una porca, la più porca. Fammi vedere il diario. Guarda qui, è il numero di telefono di una porca. Sai ieri? No. La professoressa ha chiamato Rudi. E poi? Ma perché pungeva quella con la camicia rosa. Vera porca. Sai dove lo fa la mia vicina di casa? Dove? Nel sottoscala. Proprio una porca. Sai quante volte lo fa quella di terza A? Lo so: è una porca. Lo fa in macchina al passaggio a livello. Li hai visti? Sì. Quella sì che è una porca. Conosci Giogio? Ci sono uscita. Quando? Giovedì. Quante volte l'hai fatto? Come una porca. Siamo porche da matti. Questo è il quaderno di una porca. Chi? lo. Anche la supplente è una porca. Ma va'!? L'ha vista Cinzia. Anche Cinzia è una porca: l'altr'anno al mare. Dov'eravate? In Sardegna a far le porche. Sai chi hanno visto? Chi? Sandra. Sandra? E già, faceva la porca. Con chi? Non lo so: Lo sai ma sei una porca. Davvero. E Marco? Marco cosa? Mi ha detto se uscivamo. E tu? Non so, vedo. Certo che i nostri coetanei: pensano solo a quello. Purtroppo le ragazze della scuola d'arte scendono chi prima chi dopo ma scendono, in paesi appena fuori città, in stazioni senza biglietteria della cintura, in quelle periferiche, in quelle di città, restano un ragazzo ciccione e due suoi amici. Lanci la subrutìn, no? E poi? E poi hai lanciato la subrutìn, scemo. Che coglione. Ma minchia, una subrutìn? Hai visto? Cosa? Il programma di grafica che aveva Sergio. Sì, buono, ma sul mercato sono disponibili sòftuar con prestazioni migliori. Ma che cazzo dici? Che cazzo dico: quello lì è buono ma lento. Perché adesso se è lento dipende dal programma? E no e da che cosa? Dalla macchina, stronzo. Dalla macchina per un cazzo. Perché se tu non vedi dipende dal sòftuar se lo schermo è fuso? Ma che minchia c'entra diofà Io schermo, ma sei picio? Come cambia davvero repentinamente tutto nel giro di mesi addirittura, ragazze e ceramica, ragazzi e silicio: scendono dal treno e l'asfalto ne farà polpette, triturando anche le riviste di armi e munizioni, dato che sbanda quel furgone in un concerto di trombe: luccicano (le trombe) al ritmo di rotaie e i suoni rimbalzano sulle facciate in granulare dei palazzi come scimmie; è lo squash multidimensionale urbano, l'aerobica della rotaia, il bodibìlding dell'alta tensione. E quelli che amavano Aristotele più di Platone, le sue incessanti permutazioni, le cose da lui dette solo perché doveva esaurire le combinazioni, oligarchia di pochi su pochi, democrazia di molti su uno, anarchia di uno su pochi, pochi di molti su uno, pochi di oligarchia su molti, uno di molti su pochi, mentre l'altro e allora come mai? proviamo a vedere se. abbiamo detto prima che. non ti sembra che sia così? Quelli che amavano Aristotele in qualche punto dentro il cranio, che sia pelato, che sia riccioluto, con o senza colpi di sole, percepiscono forse uno schema, che so? un ritmo che lega piazze e telefoni, motori e finestre, pilastri e frenate, amplessi e motorini, svincoli tangenziali che sembrano la mossa rotonda del torero. Chi lo sa? STORIE I VOLTOLINI 101 TONI Il grande mercato cittadino. È inverno. Prima dell'alba. I commercianti stanziali e ambulanti fanno un gran movimento. Furgoni stracolmi di olive, carri di quarti animali, cesti di scatolame. Il droghiere armeggia con le latte dell'olio. Il venditore di insaccati attraversa la piazza in diagonale: lancia sbuffi bianchi dalla bocca, come una balena e anche come una locomotiva. Gli ambulanti provano le prime urla. Lì non fa freddo, un gran vapore scalda la piazza, sembra nebbia. Anche le carni appena macellate fumigano. Il più freddo è il venditore di verdura, perché i vegetali sono gli animali più simili ai minerali. La cannula che il barista introduce nella tazza manda fuori il suo vapore. Si sono visti poche ore prima e ancora si incrociano e si salutano con vigorose oscenità. Le donne con le mani nei barili di acciughe rispondono a tono anzi meglio, il pescivendolo non sa più come ribattere: passa il parcheggiatore e gli molla un ceffone amichevole. Ti viene duro solo più il braccio, dice la panettiera. Anche quello è sistemato. Ciascuno al suo posto. Bambina, stasera me la fai vedere? Prima ti spiego cos'è, nano. Avanti un altro. La piazza del mercato è come un grande motore diesel e queste conversazioni servono a scaldarlo. Fino a sera tardi passeranno tipi umani come in un caleidoscopio. Gli zingari: quanto la carne, amico? Dollari. Tu non sei più mio amico? Amico di uno schifo come te? Schifo tu, quanto la carne? Dammi cos'hai. Sei un amico. Le suore: oggi prendiamo il pesce perché è venerdì. Un bel pescione per le suore, questo è freschissimo e bello grosso: ce lo diamo alla madre superiora? I vigili urbani: qui c'è una bella multa. E qui c'è una bella mortadella quasi a gratis. Per la multa vediamo. Mi è scappata la mano, facciamo un chilo? Le signore schizzinose: mi toglie il nervetto che mi fa schifo? Sempre simpatica la signora e via il nervetto. Ma mi fa il prezzo di prima con il nervetto pesato? Sempre simpatica la signora che non paga la carta e la manodopera in più. Siccome è inverno l'unico tono chiaro nella mattina nera come il cappello del prete è il bianco vapore che sembra sprigionarsi per via diretta dal lavorio delle mani e degli arnesi. Nell'aria più gelida del sorriso di un'istitutrice si fanno largo i manovali del trasporto che conducono dai magazzini dei grossisti le merci alle rivendite. Quello che porta quintali di trippe appese all'avambraccio ha muscoli anche nelle palpebre: ti strizza l'occhio con un movimento che sbriciolerebbe una mandorla. L'avevano offeso, una volta. Due energumeni in automobile. Stronzo ci fai passare? Ti spezziamo ti rompiamo ti diamo fuoco. Allora quello che porta quintali di trippe aveva messo la sigaretta sul loro cofano e, spostandosi di lato, aveva strappato la portiera del guidatore con le mani. Poggiatala sull'asfalto, vi aveva piazzato sopra un piede e l'aveva piegata ad angolo retto con un lento strattone. Si chiamava Toni e al mercato l'avevano soprannominato Toni Picia. Non si sa perché. Fortunatamente Toni andava alquanto fiero del gentilenomignolo. E viene sempre ancora a metà giornata un sole pallido a diradare quella foschia: se fosse gialla, sarebbe Pernod diluito in un tempo cilindrico.
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