108 La casa di Faulkner a Oxford nel Mississippi. è del '26, l'epoca del suo incontro con Sherwood Anderson e Zanzare che è del '27. Veramente avevo prima scritto alcune poesie ... Sì, io mi considero un poeta fallito. Forse ogni narratore vuole prima scrivere poesie, vede che non ce la fa e allora prova a scrivere racconti, che è il genere più impegnativo dopo la poesia. E quando fallisce anche come scrittore di racconti solo allora comincia a scrivere romanzi. Così è accaduto anche a me. Lei prima ha parlato di Santuario e di due versioni dello stesso libro. Può dirci qualcosa in proposito? Ho scritto un'introduzione a Santuario che spiegava tutta la faccenda, ma non ho niente in contrario a ripeterla. Avevo già scritto due libri e avevo scoperto che scrivere era per me un divertimento, ma un giorno pensai che se ne poteva anche cavare un po' di quattrini. Così pensai alla storia che mi pareva più adatta e nella quale riponevo più fiducia e la scrissi. Qualcuno me la pagherà, pensai. La mandai all'editore e quello mi rispose: "Buon Dio come facciamo a pubblicare roba del genere? Andremmo in galera tutt'e due!" Così dimenticai quella storia e scrissi altri tre libri: Sartoris, L'urlo e il furore e infine Mentre morivo, che furono pubblicati il primo nel '29 e gli altri due nel '30. Un giorno ricevo per posta le bozze di Santuario ... : questo fu nel '31. Leggo le bozze ed era un disastro: il libro era scritto male, la storia era detta male. Era così chiaro, in ogni parola, che quel libro lo avevo scritto per far soldi che mi dissi: non posso farlo uscire così. M_al'editore aveva già preparati gli stampi di piombo, e l'unica maniera di riparare al mal fatto era di distruggere gli stampi. A quell'epoca il mio editore era un giovanotto che aveva appena iniziato il suo mestiere, e mi disse: "Non posso distruggere gli stampi, non ho soldi e non posso permettermi questi scherzi". E io gli dissi: "Non puoi stampare il libro com'è: è un libro sbagliato. "Ci mettemmo d'accordo che avremmo pagato a metà i nuovi stampi; metà per uno. Dovevo perciò sborsare 270 dollari, che a quel tempo non avevo. E fu questa la prima lezione che ne ricavai: non scrivere pensando al successo di cassetta, ma scrivi come meglio puoi. Il libro completamente rifatto fu pubblicato nel '31, ed ebbe un grande sue- , cesso di pubblico, fece un sacco di soldi, e quello che ora si legge è il meglio che ho potuto fare di quella storia. Volevo esprimere in Santuario il terrore e l'ingiustizia che ogni uomo deve fronteggiare e che ogni uomo deve combattere. Ciascuno ha il proprio destino: ma questo destino non è mai fatto di ciò che l'uomo ha progettato, deciso o compiuto, non è mai la somma della sua vita su questa terra con le sue aspirazioni e i suoi atti. Ciò che accade è sempre fatale, nel senso che l'uomo è predeterminato e non dispone di alcun margine di libertà. Tempie, per esempio potrebbe fuggire dalla baracca dei gangster con l'aiuto della moglie di Goodwin e così il dramma che incombe verrebbe evitato. Ma la ragazza rimane, immobile, muta, affascinata dalla violenza che l'aspetta, che sente intorno a sé nella notte, quella violenza che essa aspetta da anni, che merita, che è stata annunciata a lei da tanti segni ... Anche dopo averlo riscrillo, lei dice che Santuario è nato da una "idea da poco", con scopi commerciali, seppure nell'ultima versione il libro è da lei rivaluta/o. Ma qual è il suo miglior romanzo? A mio giudizio, nessuno dei' miei romanzi è abbastanza ·buono; perciò ho passato trentacinque anni a scriverne sempre un altro, sperando che quest'altro fosse buono abbastanza. E così posso solo dire che provo una specie di tenerezza per il libro che mi costò più tormenti, proprio come la madre per il figlio; e quello che mi diede più tormenti e che a mio parere è stata la mia migliore maniera di fallire, è ancora L'urlo e il furore. Il successo di Santuario si riflellé anche sugli altri libri? Certamente. Dopo Santuario si parlò anche di L'urlo e ilfurore che quando uscì era passato sotto silenzio, come tutti gli altri libri che avevo scritto prima. Qual è, secondo lei, il primo, vero eroe f aulkneriano, quello che rispecchia la sua visione del Sud? Molti critici pensano che sia il giovane Sartoris, il pro/agonista del libro omonimo, che è appunto considerato il primo della saga di Yoknapalawpha. Chi è Sartoris? È un giovane appena tornato dalla prima guerra mondiale che può intendere il Sud delle sue origini soltanto nei termini della violenza che egli ha sperimentato nella squadre aerea durante la guerra. Altri critici dicono che Sartoris è ancora troppo carico della scossa che la prima guerra mondiale ha prodollo in lui per essere un autentico uomo del Sud. Secondo loro i primi veri eroi faulkneriani si trovano in L'urlo e il furore e sono i Compson, Quentin Compson e Jason suo fratello. Questo romanzo, essi dicono, è anche importante perché dal punto di vista forma/e è uno dei più brillanti tour de farce a cui uno scrillore si sia solloposto, e me/le bene in luce lo straordinario talento compositivo che verrà man mano sviluppandosi nei romanzi successivi. Vuol parlarci di questo libro che lei, come ha dello prima, considera il suo più coraggioso fallimento? All'inizio questo libro doveva essere solo un racconto senza un vero intreccio, e la scena che mi veniva in mente era quella di una bambina arrampicata sopra un albero che raccontava ai fratellini di sotto tutto quello che vedeva. E quello che vedeva era il seppellimento della nonna, la cui morte era stata appunto tenuta nascosta a loro per non turbarli. Poi ho immaginato che, per rendere meglio l'egocentrfca innocenza dei bambini, uno dei fratellini della ragazza arrampicata sull'albero doveva essere un vero innocente, cioè un idiota. Questi sarebbe stato poi Benji. Mi è accaduto in seguito quello che accade a molti romanzieri: mi sono affezionato a uno dei personaggi, a quella ragazza arrampicata sull'albero, e l'ho tanto amata che non mi è bastato più lo spazio di un racconto per parlare della sua storia. Così è nato il personaggio di Caddy. Poi vennero fuori i fratelli di lei, e cioè Jason, che secondo me è il personaggio più malvagio di tutti quelli da me creati, e Quentin. Trovati i personaggi avevo bisogno di un protagonista, di qualcuno che raccontasse la storia in prima persona. Credetti che potesse essere Quentin, lui solo, e scrissi una storia dal suo punto di vista. Invece non bastava. Allora pensai di far raccontare l'esperienza di quel giorno a Benji, l'idiota, e scrissi la stessa storia dal punto di vista di Benji. Ma neanche questo bastava perché Benji non poteva in nessun modo sapere o dire quello che accadeva. Mi accorsi ancora che era necessario un contrappunto alla storia
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