rothy Richardson, May Sinclair e Virginia Woolf, autrici impegnate a più livelli nella ricerca di uno specifico femminile del linguaggio letterario. Il romanzo di Jean Rhys si basa sul suo primo esercizio di scrittura, quei tre quaderni neri che si portò dietro per anni in fondo a una valigia senza mai riaprirli, nei quali ripercorreva per se stessa la sua prima vicenda d'amore. Solo l'uso della prima persona tradisce tuttavia l'origine autobiografica; l'esperienza personale è trasposta in Viaggio nel buio in una forma perfettamente controllata, in un linguaggio economico, distanziato e privo di cadute sentimentali. POESIA VOCEDI PRAGA Luca Rastello Sotto il titolo di un poema del I940, Vestita di luce, Einaudi pubblica una raccolta di poesie composte da Jaroslav Seifert fra il 1925 e il 1967. A prenderla in mano e considerare la figura dell'autore ci s'infila in una galleria di paradossi; di alcuni di questi, senza troppo renderne ragione, si farà elenco. Il primo riguarda la bizzarra fortuna di Seifert in Italia. Dopo il premio Nobel del 1984 (ma in seguito a scelta editoriale compiuta in precedenza), le edizioni e/o hanno pubblicato tre delle più cecenti raccolte del poeta; oltre a queste e ad un bel libro di ricordi in forma di didascalie, uscito dagli Editori Riuniti, qualche passaggio in (poche) antologie. Non più di tanto. Eppure la parabola letteraria di Seifert è lunga e variatissima, dagli esordi nei primi anni venti con la poesia proletaria, alla stagione poetista, alla linea melodica e "classica" adottata dagli anni quaranta, fino alle dissonanze su molti registri negli ultimi lavori. Di tutto questo poco si sapeva e in via indiretta, per buona parte grazie al gran cerimoniere di merci praghesi che fu A.M. Ripellino. Incredibilmente, per la maggior parte del pubblico italiano Seifert, con la quasi totalità del suo percorso poetico, è ancora da consacrare, a due anni dal Nobel. E se n'erano dette in Italia, di parole sul quel Nobel, tante da ferire le orecchie anche al più modesto Gunga Din delle lettere ceche, all'ultimo fra i portatori d'acqua del gran cerimoniere; che era un Nobel di seconda divisione, un premio politico, un premio collettivo simbolicamente assegnato, e tardi, all'ultimo di una generazione, questa essendo, più del designato, destinataria autentica dell'alloro; che era l'ennesimo gran dispetto ali' Argentino. Voci anche autorevoli, in altri casi accorte, si univano al gracidio, debole invero quanto bastava per non giungere a Praga. Ciance, alimentate per la verità dal singolare connubio fra la disinformazione nostrana e certe dichiarazioni dello stesso Seifert; qui si pensava ad un premio per una landa sfortunata al centro d'Europa e: "da noi è come se lo spirito della nazione scegliesse per incarnazione i poeti e ne facesse i suoi portavoce" aveva detto il poeta agli accademici svedesi riuniti per insignirlo; poco tempo prima all'amico venuto a portar notizia del riconoscimento: "tanto meglio, vuol dire che mi leggeranno". Si celava in entrambi i casi, pubblico e privato, dietro uno schermo, dicendo in entrambi i casi una bugia e insieme una verità, tanto per confermare quanto profonde e intime radici avesse nella persona Seifert quell'ambiguità semantica che fa di ogni suo verso, apparentemente semplice e fuor di cifra, una scogliera pericolosa per il lettore; una bugia soltanto nell'intepretazione frettolosa che di queste parole si può dare da noi, come fossero modi diversi di declinare una responsabilità (atteggiamento quant'altri mai distante dalle abitudini di Seifert); una gran verità sul bisogno di esser letto e da molti, sulla fondamentale funzione civile della poesia seifertiana, sulla sua posizione nella storia della lingua ceca. Siamo nel vivo del secondo paradosso: ibliotecaGino Bianco POESIA/RASTELLO Seifert è poeta civile a tutti gli effetti, bandiera quasi dell'indipendenza nazionale, eppure la sua è una lirica delicatamente soggettiva, intrisa di sensazioni, intessuta di palpiti estetici. Come si può poi, in pieno declino di ventesimo secolo, proporre al marpionissimo lettore occidentale una figura vieta come quella del vate nazionale? Oltretutto sfugge la sua collocazione nei confronti del regime. Ad onta dei relativismi di cui ci si fa belli per qua, c'è bisogno di prese di posizione nette e inequivocabili per giudicare della qualità di artisti d'oltrecortina; ci facciano il favore i poeti, quelli buoni, di andare in galera, urlare dalla clandestinità, emigrare, provarci almeno. Seifert ha firmato la famigerata Charta 77, d'accordo, ma sembra pochino: non lo si può sospettare di connivenza, ma se ci avesse dato una raccolta clandestina dai toni militanti, un pamphlet spregiudicato, una dichiarazione di fuoco, magari alla cerimonia per il premio ... E invece niente. Acquiescenza? Timore? Il regime stesso non sa che fare di Seifert, lui è più ceco dello stato, sembra che esista da sempre, più dell'apparato burocratico appartiene alla storia patria perché è la più universale fra le voci della lingua ceca, anche adesso che è morto e, cito Giovanni Giudici, "mai nazione più di quella boema ha coinciso concretamente e con religiosa visceralità con la propria lingua". · Si è soliti pensare al socialismo reale come ad un congegno spietato, aggressivo, efficiente stritolatore di cultura, e invece spesso è una macchina goffa, traballante, fatta di tentennamenti e imbarazzi (quanto più è orribile essere schiacciati dall'insulsaggine che non dalla ferocia); bastava questo vecchio con stampelle che scriveva di amore, malinconie, primavera e nebbie a incepparlo. Impossibile perseguitare Seifert, troppo intimo a ogni ceco che legga poesia (quindi quasi a ogni ceco); impossibile anche glorificarlo e comprometterlo, tanto è evidente la sua inconciliabilità con le strettoie e le pastoie de, la logica statale. Tutto quello che si può fare è imporgli un poco d'anticamera, tirare in lungo finché è possibile, ritardare la pubblicazione di qualche sua opera. Il fatto è che a Praga Seifert lo leggono tutti, mica solo gli oppositori (e questo magari turba e un po' scandalizza in occidente); il grande valore civile della sua poesia è dato anche dalla capacità di arrivare ovunque e a chiunque e di riferire esattamente, attraverso la trama sottile delle sue immagini evocatrici, quei suoi messaggi che provocano l'orticaria a qualsiasi oppressore o idiota potente. Sono messaggi che riguardano la continuità della cultura nazionale, l'irriducibile specificità 91
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==