Linea d'ombra - anno V - n. 19 - lug./ago. 1987

compiva tutti gli atti che si è soliti compiere prima del sonno, si faceva il segno della croce e s'inchinava in direzione dell'angolo, si metteva a dormire senza far rumore dietro il paravento e si addormentava sull'istante completamente felice e completamente disinteressato nelle sue future intenzioni riguardo al principe, a prescindere dall'innocente bugia raccontata al mattino al portiere: - Ah, anche ieri sono rimasto alzato fino a tardi ... Sempre a chiacchierare col principe fino all'alba ... Il principe metteva fuori ogni sera le sue enormi scarpe consunte e i suoi larghissimi pantaloni argentati. Anche Ivan lvanyc cominciò a mettere fuori i suoi stivaletti raggrinziti, che prima venivano lustrati solo per le grandi solennità, e i suoi pantaloncini dai bottoni penzolanti che prima non venivano mai appesi fuori della porta nemmeno per le feste di Natale e Pasqua. Il principe si svegliava di buon'ora, tossiva terribilmente, si accendeva con avidità una lunga sigaretta, gridava a porta aperta nel corridoio, per tutta la casa: "Cameriere! Il tè!" - e strisciando con le ciabatte, in vestaglia, si appartava a lungo per i suoi bisogni. Anche Ivan lvanyc cominciò a fare lo stesso, a gridare per il corridoio chiedendo il tè, e con le calosce sui piedi scalzi, indossando sulla biancheria tutta lisa uno spolverino, correva lui pure a fare i suoi bisogni, anche se in precedenza era stato solito recarsi in quel posticino soltanto la sera. Una volta il principe aveva detto che gli piaceva molto il circo e che ci andava spesso. Anche Ivan lvanyc decise di andare al circo per il quale non aveva mai provato alcuna attrazione e dove non era più stato da quarant'anni; una volta vi andò, tuttavia, e con entusiasmo riferì di notte al principe l'estremo diletto che ne aveva avuto ... n h, primavera, primavera! Tutto ciò, certamente, di- i.i.I pende dal fatto che tutte queste follie succedono di primavera. Ogni primavera è come la fine di un'esperienza vissuta e l'inizio di una nuova. In quella lontana primavera di Mosca quell'inganno era particolarmente dolce e forte per me, a causa della mia giovinezza e perché stavano finendo i miei anni di studente, e per molti altri semplicemente era una primavera meravigliosa. Ogni primavera è una festa, e quella era particolarmente festiva. Mosca aveva vissuto il suo difficile e faticoso inverno. Poi aveva vissuto il "grande digiuno", la Pasqua e di nuovo le era sembrato come se fosse giunta alla fine di qualcosa, come se si fosse tolta un gran peso dalle spalle e finalmente stesse arrivando qualcosa di autentico. E già c'era un'infinità di moscoviti che cambiavano o erano pronti a cambiare la loro vita, ricominciarla daccapo e in modo ormai diverso dal passato, con più intelligenza, con più giustizia, sentendosi più giovani, e si affrettavano a rimettere a posto le case, ordinare degli abiti estivi, fare delle compere - e quando si fanno delle compere (persino di naftalina) è allegria! - insomma si preparavano alla partenza da Mosca, per le vacanze in campagna, nel Caucaso, in Crimea, all'estero, e in generale per l'estate, che come STORIE / BUNIN sempre deve essere sicuramente felice e lunga, molto lunga. Quante bellissime valigie che ricreavano lo spirito e quante nuovissime e scricchiolanti ceste si compravano allora nel vicolo Leont'ev e da Muir-Merlees! Quanta gente andava a farsi barba e capelli da Basile et Théodore! E uno dopo l'altro si susseguivano giorni sereni, pieni di promesse, giorni dagli odori nuovi, con una pulizia tutta nuova delle strade, con uno scintillio nuovo di cupole sul chiaro cielo, e nuova anche la cattedrale di Strasni, e una nuova Petrovska, e chiari abiti nuovi indosso alle belle donne eleganti, che si facevano scarrozzare lungo il ponte Kuzneckij e nuovo il cappello grigio chiaro a larghe tese del famoso attore, lui pure sfrecciante in carrozza verso chissà quale meta. Tutti stavano per concludere una certa fetta di una trascorsa, non più necessaria, loro vita, e quasi tutta Mosca era alla vigilia di una nuova vita, sicuramente felice, e per me specialmente ancora di più che per gli altri, almeno così mi pareva. E sempre di più si avvicinava la scadenza del mio congedo dal "Polo Nord", da tutto ciò che era stata la mia vita di studente, e andavo tutto il giorno in giro per Mosca, intento alle più varie e piacevoli occupazioni. E che cosa faceva il mio vicino di stanza, il più modesto dei nostri contemporanei? Più o meno la stessa cosa che facevamo anche noi. Anche a lui, infine, era capitato lo stesso che a noi tutti. Passavano i giorni di aprile e di maggio, correvano, sferragliavano i tram a cavalli, la gente aveva sempre fretta, cigolavano le carrozze, con suadente malinconia (pur trattandosi soltanto di asparagi) i venditori lanciavano il loro richiamo, la pasticceria Skackov emanava un sentore di dolce e di caldo, all'ingresso del ristorante "Praga" si ammucchiavano le cassette degli ortaggi, all'ingresso di quel "Praga" dove distinti signori già degustavano le patatine nuove nella panna acida, la giornata scivolava impercettibilmente al suo termine, ed ecco ormai che il cielo risplendeva a occidente di una dorata luminosità e armoniosamente si spandeva sulla felice animazione della via popolosa la nota di "basso" del campanile a tenda ... Giorno dopo giorno la città primaverile viveva la sua vita immensa e varia, e io ero uno dei più felici fra quelli che ne partecipavano, vivevo tutti i suoi odori, i suoni, la sua febbrilità, i suoi incontri, i traffici, gli acquisti, salivo su una vettura di piazza, andavo con gli amici al Caffè Tremblay, al "Praga" ordinavo l'aperitivo e ad ogni bicchierino di vodka ghiacciata facevo seguire un piccolo cetriolo fresco ... E Ivan lvanyc? E Ivan Ivanyc andava da qualche parte anche lui, anche lui stava non so dove, intento a una qualche sua faccenda, piccola, piccolissima, con ciò conquistandosi il diritto a continuare la sua vita in mezzo a noi, il diritto cioè ad un pasto per trenta copechi alla mensa di fronte al "Polo Nord" e ad una stanza nello stesso "Polo Nord". Egli si guadagnava appena un tale modesto diritto da qualche parte e con una qualche cosa e sembrava essere completamente estraneo alle nostre speranze di una nuova vita, di un vestito nuovo, di un nuovo cappello, di una pettinatura nuova, di confrontarsi con qualcuno in qualcosa, di far conoscenze, di stringere amicizia ... Ma ecco che era arrivato il principe. 103

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