William Faulkner nel 1926. LATENTAZIONE D LFALLIMENTO FAULKNER ACCONTATODALUISTESSO a cura di Raffaele La Capria li testo che qui presento è soltanto il montaggio di brani di interviste, diballiti o dichiarazioni nelle quali William Faulkner, in varie occasioni, ha espresso il suo pensiero. Ho scelto e ordinato questo materialesecondo il criterioche mi pareva più adallo a ricostruireper una trasmissione radiofonica, una introduzione a Faulkner, falla da lui stesso. Se le domande sono state molto spesso ritoccate, senza mai falsarne lo spirito ma solo con l'intento di dare una maggiore omogeneità e chiarezza a questo "lungo colloquio", le risposte di Faulkner, come è ovvio, non solo sono tulle autentiche e riscontrabili una per una nei testi qui sollo elencati, ma sono state /rado/te rispellandone la forma e la sostanza. I testi cui accennavo sono i seguenti: 1) il discorso tenuto da Faulkner in occasione del conferimento del Premio Nobel da lui ottenuto nel 1949; 2) una intervista concessa a Jean Stein, della "Paris Review", nel 1956: l'intervista è ora pubblicala (insieme ad altre apparse nella stessa rivista) nel volume Writers at Work che porta una introduzione di Malcolm Cowley (Londra, Secker & Warburg, 1958); 3) un 'intervista concessa a Cinthia Grenier per "Table ronde" nel gennaio 1957; 4) un volume intitolato Faulkner at Nagano, edito da Robert A. Jelliffe (Tokio, Kenkyusha, 1956), dal quale è staia trai/a la maggior parie del materiale di cui mi sono servilo. Quest'ultimo volume raccoglie tulli i diballiti e le conversazioni che si svolsero Ira Faulkner e gli studenti giapponesi partecipanti al Seminario tenuto all'Università di Nagano, nei pressi di Tokyo. Data la formazione culturale del suo pubblico - si Ira/lava di studenti non solo stranieri, ma appartenenti ad una civiltà tanto diversa da quella americana - Faulkner è staio nelle risposte di una disarmante semplicità, di un 'estrema chiarezza, e per questa ragione il volumetto mi è sembrato più utilizzabile, per la sua concisione, che non quello più recente edito dalla Virginia University Press intitolato Faulkner at the University che raccoglie in più di 700pagine i diballili svoltisi tra Faulkner e gli studenti americani partecipanti al Seminario dell'Università di Virginia. li materiale è certamente interessantissimo, ma, in definitiva, sulle questioni di carallere generale, le risposte di Faulkner sono sorprendentemente simili a quelle da lui date agli studenti giapponesi, a Nagano, due anni prima. Tanto simili che talvolta corrispondono parola per parola, dando quasi l'impressione che Faulkner sappia a memoria le sue risposte, che questa sia una sua tecnica per difendersi dall'indiscrezione altrui. In realtà si trai/a invece della indubbia coerenza di pensiero di un grande scrillore che ha una sua precisa visione del mondo e idee ben radicate. A vverlo il lei/ore che questo "autori/rallo" non porta nuovi dati sulla biografia di William Faulkner, sui falli della sua vita: ci presenta però, almeno così spero, un 'immagine viva dell'uomo. È stata in/alti sempre una cosa abbastanza difficile ricostruire una biografia a//endibile di Faulkner. Difficile per il carallere chiuso e brusco dello scril/ore, per quel suo tenersi appartalo dagli ambienti lei/erari ("lo non sono un lellerato", egli è solito ripetere, "sono un contadino"), per la sua completa indifferenza verso la critica, anche quella che ha certamente contribuito alla diffusione e alla chiarificazione della sua opera (si veda ad esempio la ricostruzione fallane da Malcolm Cowley nel Portable Faulkner ora tradotto anche in italiano per i tipi del Saggiatore, nel volume 664 pagine di Faulkner). Le interviste di cui mi sono servito confermano questi diversi aspetti della personalità dello seriI/ore: affermazioni perentorie, falle con un linguaggio ora esaltato ora fastoso, sono alternate con risposte solli/mente ironiche che sfruttano al massimo la tecnica della svalutazione, o con lucidissime dichiarazioni che, sollo l'apparenza fin troppo semplice, offrono invece al critico formidabili strumenti di indagine (come questa, ad esempio: "L'unico metro con cui giudico uno seri li ore è l'importanza e la magnificenza del suo fallimento"). I suoi alleggiamenti traggono spesso in inganno gli intervistatori e coloro che gli si avvicinano. Uno dei più appariscenti, e da lui più esibito, è quel considerarsi un non-le//erato, un uomo tu/lo autentico, che ha fallo e pensato tu/lo da sé, a tu per tu con la vita e non con i libri: e poi dalle interviste risulta che egli conosce benissimo non solo la lelleratura europea e americana, Proust, Joyce eccetera, ma che è un patito dei poeti metafisici inglesi, che ama i poeti simbolisti francesi e che legge i poeti latini nel testo originale... Eppure l'altra immagine, che vien fuori dalle poche notizie biografiche certe, è quella di un uomo impegnato in ogni possibile mestiere, specie nei primi tempi, quando non riusciva ancora a vivere dei suoi libri, mestieri quasi tulli piuttosto insoliti per uno scrittore, come ad esempio: imbianchino, pii/ore sulle navi, operaio in fabbrica, contrabbandiere di alcool, sagge/lista cinematografico, pilota civile e militare (nella prima guerra mondiale). L'opera di William Faulkner consiste di una ventina di romanzi che lo collocano al primo posto assoluto tra gli seri/lori americani contemporanei. Questi romanzi formano, uno dopo l'altro, i capitoli di un unico e interminabile romanzo che ha per sfondo l'immaginaria Contea
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