mento, e così il nostro modo di parlare e di esprimerci è rimasto piuttosto simile a quello dei primi immigrati, dai quali discendiamo. I critici~he si sono occupati della sua opera hanno tentato di definirla in vari modi, da vari punti di vis/a, dandone interpretazioni diverse e cercaifdo anche di estrarne un senso generale. • ~ Qual è, secondo lei, l'idea unitaria che la sostiene? Io penso eh!: si cerca nella mia opera più di quello che viito messo. Io volevo solo raccontare delle storie, in•ventare dei personaggi e delle situazioni. Ecco tutto. Penso che uno scrittore non può essere pienamente consapevole di tutto quello che mette in una storia: egli vuole solo presentare esseri umani in conflitto con la propria natura, col proprio carattere, con la propria anima o col proprio ambiente. Ma questo ambiente, nei suoi romanzi, non è quasi se117preil Sud? Sì, ma io. non scrivo in realtà su questo ambiente, racconto le mie storie nell'unica maniera che mi è possibile, negli unici termini che mi sono familiari: servendomi cioè dell'ambiente che conosc? meglio, utilizzandolo çome meglio so. Dunque nella sua opera non c'è nessuna idea direttiva? Strettamente parlando, no. Ma se a tutti i costi se ne volesse scoprire una, diciamo che è una certa fede nell'essere umano per la sua capacità di aver sempre la meglio, di vincere le circostanze e il proprio destino. Eppure nei suoi libri la maggior parte dei personaggi sembra soccombere alla fatalità ... Ma, come ho detto, ce n'è sempre uno che sopravvive e trionfa del suo destino. Può dirmi come, oggi, nell'era della bomba a10mica, l'uomo può sentirsi autorizzato a pensare in questo modo? L'uomo ha sempre più a sua disposizio•ne i mezzi per distruggersi fisicamente, ma forse da centinaia è centinaia di anni non hà trovato niente di nuovo per distruggersi spitualmente. Solo il mondo esterno si modifica. L'uomo deve adattarvisi, arrangiarsi, ma saranno sempre le stesse cose che dovrà affrontare. A volte l'uomo commette azioni che lo fanno sembrare indegno di sopravvivere, ma in altri momenti si riscatta e con sorpresa scopre di essere più coraggioso e degno di quanto credeva. Io rifiuto di accettare la fine dell'uomo. Io credo che l'uomo non si contenterà di sopravvivere: egli prevarrà. È immortale non perché egli solo tra tutte le creature ha una voce che non si spegne, ma perché ha un'anima, uno spirito capace di compassione, di sacrificio e di sopportazione. Il dovere dello scrittore, del poeta, è di parlare di queste cose. È suo privilegio potere aiutare l'uomo a resistere, ricordandogli il coraggio, l'onore, la speranza, l'orgoglio, la pietà, la compassione e il sacrificio che furono sempre la gloria del suo passato. La voce del poeta non deve solo registrare l'effimero passaggio dell'uomo; dev'essere una molla, una spinta che lo aiuti a sopportare e a prevalere. (Questo testo è stato scritto per il terzo programma della RAI e trasmesso in quattro puntate tra il giugno e luglio 1957. È stato pubblicato nel libro di La Capria Falsepar1enze. Fram111e111i per una biografia lelleraria, Bompiani 1974). 117
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