LAFIDUCIANELLEPROVE ELALIBERTA'DELLESCELTE Renzo Tomatis D n un intervento del 1973 Maccacaro scriveva di aver avuto la tentazione di limitare il suo contributo in un dibattito su Scienza e Potere, al mettere un accento sulla e, riducendo il tutto alla lapidaria ma precisa conclusione che: Scienza è Potere; ma che infine si era convinto che la complessità dell'argomento non poteva interamente essere compressa in un epigramma. (1) A rileggere oggi quel suo intervento credo sia impossibile per molti non avere una prima spontanea reazione che si potrebbe con una certa approssimazione descrivere come nostalgica; sul come (e quanto) sono cambiati i tempi; subito seguita da una seconda considerazione che si potrebbe descrivere come melanconica o mesta, se chi legge è abbastanza vecchio da essere stato attivo negli anni '70 o prima: come (e quanto) siamo cambiati noi. Ma lo siamo davvero e i tempi lo sono davvero? Certo che lo siamo, certo che lo sono, e per di più non solo siamo noi cambiati, ma sulla scena sono arrivati elementi nuovi, come da allora alcuni ne sono usciti. Quelle prime immediate reazioni sono quindi tanto ovvie e tanto poco significative che non varrebbe nemmeno la pena di discuterne, se non fosse che v'è almeno un punto che altrimenti rischierebbe di essere vanificato, come un nocciolo che può talora essere inghiottito senza accorgersene, ma del quale è infine meglio rendersi conto senza attendere un suo futuro ipotetico ciclo naturale di ricrescita. In questo nocciolo sta il fatto che i tempi sono, è vero, cambiati, ma non egualmente la sostanza delle cose delle quali Maccacaro scriveva. Continuiamo a non sapere se la scienza moderna avrebbe potuto, e potrebbe essere diversa da quella che è, perché la scienza di oggi continua ad essere quella che Maccacaro descriveva tredici anni fa perché nessun tentativo è stato fatto, o almeno a nessun tentativo è riuscito di spostare se non di invertire le principali assi sulle quali è indirizzata la ricerca scientifica. È così davvero? Non è l'affermazione appena fatta un mero rigurgito di vetero-estremismo? Non è ora di finirla con certi anacronismi? Certo, alcune citazioni in quell'articolo andrebbero forse rivedute o forse ridimensionate, come l'esaltazione di Levinson accostato a Watson e Crick, ma la sostanza rimane, più chiara e solida che mai, "la capacità della scienza ad organizzare la razionalità e a razionalizzare l'organizzazione del potere" e l'emergenza della "candidatura incontrastata della scienza del potere ad assumere il ruolo di scienza tout-court". Certo, sono affermazioni estremiste, datate, ma davvero hanno perduto significato? Proviamo ad analizzare un lato della questione che è quello che investe il grado di libertà delle scelte che un ricercatore ha oggi. I condizionamenti che un ricercatore può subire sono di tipo diverso: finanziario, della moda, dell'invisibile college, della sua formazione culturale o estrazione sociale. È chiaro che il modo migliore e più efficace per imbrigliare volontà e immaginazione è quello mediato dai canali di finanziamento. I ricercatori, o gli scienziati come talora sono chiamati, sono in genere individui con una spiccata personalità o per lo meno un forte egocentrismo che teoricamente li dovrebbe proteggere dagli effetti di campagne di propaganda massiccia e grossolana. L'individualismo che li protegge sconfina però spesso verso il particolarismo, che a sua volta si combina, con un effetto sinergico e moltiplicativo, con l'ambizione. Può in tal modo succedere che il ricercatore divenga preda di chi voglia manipolare le sue scelte e il suo indirizzo di ricerca verso iniziative che sollecitano o soddisfano le ambizioni intellettuali, ma che non necessariamente, e quasi mai, rispondono ai veri interessi dell'umanità o appaiono prioritari per il benessere del genere umano. Basti pensare al tesoro di intelletto, oltre all'oceano di denaro, assorbito dalle ricerche a scopo militare. La moda che per sua natura sempre fiancheggia il successo mondano dice come - Simmel, seguendo la moda, "l'individuo si libera dal tormento della scelta e la fa apparire come un prodotto del gruppo, come un recipiente di contenuti sociali" (2) -, la moda contribuisce a rafforzare l'autocondizionamento dei ricercatori verso ricerche che, senza bisogno di speciali virtù rabdomantiche possono facilmente essere individuate come quelle che più facilmente sono finanziate in modo adeguato. Un contributo all'autocondizionamento viene poi da quel circuito di istituzioni, centri di ricerca, scuole e seminari estivi che danno la possibilità agli eletti di incontrarsi gradualmente tutti, in modo che nel giro di poch~ anni chiunque sia qualcuno ha conosciuto e lavorato con tutti gli altri suoi pari. Il sistema che tiene insieme questi gruppi elitari è stato chiamato "invisible college" (3) e, come facevano le antiche società o accademie esclusive, da un lato conferisce ai suoi membri uno status particolare e dall'altro garantisce (ma non in modo assoluto, per fortuna) che ben difficilmente qualcuno possa allontanarsi dalle aree di ricerca accettate. Quando Kracauer faceva un'analisi degli impiegati degli anni'30, scopriva, e faceva scoprire ai suoi lettori, ch'essi potevano venir usati come massa di manovra per un sovvertimento politico. (4) I ricercatori non sono altrettanto numerosi (gli impiegati erano oltre tre milioni nella sola Germania di quell'epoca), ma pur in numero molto più piccolo, costituiscono oggi, a livello nazionale, ma molto di più ancora a livello sopranazionale, un elemento di importante stabilità per l'establishment dominante. Mentre da un lato il potere li manipola conducendoli verso un autocondizionamento difficilmente resistibile, dall'altro essi si cristallizzano in un ruolo che prima perpetua e poi rafforza il potere. Come lo si è fatto per il caso particolare delle ricerche militari, uno può fantasticare a un livello ancora più ampio sulla frazione più cospicua della potenziale originalità del pensiero creativo scientifico che viene in tal modo imbrigliato e represso. r-=l!orse il modo migliore per verificare quanto siamo noi carn- i.li biati e come e quanto siano davvero cambiati i tempi insieme a noi, è di rileggere uno degli articoli di Maccacaro più intensamente discusso e contestato, dapprima solo dai suoi avversari, diciamo da destra, ma ormai anche dai suoi alleati, diciamo da sinistra. Si tratta dell'articolo apparso sul numero introduttivo di "Epidemiologia e Prevenzione" (5) sull'onere
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