Linea d'ombra - anno V - n. 18 - maggio 1987

Prima bevevo sempre un Bocksbeute/ di produzione cilena, ma ultimamente ho cambiato. No, riesco da solo a trovare la strada per andare a letto, non occorre che mi sorreggiate!· Domattina presto andrò da Lewitas e gli dirò che non ho scritto l'articolo su Umberto Sanders per il "New Leader". Lewitas è un brav' uomo, uno col quale si può ragionare. Non paga quasi niente, però è un onore lavorare per il "New Leader". Anche se logicamente la prenderà male, che io non abbia scritto su Umberto Sanders. E va bene, vorrà dire che forse non mi inviteranno più ai parties della "Partisan Review" e del "Commentary". Il mattino seguente andai dunque alla redazione del "New Leader" e nella sala d'attesa di Lewitas, mentre mi facevo annunciare, accadde qualcosa di strano: si aprì la porta ed apparve Umberto Sanders, che si guardò attorno con l'aria di chi cerca qualcosa, mi scorse, si precipitò verso di me e manifestando tutta la sua amicizia mi abbracciò. "Questo è l'uomo!" gridò da sopra le mie spalle verso Lewitas che l'aveva seguito. "Questo è l'uomo che a Parigi mi ha salvato la vita. Si ricorda, anzi: non ti ricordi più? Sei stato tu a chiamare il dottore, mentre stavo quasi per morire dissanguato in una camera d'hòtel. Tu sei venuto a trovarmi, mentre nessun altro aveva osato farmi visita. Sei riuscito a trovare un ospedale che mi accogliessesenza chiedermi le generalità, perché avevo attraversato la frontiera senza documenti. Suvvia, ora non fare il modesto! Dove abiti? Dobbiamo vederci! Dammi subito il tuo numero di telefono! Ti chiamerò." Gli detti il mio numero di telefono e ritornai nella mia stanza, mi misi a sedere e scrissi un articolo sulla conferenza di Umberto Sanders della sera prima. Mi riuscì veramente bene. Già la prima fase racchiudeva tutto quello che volevo dire su di lui. Fungeva nello stesso tempo da inizio, da fine e da centro e il tutto rendeva omaggio a un grande scrittore e uomo ... Non ho inventato questa storia. Mi è stata raccontata da un amico che cercava di spiegarsela in questo modo: si può rimuovere una colpa per non sentirsi colpevoli. Ma rimuovere la propria innocenza per sentirsi colpevoli mi era nuovo e doveva essere analizzato. Passai in rassegna i miei ricordi e ne venne fuori che non sapevo perdonarmi di aver fatto parte di un movimento che pretendeva da me cose che normalmente avrei considerato riprovevoli e altamente condannabili. Non era dunque possibile che io potessi accettare di aver piantato in asso un amico come Umberto Sanders? Avevo fatto qualcosa di peggio, che in seguito avevo cercato di rimuovere dalla mia coscienza. Alcuni possono liberare la propria coscienza appellandosi alla necessità di decisioni storiche che giustificano ogni mezzo. Io non potevo. Confidando in un mondo migliore, in cui credevo, avevo negato quello esistente e le sue concezioni di onestà e di umanità, e il mondo migliore in cui avevo creduto era diventato nel frattempo sempre peggiore. Avevo commesso un tradimento verso me stesso. Questa era la mia colpa: non avrei dovuto assolutamente lasciarmi coinvolgere. (traduzione di Loretta De Toni) Copyright Hans Sahl I977. BibliotecaGino Bianco HANSSAHLL'ULTIMOESULE Loretta De Toni STORIE/SAHL "Perché ho cominciato a scrivere? Per farmi notare, per incidere sul reale, per dire la mia, per cambiare il mondo? Era il tempo in cui i figli si ribellavano contro i padri e certamente anche per me scrivere era una forma di protesta contro il mondo dei genitori in cui ero cresciuto, contro la borghesia, contro la società affarista e utilitarista, contro il tradizionale, contro il quotidiano, contro la guerra di ieri e per la società del domani". Così Hans Sahl illustra nella prima parte della sua autobiografia, Memorien eines Moralisten (Amman Verlag, Ziirich, 1983, pagg. 231). Hans Sahl (Dresda, 1902)appartiene alla fitta schiera di scrittori tedeschi che nel'33 durante il nazismo dovettero abbandonare la Germania, e ora vive a New York all'età di 86 anni: una della ultime voci in grado di essere testimonianza vivente della letteratura d'esilio e della lotta contro il regime hitleriano. Di origine ebraica, Sahl proviene da una famiglia di estrazione borghese, la quale mirava ad una progressiva Eindeutschung allo scopo di giungere a una totale assimilazione col popolo tedesco: "gli ebrei berlinesi si sforzavano di essere più tedeschi degli stessi tedeschi", un'illusione che finì tragicamente nei campi di sterminio. · Giovinezza a Berlino, la prima guerra mondiale, la rivoluzione, studi a Monaco, a Lipsia, a Berlino e a Breslavia dove si laureò in letteratura e storia dell'arte. Dal '27 critico teatrale e cinematografico del "Montag Morgen", del "Tagebuch" e del "Berliner Béirsen-Courier", fu fra i più giovani e acuti pubblicisti berlinesi a saper cogliere con anticipo i segni rovinosi che avrebbero portato il paese alla catastrofe. Nel '33 emigra a Praga, nel '34 a Zurigo poi a Parigi, nel '39-40 viene internato in Francia e nel '41 fugge a New York: tutte stazioni di un esilio che si susseguono anche nel suo romanzo Die Wenigen und die Vie/en scritto tra il '42-45 (Fischer Verlag 1959,Goverts 1977), dove egli cerca di trarre le conclusioni su tutta una generazione. Poeta (Die Hellen Niichte, Wir sind die Letzten), traduttore in tedesco dei più importanti commediografi americani, per lui l'arte non nasce da una sensazione, ma dal ricordo di una sensazione" allo scopo di mantenere quella "distanza dalle cose e da se stessi" che non è certo la distanza dell'osservatore disinteressato e senza scopo. Dal silenzio che troppo spesso circonda Hans Sahl forse il progetto di pubblicazione dell'Oberbaum Verlag che include parte delle sue opere, riscatterà un artista e un uomo che, a 86 anni, non ha certo paura di pensare. Protagonista del racconto La colpa è Ignazio Silone. Se per Sahl l'adesione al marxismo era stata dettata da "motivi umanitari", per Silone era una scelta morale più che ideologica e nasceva dalla condizione di miseria e di sfruttamento in cui versavano le masse. Nel '38 Sahl fondò assieme ad altri scrittori indipendenti, fra i quali Leopold Schwarzschild, Alfred Déiblin, Klaus Mann, Leonhard Frank e Joseph Roth, il "Verband Freie Presse und Literatur". "Ci consideravamo sempre dei socialisti, ma eravamo decisamente antistalinisti. li nostro antistalinismo era marcatamente critico e non accettava compromessi. Prendevamo come esempio lo scrittore italiano Ignazio Silone, che una volta era stato un militante marxista e che in seguito aveva coniato il motto di «fascismo rosso»". L'itenerario politico di Sahl e di Silone si compì dunque all'interno del socialismo, ma fuori da un qualsiasi sistema di dogmi. Nell'estate del'3 l Silone si staccò definitivamente dal partito comunista perché, come spiegherà in Uscita di sicurezza, "la libertà è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, la possibilità di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica". Sahl aveva conosciuto Silone a Zurigo durante il suo esilio in Svizzera negli anni'30: "Ero fiero di aver stretto amicizia , con un uomo così puro e integro col quale a Zurigo mi mettevo a parlare spesso per notti intere". li legame si consolidò a Parigi alla fine degli anni '30, quando Sahl salvò la vita a Silone che, colpito da emottisi, senza documenti e bollato come "traditore" dopo l'uscita dal partito, si trovava in stato di totale isolamento. Le vicende politiche e il successivo incontro di Sahl con Silone a New York durante un Congresso del P.E.N. - Club negli anni '60 daranno spunto al racconto di Sahl del'77 Schu/d (La colpa). 63

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