106 di Yoknapatawpha (che rappresenta tutto il.Sud della regione del Mississippi e parte dell'Alabama). Giustamente dunque Faulkner è stato paragonato a Balzac, e la sua Saga di Yoknapatawpha è stata definita la Commedia Umana del Sud. Di questo parlerà lo stesso Faulkner nel colloquio qui presentato. Dove invece egli è meno chiaro, a mio parere, è nel definire la sua posizione sul problema razziale. A sentire le sue risposte, sembrerebbe di parlare con un marxista: egli tira fuori soltanto cause economiche, non ammette altra spiegazione del conflitto razziale. In realtà si sa benissimo che Faulkner è un aristocratico convinto e un nostalgico del Vecchio Sud. li motivo sempre presente nella sua Saga di Yoknapatawpha è appunto il contrasto tra le nobili e orgogliose famiglie che dominavano il Vecchio Sud e oggi ne testimoniano la decadenza (come i Sartoris e i Compson, corrotti e ormai impotenti), e la classe venuta su dopo la Guerra Civile (come gli Snopes, piccoli, avidi e intraprendenti speculatori, senza dignità e senza scrupoli). È questa classe che ha distrutto tutti i valori e le tradizioni che fecero grande il Sud, il Vecchio Sud amato da Faulkner, ed essi, a loro volta "si distruggeranno da sé". Nel suo romanzo Non si fruga nella polvere e nel Borgo questa ideologia conservatrice e aristocratica appare più evidente, e nella prefazione al primo di questi libri Fernanda Pivano ne spiega bene i motivi: tutti i guai del Sud, sembra dire Faulkner, anche quello razziale, sono opera degli Snopes, portati su dalla Guerra Civile, distruttrice del Vecchio Ordinamento. Questo comportava sì la discriminazione razziale, ma era anche l'espressione di una civiltà padrona/e per tutti tollerabile, per i negri e per i bianchi. Col tempo e con la pazienza tale stato di cose sarebbe gradualmente mutato. Ma che cosa è accaduto dopo la Guerra Civile con i diritti concessi ai negri e con l'avvento degli Snopes? La discriminazione razziale si è trasformata in odio di razza, la tolleranza di una volta è diventata linciaggio, e Snopes vede nel negro un pericolo per la sua condizione di povero bianco. Ma, a parte questi motivi e questo fondamentale contrasto che corre e si complica e non si risolve per tutta l'opera di Faulkner gettandovi sopra luci e ombre, un altro tema più alto (lo stesso cui lo scrittore più volte accenna in questo "lungo colloquio") la domina e la riscatta, ed è la inestinguibile fiducia nell'uomo, nella sua capacità di far fronte alla sconfitta, di riconoscersi nel disastro: "lo penso che una buona dose di disastro non sia un male per l'uomo. L 'uomo non solo sopravvivrà al disastro: egli prevarrà". Prima di iniziare il "colloquio" con William Faulkner, ecco qui un ritratto dell'autore, anche questo risultante da un montaggio delle impressioni e delle descrizioni di coloro che lo hanno conosciuto di persona. È un uomo di piccola statura, con un corpo secco e nervoso. Ha i capelli bianchi e ispidi, un viso cotto dal sole e due occhi scuri, quasi neri, sotto due palpebre asiatiche. li naso è diritto e le labbra sottili, il mento sporge infuori in un atteggiamento di sfida. Quando gli parli ti osserva con uno sguardo penetrante, uno sguardo d'aquila o di sparviero, che a tratti si distrae e forse erra in quel mondo a noi sconosciuto dove va cercando i suoi orrori e la sua poesia. La sua voce è sorda, un po' roca, ma se ne serve poco perché non ama molto chiacchierare. Talvolta egli ammette di essere uno scrittore e non solo un contadino, come spesso dice; e allora acce/la di parlare a lungo della sua arte. Ma davanti al suo atteggiamento, ora timido, ora diffidente, ci si sente obbligati a evitare tulle le discussioni di caral/ere intellel/ualistico, e a stabilire con lui rapporti più semplici e direi/i. Se parla o se ascolta, Faulkner fuma invariabilmente la sua pipetta. Dalla sua persona emana un 'impressione di forza e di grande riservatezza. Malgrado questa riservatezza durante l'intervista non si può fare a meno di subire il suo fascino, un fascino calmo, fatto di cortesia. Talvolta quando parla del suo lavoro, delle sue convinzioni, egli usa un linguaggio fatto di lunghe e barocche frasi, piene di fantasia e d'immaginazione, che ricordano lo stile di qualcuno dei suoi libri. Non ama le interviste, però ... Perché non le piace di essere intervistato? Perché non mi piacciono le domande di carattere personale. Se le domande riguardano il mio lavoro, io cerco di rispondere come posso. Ma quando riguardano me, la mia vita privata, può darsi che io risponda e può darsi che non mi vada di farlo. Ma anche quando lo faccio non bisogna credermi troppo: potrei domani rispondere in modo completamente diverso alla stessa domanda. Non le sembra che la personalità dello scrittore, la sua individualità, siano importanti? Molto importanti. Ma per lo scrittore, solo per lo scrittore stesso. Tutti gli altri dovrebbero essere troppo occupati con le sue opere per preoccuparsi di lui in quanto persona. Questo naturalmente si applica anche a lei. Certo. Se non fossi mai esistito, qualcun altro avrebbe scritto quello che ho scritto io, un Dostoevskij, un Hemingway, qualcuno dei miei contemporanei. Insomma voglio dire che vi sono per lo meno tre candidati che si disputano la paternità delle opere di Shakespeare, ma ciò che conta è l'Amleto o li sogno di una notte di mezz'estate. Non chi li scrisse, ma il fatto che qualcuno li abbia scritti. Non ha importanza l'artista ma quello che l'artista crea. Neanche l'ambiente in cui l'artista vive ha importanza? L'arte non ha niente a che fare con l'ambiente, la cosa è trascurabile. Se domandate a me, il miglior lavoro che mi sia mai stato offerto fu quello di diventare il gestore di una casa di tolleranza. A pensarci bene, questo dev'essere il migliore ambiente che un artista può desiderare per lavorare. Gli consente l'indipendenza economica, lo libera dalla paura e dalla fame, gli procura un tetto e niente altro da fare che tenere la contabilità e andare ogni mese a pagare la tassa alla polizia. Il posto è tranquillo al mattino, che è il momento migliore per lavorare: alla sera c'è una vita sociale abbastanza animata, se egli vuol parteciparvi ... abbastanza per tener lontana la noia. Egli godrebbe di una certa considerazione nell'ambiente, la tenutaria si occuperebbe delle riscossioni, le pensionanti si rivolgerebbero a lui chiamandolo "signore" e tutti i gangster dei dintorni lo chiamerebbero "dottore" e lui potrebbe dare del tu a quelli della polizia ... Concludendo, l'unico ambiente adatto per un artista è quello che gli offre quanta
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