoi andar giù al bar a bere un gin e line?" Lei acconsentì, visto che la bevanda sembrava avere un effetto tanto benefico su di lui. Ma il bar dell'albergo era così affollato, la gente così grossa, vitale ed energica nei vestiti dai colori violenti, con le voci metalliche che la assalivano di colpo come forbici da barbiere, che si sentì schiacciata, invece che rigenerata. David attirava la gente come una calamita, col suo fascino, la sua nonchalance, la sua grazia, e si comportava così bene, con tanta naturalezza - le sue qualità erano più efficaci di qualunque biglietto da visita - che furono subito invitati a un sacco di feste, di ricevimenti. Lei cominciò a pensare che fosse quella la principale occupazione della gente a Bombay - andare alle feste. Appena arrivata, era già sull'orlo del collasso: il taxi era immancabilmente puzzolente, i capelli dell'autista colavano olio, e poi le scene per la strada, la congestione e il fracasso del traffico variegato, i cartelloni virulenti del cinema, i colori splendenti dei vestiti delle donne, la profusione di giocattoli e decorazioni di carta colorata e orpelli, le radio e gli altoparlanti col volume immancabilmente alzato al massimo, e la folla di fiorai, pellegrini, scimmie danzanti e orsi ammaestrati ... che potessero esistere tanta povertà, tanta malattia, tanta sporcizia, e che potessero sgorgarne tanta vitalità, tanta irreprimibile energia, le sembrava un fatto innaturale, sinistro - era come se il caos e il male trionfassero sulla ragione e sull'ordine. Poi le feste e i ricevimenti a cui partecipavano erano tutti grandiosi, affollati. Gli invitati indossavano vestiti coloratissimi e gioielli scintillanti, i loro occhi e denti brillavano di una sensualità così primitiva, mentre adocchiavano la sua figura sottile, avvolta in vesti bianche, che la sensazione di venir intrappolata e schiacciata, circondata e soffocata, la confinava negli angoli in cui le ginocchia la urtavano, le mani le scivolavano addosso, le voci la trafiggevano, di modo che quando tornava all'albergo, al braccio di David, si sentiva più un cadavere che una globe-trotter americana. Le braccia strette intorno al corpo, mormorava alla finestra, "Non credevo che fossero così primitivi. Pensavo che sarebbe stato tutto più moderno, più aggiornato. Non questa - questa roba da giungla nera." David si stava versando il bicchiere della staffa, e ne rovesciò qualche goccia in un moto di genuina sorpresa. "Cosa vuoi dire? La gente che frequentiamo è proprio la più moderna, la più aggiornata. Queste persone sarebbero perfettamente a loro agio a qualunque cocktail di New York ... " "No", sbottò lei, le braccia sempre più strette intorno al corpo. "No, non è vero. Non possiedono le necessarie qualità di sofisticazione, di educazione, di delicatezza. David, non sono persone civili. Basta guardarli negli occhi per capire quanto sono primitivi. Quando mi toccano, mi prende paura - mi sento in pericolo." Lui la guardò con apprensione. Avevano continuato a bere, fino a quando era stato troppo tardi per mangiare, e adesso lui aveva fame, era stanco. E lei era insopportabile, lo sfiniva. Avrebbe voluto sedersi e rilassarsi nella frescura dell'aria condizionata, riandare alla festa, discutere della gente che avevano conosciuto, farla partecipe dei suoi pensieri, delle sue opinioni. Ma lei sembrava lanciata in tutt'altra direzione, sola, e lui non voleva farsi trascinare nella sua scia. "Sei molto fantasiosa, stasera," le disse in tono leggero, giocherellando con l'apribottiglie, senza guardarla. "E dire che io sono rimasto molto deluso, non mi aspettavo di trovare gente così occidentalizzata. Li credevo più primitivi, speravo, che fossero piu primitivi - se non altro per amore della mia tesi. Prendi i Gidwani, per esempio. Hai mai pensato che una moglie indiana potesse essere come la signora Gidwani - come si chiama, di nome?" "Oh, era terribile, terribile," sussurrò Pat, rabbrividendo, mentre ripensava al sari vermiglio legato sotto l'ombelico, alla superficie irregolare, di morbida cioccolata, della pancia della donna, con la cintura di campanellini d'argento. Non voleva nemmeno ricordarla, la scena di lei che ballava con David sulla pista del nightclub. Non l'aveva mai guardata in faccia, aveva tenuto gli occhi bassi e non era riuscita a spostarli più su del1'ombelico scuro. Se quelli non erano comportamenti primitivi, come li avrebbe definiti David, che studiava sociologia? Fu proprio a una cena dai Gidwani che Pat, qualche giorno dopo, crollò definitivamente. Aveva cominciato a sentirsi minacciata, in pericolo, nel momento stesso in cui avevano fatto il loro ingresso nell'appartamento. Lasciandosi alle spalle le pareti della tromba dell'ascensore, macchiate di bete!, i servi addormentati sulle stuoie nel corridoio, il gruppetto di guardiani e autisti intenti a giocare a carte alla luce di una lampadina nuda, nell'atrio, si erano trovati in una sala dal pavimento di marmo nero che luccicava come uno specchio e rifletteva le sculture impareggiabili che navigavano sulla sua superficie come barche di pietra. Vasi di ixora scarlatta e vermiglia. Camerieri in uniformi rigide di appretto. Gioielli, smalti, broccato e oro. Gidwani, dalla faccia affabile di babbuino, che le aveva im-

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