116 fare il negro eguale agli altri lo avrebbe fatto bianco, dirà che nelle vene di un negro scorre un sangue diverso da quello che scorre nelle vene di un bianco, e altre sciocchezze del genere. No, io odio la bassezza dei loro veri motivi, perché l'uomo ha sempre lottato per motivi di carauere economico. Ma lo riconosca, almeno! Secondo lei, dopo le decisioni della Corte Suprema questa situazione cambierà? Non è una situazione che possa essere cambiata da un giorno all'altro con una buona legge, e quindi dovrà essere risolta gradualmente, per non provocare disordini e confusione. * * * Posso farle una domanda? ... Lei crede in Dio? Sì, io credo in Dio. Credo che l'uomo ha un'anima che continuamente aspira a Dio. Che vantaggio c'è per uno scrillore a costruire un romanzo su una allegoria cristiana come quella da lei usata in Una favola? Lo stesso vantaggio che c'è per un falegname a costruire angoli retti se vuole ottenere una cassa quadrata. L'allegoria cristiana era quella giusta per mettere a fuoco la mia storia. E questo significa allora che artista può servirsi di una storia come quella narrata nei Vangeli semplicemente come d'uno strumento, così come un falegname potrebbe servirsi di un martello? Ma il falegname di cui parliamo non è stato mai privo di questo martello. Nessuno è al di fuori della verità rappresentata dall'allegoria da me usata, nel senso che ogni uomo tenta di fare se stesso migliore di quanto la sua natura permelterebbe se egli seguisse la sola natura. Dunque quella verità diventa un simbolo che ricorda all'uomo quale è il suo dovere quando si trova tra gli altri uomini. Prenda per esempio i tre uomini nel Moby Dick che rappresentano la trinità della coscienza: non conoscere niente, conoscere e disinteressarsi, conoscere e agire di conseguenza. La stessa trinità è rappresentata nel mio romanzo Un favola. C'è il giovane ufficiale pilota ebreo che dice "Tutto questo è terribile, io rifiuto di accettarlo anche se debbo rinunciare alla vita". C'è il vecchio generale francese che dice: "Tutto questo è terribile, ma noi possiamo soffrire e sopportarlo". Infine c'è l'inglese comandante del battaglione che dice "Tutto questo è terribile, bisogna fare qualcosa perché non avvenga". Molti le/lori trovano che lei racconta le sue storie in uno stile complicato, la accusano di oscurità e sono spesso scoraggiati dalle difficoltà che incontrano per collegare i diversi elementi che compongono le sue storie. Da che cosa deriva questa complessità? Si può avanzare l'ipotesi che il suo stile è complicato perché la realtà, l'ambiente che deve esprimere, sono essi stessi complicati? Veramente non capisco la domanda. lo credo che, se uno scrittore perde il suo tempo a preoccuparsi troppo del suo stile, nelle sue storie non resterà altro che lo stile. Se invece quello che deve dire merita di essere detto, egli vorrà dirlo in ogni modo, e proverà e riproverà a dirlo, e in questi continui tentativi non si proporrà deliberatamente di essere oscuro o complicato, ma cercherà di mettere nei suoi libri tutto quello che può, tutto quello che non è riuscito a mettere nei libri scritti precedentemente. Ora può anche accadere che venga uno come Hemingway che attraverso l'istinto e lo studio riesca a sviluppare uno stile fluido e inalterabile e si proponga non di essere uno stilista, ma di raccontare ciò che a lui interessa secondo questo metodo che può dare buoni risultati. Forse fa bene a far così, perché nel caso di Hemingway quello che lui ha scritto meritava di essere scritto. Ma può anche accadere che venga uno come Wolfe (o come me stesso, per esempio), che senza alcun metodo o premeditazione cerchi di afferrare, ammassare e comprimere tutto - l'intera somma di tutte le cose che sa e che ha vissuto - in ogni singola frase che scrive. E allora ecco che vien fuori quel che si dice uno stile oscuro o complicato, insomma difficile a leggersi. Non è che noi abbiamo voluto intenzionalmente farlo complicato, semplicemente non potevamo fare altrimenti. Per quanto mi riguarda io non sono un letterato e non sono nemmeno quel che si dice un uomo colto. Non mi piaceva studiare a scuola e ho lasciato presto gli studi. Così non so niente di niente del logico e razionale processo del pensiero. Non ho studiato abbastanza la matematica per avere una mente disciplinata e organizzata. D'altra parte non nego, come ho detto, che si possa riuscire a fare grandi cose con un metodo diverso. Mozart, per esempio, sapeva sempre quel che faceva e usava la sua musica come il matematico usa le sue formule. Ma io non possiedo le qualità di un Mozart o di uno Hemingway. li mio modo di afferrare la realtà è diverso, come ho detto, deriva dall'urgenza che ho di dire tutto in una frase per paura di non avere il tempo, di non vivere abbastanza, per scrivere due frasi. O forse deriva solo dall'ignoranza, dalla mancanza di una cultura organizzata. Qual è il linguaggio che lei adopera nei suoi romanzi? Quello stesso che io adopero quando parlo. Sul linguaggio potrei dire le stesse cose che ho detto sullo stile. li particolare momento, la situazione, il personaggio, il ritmo del discorso, sono essi a creare il proprio linguaggio. In un determinato momento e in una determinata situazione un personaggio può parlare come un contadino, poi quando ne nasca la necessità parlerà come un poeta, ma sempre entro i limiti della sua cultura. lo credo che decidere di scrivere in lingua oppure di adoperare il dialetto è altrettanto inutile che decidere di avere uno stile. Voglio dire che, se lo scrittore è occupato a creare su un foglio bianco persone che vivono, non ha il tempo di decidere, prima, quale sarà lo stile o il linguaggio. Nelle sue opere spesso si trovano espressioni del dialetto scozzese. Come si spiega? La gente che vive nel mio paese è per la maggior parte di origine scozzese. Fino a poéhi anni fa essi sono vissuti lontano dalle vie di comunicazione, appartati, in una specie di isola-
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