Linea d'ombra - anno V - n. 18 - maggio 1987

STORIE/SPLENDORE so invece con falsa modestia pretendono di apparire. Sentina di tutti i vizi resta comunque per Frassineti la mostruosa e tentacolare dimensione burocratica, quella che, per usare una scherzosa definizione di Dossi, rappresenta il modo privilegiato per "diventare rispettabilmente cretini" (ibid., n. 4194). Col che siamo giunti ad uno dei motivi conduttori più significativi della produzione frassinetiana, quello della stupidità umana, della quale sono al mondo tante forme "quante sono le branche del sapere e dell'operare" (cfr. A Frassineti, // giorno prima non c'era, cit., p. 57), con al sommo, massima fra tutte, quella militare. Essa dilaga, intacca ogni aspetto della vita di relazione, ne inquina i meccanismi, ne determina gli sbocchi, è insomma, come affermava Flaubert (e come questi s'era proposto di dimostrare cominciando a raccogliere il Dizionario dei luoghi comuni) la molla principale della storia moderna, ed esercita su di noi per dirla con un altro che di stupidità se ne intendeva. Alberto Savinio (cfr. Nuova enciclopedia, Adelphi, Milano 1977, pp. 353-354), "un potere ipnotico, una invincibile attiranza" che sembra voglia farci rimpiangere il paradiso perduto. Come fare per tenerla a bada? Frassineti affermava che era necessario innanzi tutto conoscerla, da cui tutta la casistica minuta e paziente dei Misteri dei Ministeri, ma anche le panoramiche di scorcio di queste ultime incisive pagine. Soltanto in questo modo sarebbe stato più facile maneggiarla liberandosene anche di quando in quando, quasi per dare fiato alla bestia, soprattutto per mezzo dell'uso apotropaico della parola bassa, un infantile furore stercorario usato a mo' di esorcismo, come certe immagini ed espressioni di Altan sono per nostra fortuna capaci di fare ancora oggi. Non era molto, ammetteva Frassineti. Ma era pur sempre qualcosa. LACADUTAE ILBUIO Paola Splendore Al termine della lunga intervista rilasciata nel I979 alla "Paris Review", Jean Rhys affermava: "Ho sempre scritto di me perché è l'unica cosa che so veramente"; pochi mesi dopo, all'età di 89 anni, moriva lasciando incomplete le memorie cui stava lavorando. E tuttavia, nel corso dei suoi cinque romanzi e numerosi racconti (in maggioranza ora tradotti in italiano), era tornata più volte sul "romanzo" della sua vita: originaria della Dominica, J. Rhys giunge in InBibliotecaGino Bianco ghilterra agli inizi del secolo, frequenta l'accademia d'arte drammatica e diventa ballerina di fila in una piccola compagnia di secondo ordine. Negli anni venti vivrà, prevalentemente a Parigi, un'esistenza precaria, a contatto con gli ambienti bohémiens e intellettuali. È la scrittura, dapprima segreta benché ostinata che la sosterrà in questi anni, come in tutta la sua vita futura, aiutandola a ritrovare una forma di identità perduta. L'ultimo suo romanzo, li grande mare dei Sargassi, del 1966, una delle opere più inquietanti degli anni sessanta, mostra pienamente la maturità raggiunta dalla sua scrittura, approdata dal realismo piatto e disadorno dei primi romanzi a uno stile evocativo e complesso, ricco di profondità metaforiche e oniriche. Nella cupa vicenda della protagonista, la creola Antoinette, J. Rhys intendeva fare giustizia del personaggio di Bertha Mason creato da Charlotte Bronte in Jane Eyre, figura emblematica di tutta la letteratura femminile - la pazza chiusa in soffitta-, in cui proietta e rivive molte sue angosce personali. Come quel romanzo, anche Viaggionel buio - ora proposto in italiano nella collana Astrea di Giunti (pp. 188, L. 15.000, trad. di Delfina Yezzoli) - ha una protagonista "in esilio" dai tropici, Ann Morgan, la più autobiografica delle eroine perdenti di Jean Rhys. Rimasta orfana, Ann lascia la Martinica e si reca in Inghilterra dove farà per qualche tempo la ballerina di fila (e non la "ragazza del coro" come viene tradotta a Jean Rhys. p. 18 l'espressione "chorus-girl"), in tournée per varie città di provincia. È una vita che non ama: cambiare continuamente città, vivere in squallide stanze d'albergo, tutte uguali nel loro grigiore, non avere soldi né bei vestiti, sopportare il livido clima inglese. La sua giovane età e il bisogno di calore umano la spingeranno ad abbandonarsi, non senza incertezze e turbamenti interiori, al primo uomo che crede di amare. Ma non troverà amore né solidarietà: l'amante la lascerà senza rimpianti, con qualche soldo e un cappotto di pelliccia. E quando Ann, ancora torpida e inconsapevole, deve ricominciare a badare a se stessa, si troverà sospinta, quasi senza rendersene conto, verso la prostituzione. Così comincia il viaggio nel buio di Ann Morgan, vittima di una dislocazione dei luoghi e dei sentimenti. Con il passaggio in Inghilterra dai Caraibi, tutto le diventa estraneo, come privo di ogni coordinata di riferimento noto: "Fu come se fosse caduta una tenda, nascondendo tutto ciò che conoscevo da sempre. Fu quasi come nascere un'altra volta. I colori erano diversi, gli odori erano diversi, la sensazione che ti davano le cose proprio in fondo all'essere era diversa. Non solo la differenza tra caldo, freddo; luce, oscurità; viola, grigio. Ma una diversità nel modo in cui ero spaventata e nel modo in cui ero felice" (p.5). Ma nonostante la lucidità di osservazione delle proprie percezioni, Ann sembra spesso non riuscire a distinguere la realtà dal sogno: è come sospesa tra i due piani, alienata da sé, incapace di controllare il senso costante di perdita che domina la sua vita. Immagini di sé, ragazza nei Caraibi, accanto all'amata governante nera Francine si sovrappongono continuamente a quelle della sua vita presente di prostituta a Londra, e nessuna è forte abbastanza, o reale abbastanza, da darle un senso di identità o appartenenza. Sonno, veglia, sogni a occhi aperti rinforzano il senso di spaesamento del suo io e l'immagine centrale di tutto il romanzo, quella del viaggio, dell'affondamento nel buio. Il romanzo, scritto negli anni Trenta, è vicino, per certi aspetti, all'estetica modernista, che Jean Rhys dovette assorbire attraverso la mediazione di Ford Madox Ford: il punto di vista circoscritto, la concentrazione della vicenda, i monologhi interiori, il senso dell'alienazione urbana, il gusto delle immagini immediate e l'interesse per i sogni. Ma l'incapacità di crescita interiore del personaggio, l'assenza di un centro di interes·se o di un'ambizione, differenziano profondamente Ann Morgan dalle eroine femminili create nei primi decenni del secolo da Do-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==