110 Mississippi Coun1y, 1939 (foro di Arrhur Rothstein). * * * Dopo il successo di Santuario e di L'urlo e il furore, lei si recò a Hollywood per lavorare come sceneggiatore e soggeltista. Secondo lei questo lavoro nel cinema può essere dannoso per uno scrittore? Niente può nuocere al lavoro di uno scrittore se questi è un vero scrittore. Se uno non lo è, niente può aiutarlo. li problema non esiste, dunque, se si parla di uno che non è un vero scrittore, perché questi s'è già venduta l'anima per una villa con piscina. Con quali attori preferiva lavorare? Humphrey Bogart è quello con cui ho lavorato meglio. Abbiamo lavorato insieme nei film A vere e non avere e Il grande sonno. Le piacerebbe fare un altro film? Mi piacerebbe ricavare un film dal romanzo 1984 di George Orwell. Ho pensato un finale che proverebbe la tesi sulla quale batto continuamente, e cioè che l'uomo è indistruttibile solo perché in lui c'è la volontà di essere libero. Vuol parlarci delle sue esperienze nel mondo del cinema? La prima volta ebbi un contratto con la Metro e quando arrivò la scadenza del contratto stavo per tornarmene a casa. Il regista con cui avevo lavorato mi disse: "Se vuole ancora lavorare qui, me lo faccia sapere e cercheremo di farle avere un altro contratto." Lo ringraziai e me ne andai a casa. Sei mesi dopo telegrafai al mio amico regista che volevo ancora lavoro. Immediatamente ricevetti una lettera del mio agente di Hollywood con accluso l'assegno della prima settimana di paga. Fui sorpreso, perché mi aspettavo di avere prima una lettera ufficiale o un contratto, e pensai che l'una o l'altro sarebbero arrivati a stretto giro di posta. Invece ricevetti la settimana seguente dal mio agente, un'altra lettera, nella quale era accluso un secondo assegno simile al primo, valevole come paga per un'altra settimana. La cosa andò avanti in questo modo dal novembre del I932 al maggio del 1933. Ma sei mesi non le sembrano un po' troppi? Veramente no. Non avevo mai guadagnato con tanta facilità nella mia vita, eppure ho fatto diversi mestieri. Ma doveva finire; infatti arrivò un telegramma da Hollywood che diceva: "William Faulkner, Oxford, Mississippi. Dove siete? Firmato: Metro Goldwyn Mayer". Scrissi immediatamente un telegramma di risposta, che diceva: "Metro Goldwyn Mayer, Culver City, California. Firmato: William Faulkner". La signorina dell'ufficio postale mi domandò qual era il testo del telegramma. Le dissi che quello era tutto. Lei disse: "Il regolamento dice che non si può mandare un telegramma senza un messaggio, perciò lei deve scrivere qualcosa." Mi persuase, e così mandammo una qualsiasi formula di auguri. Dopo di ciò venne una chiamata telefonica da Hollywood con le seguenti istruzioni: prendere il primo aereo per New Orleans e lì mettersi in contatto col regista Browning. Avrei potuto prendere un treno ed essere a New Orleans otto ore dopo. Ma obbedii alle istruzioni ed andai a Memphis, dove a volte capitavano aeroplani diretti a New Orleans. Infatti tre giorni dopo ne capitò uno. Arrivai all'albergo dove si trovava il regista Browning e mi feci annunciare. C'era un party e lui mi venne incontro, mi disse di fare una buona dormita ed essere pronto ad alzarmi presto la mattina dopo. Gli domandai qual era il soggetto del film che dovevo scrivere. E lui fece: "Ah, sì vada nella stanza tale, li c'è uno dei nostri scrittori a contratto. Lui le dirà di che si tratta, il soggetto e tutto". Andai nella stanza come mi era stato detto. Lo scrittore a contratto stava lì, seduto, tutto solo. Gli dissi chi ero e gli domandai del soggetto. Mi rispose: "Quando avrà pronto il dialogo, le darò il soggetto". Tornai da Browning e gli riferii quanto era accaduto. "Non si preoccupi", mi disse, "faccia una buona dormita, così domani mattina possiamo alzarci presto". La mattina seguente in una bellissima barca a motore ci dirigemmo all'Isola Grande, a circa cento miglia di distanza. Era lì che doveva essere girato il film. Arrivammo giusto in tempo per fare colazione e rifare le cento miglia di ritorno. facemmo questo viavai per tre settimane. Di tanto in tanto mi veniva qualche preoccupazione per il soggetto, ma Browning diceva sempre: "Non si preoccupi, faccia una buona dormita, così domani mattina possiamo alzarci presto". Una sera ero appena tornato dalla solita gita quando il telefono trillò. Era Browning. Mi disse di andare subito nella sua stanza. Aveva in mano un telegramma che diceva "Faulkner licenziato. Firmato: Metro Goldwyn Mayer". "Non si preoccupi", disse Browning, "chiamerò subito Tizio e Caio e non solo la farò riassumere all'istante, ma le farò fare tante scuse". Poi si sentì bussare alla porta. Era il fattorino con un altro telegramma diceva: "Browning licenziato. Firmato: Metro Goldwyn Mayer". Così se ne tornò a casa? Per forza. E penso che anche Browning se ne sia andato a casa sua; invece lo scrittore che non voleva raccontare il soggetto del film starà forse ancora in qualche ufficio della Metro. Ma il film si fece? Non ne seppi mai nulla, proprio nulla, letteralmente; l'unico che conserva gelosamente il segreto di quel film è appunto quel tale scrittore della Metro. Dopo simili esperienze, lei crede che scrivereper il cinema possa portare a risultati promeltenli? Promettenti certamente, ma rimangono tali, almeno fino a quando l'individuo non abbia la possibilità di fare il lavoro tutto da solo. In America, fino a pochi anni fa, questo lavoro era fatto da troppa gente insieme e allora anche un buon film, quando veniva, era piu che altro il risultato di un concorso di circostanze favorevoli, che nessuno avrebbe potuto garantire si sarebbero ripetute. Perciò dico promettenti, almeno fino a quando i film possano essere, come un libro, il prodotto del talento di una sola persona. In tal caso sì che possiamo aspettarci il ripetersi del risultato. Uno che scrive un libro fa un'esperienza, impara ad evitare certi errori
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