SAGGI/FALCETTO caratteri specifici ad una concezione ideologica, ad una verità, già data, subentra con la svolta dell'età romantica una critica, vi- .ceversa, "immanente" che - partendo dal presupposto dell'autosufficienza del testo - mira unicamente ad accertarne il senso oggettivo. A testimoniare della continuità del discorso di Todorov, le categorie di critica dogmatica e immanente appaiono come il frutto di una rielaborazione - sul piano della critica letteraria - e quelle che in Simbolismo e interpretazione venivano definite le "due strategie interpretative più importanti nella storia della cultura occidentale" (p. 145): l 'esegesi patristica e la filologia. All'analisi dei loro caratteri distintivi era dedicata tutta la seconda parte del volume, un libro che si fa apprezzare, oltre che per alcune felici osservazioni particolari, per la chiarezza del suo procedere. Prodotto dell'individualismo e del relativismo delle ideologie della modernità, l'idea di una critica immanente - tanto nella sua versione positiva, dalla filologia alla critica strutturale, quanto nella sua versione negativa e nichilistica che esalta il primato dell'interpretazione a scapito dell'oggettività dei dati testuali - con la sua volontà di salvaguardare l'indipendenza dell'opera da una verità prestabilita esterna ad essa ha finito col condurre a una radicale separazione tra ordine dei fatti e ordine dei valori, determinando così l'effetto negativo di una sostanziale espulsione del giudizio dai compiti del critico. È questa la situazione alla quale intende reagire il progetto teorico perseguito da Todorov nel libro, un progetto che consiste nel chiedersi - per usare le sue stesse parole - se esista la "possibilità di opporsi al nichilismo senza rinunciare ad essere atei" (p. 4). L'intento infatti che dà vita alla proposta di una critica "dialogica" è quello della ricerca di una via che superi i limiti della critica immanente e nichilistica, senza per questo restaurare i principi valutativi rigidamente eteronomi cari alla critica dogmatica. L'esigenza di oltrepassare il sistema concettuale della critica immanente, di riformulare il principio della specificità dell'esperienza artistica, costituisce anche il presupposto che guida l'analisi storica dei critici presi in esame. In essa Todorov tende innanzitutto a porre in evidenza il rapporto che i singoli autori considerati intrattengono con il paradigma romantico, dedicando un 'attenzione particolare agli aspetti della loro riflessione che quel paradigma sembrano superare. Sotto questo profilo si può comprendere come sappiano destare maggiormente l'interesse del critico bulgaro figure tutto BibliotecaGino Bianco sommato eccentriche rispetto a quella tradizione, come I. Watt o lo storico della cultura P. Bénichou, mentre a suscitare le sue maggiori perplessità sono i sostenitori radicali dell'idea dell'autonomia dell'arte come M. Blanchot, al quale - in verità - sono dedicate pagine un po' sbrigative e forse troppo severe. Certo, può far specie, e forse anche irritare che tali giudizi e predilezioni vengano da un personaggio come Todorov, la cui storia - dalla formazione fino a pochi anni fa - è sempre parsa intimamente connessa alla tesi autonomistica. Per fare un solo esempio, di quella stessa separazione radicale tra fatti e valori che oggi viene criticata, si sosteneva invece la legittimità e la fondatezza proprio in apertura del famoso saggio del 1966 su Les liasions dangereuses in L 'analisi del racconto. Ma, in effetti, Critica della critica, lo si è visto, dà conto di un apprendistato, sancisce l'avvenuta trasformazione. di una visione dell'arte e della critica. Una trasformazione resa possibile, come ha visto bene F. Orlando, dalla matrice formalistica - e dunque tecnica, non metafisica - dell'interpretazione todoroviana del principio dell'autonomia. E una trasformazione che - per dire il vero - se appare ora come una pressoché totale inversione di rotta rispetto alle posizioni di partenza, sarebbe tuttavia sbagliato definire conversione improvvisa e immotivata. Sembra piuttosto il frutto di un processo graduale e di un complesso itinerario di ricerca che si potrebbe ripercorrere indicandone i momenti salienti. Innanzi tutto, le ricerche sul simbolismo alle quali si faceva cenno prima, con un duplice effetto di apertura in senso storico (Teorie del simbolo) e filosofico (Simbolismo e interpretazione). Da qui matura una più equilibrata considerazione del ruolo della linguistica e semiotica contemporanee lontana da quelle velleità egemoniche oggi tanto frequenti, e altrettanto si sviluppa una nuova e assai più acuta percezione della storicità dei fatti estetico-letterari. E poi, per il critico bulgaro è d'importanza capitale l'incontro con il pensiero di M. Bachtin (del 1981 è il libro M. Bakhtine, le principe dialogique, di prossima pubblicazione presso Einaudi). Non pare perciò casuale che proprio a Bachtin e ai formalisti russi siano dedicati i due capitoli più felici e persuasivi del libro. D'altronde la stessa idea di una critica dialogica appare largamente ricalcata su motivi cari alla riflessione filosofico-linguistica bachtiniana: dalla socialità e plurivocità insopprimibile del discorso, alla fondamentalità antropologica del confronto con la dimensione dell'alterità Il lavoro di Todorov tuttavia, per quanto suggestivo, non soddisfa interamente: la nuova considerazione della letteratura e della critica qui tratteggiata non sembra del tutto risolta. L'opposizione tra critica dogmatica e immanente isola con efficacia due atteggiamenti fondamentali nella tradizione occidentale del commento, dando la misura della notevole forza di sintesi storica in possesso del critico bulgaro, ma ·nel contempo pecca forse per una certa tendenza alla semplificazione astrattizzante, alla radicalizzazione di posizioni che - in concreto - si presentano più duttili e sfumate, meno univocamente riconducibili a una matrice comune. Così come l'idea stessa di una critica dialogica indicata come soluzione di quell'alternativa, seppure interessante e ricca di fascino, pare sostanzialmente arrestarsi al livello di un'enunciazione di principi, facendo rimpiangere la mancanza di una vera esemplificazione in atto. Recupero di una piena consapevolezza del vivace rapporto dialettico che intercorre tra artistico ed extrartistico (del complesso insieme di legami che stringono la letteratura alla morale, alla società, alla storia), richiamo alla responsabilità del critico e alla centralità irrinunciabile della questione del giudizio di valore, appello a un costume di relazioni tra autore, critico e lettore che ne riconosca e rispetti la diversa alterità reciproca: il libro di Todorov appare dunque soprattutto importante per l'insieme di esigenze e di questioni che sa sollevare. Particolarmente importante oggi che, dopo gli anni dela sovranità incontrastata delle metodologie strutturalistiche di analisi del testo, sembra si sia quasi completamente smarrita l'abitudine di parlare delle finalità e dello statuto dell'attività critica, rinunciando con essa alla possibilità di chiarirsi il senso (e la funzionalità sociale) di ciò che si va facendo. Che poi di quelle esigenze non sempre Todorov sappia dare una formulazione concettuale sufficientemente tagliente e precisa, certo è un limite del libro; ma un "romanzo d'apprendistato", in fin dei conti, testimonia di un processo di maturazione in divenire che non è lecito pensare terminato definitivamente con l'ultima pagina del libro.
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