Linea d'ombra - anno V - n. 18 - maggio 1987

ILRACCONTO UNTAGLIO D'ABITOPESANTE Albrecht Goes Eravamo venuti a parlare della profezia, che non è tanto presentimento del futuro quanto predizione di cose singole e proprio sotto quest'aspetto si era radicata in Israele. E così pure avveniva nell'Israele occulto che ancora sussisteva intorno a noi ma non mai vicinissimo a noi, poiché è proprio della vita profetica il non poter essere avvicinata. Avevo raccontato la storia di Salomone B., ricco ed anziano magnate polacco il quale nel 1925 - quando lo spettro di Hitler non era ancora sorto - ricevette la visita di alcuni pronipoti. Giaceva su di un mobile un tessuto prezioso, un pesante broccato di seta e gli occhi della nipotina giovane e bella lo guardavano come solo occhi di donna sanno accarezzare una stoffa. Nella stanza buia scintillava il grande lampadario d'oro a sette bracci. «Un bel pezzo di stoffa, non è vero? - disse ad un tratto il vecchio uomo - prenditelo, piccina, prendilo. Ti potrà servire per una sacca da mendicante». «Quel- !' ora di sera - ebbe a dire più tardi il nipote - non l'ho piu dimenticata, né quel riso inquieto del vecchio uomo che morì poi egli stesso da mendicante». Disse allora la vecchia signora: «So anch'io una storia di un bel tessuto pesante». Non guardava noi mentre cominciava a raccontare ed io m'immaginavo dov'era diretto il suo sguardo. Parlava con voce un po' concitata e, da principio, fece sorridere i più giovani. Ma poi non sorrise più nessuno, perché il racconto della signora sembrava leggenda ed era invece realtà dell'anno 1939, di poche settimane prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. Abitavo a Breslavia - diceva la signora - e un giorno mi venne il desiderio di farmi fare un vestito proprio bello, un vestito elegante. Andai nel miglior negozio di stoffe della città che prima apparteneva ad una famiglia ebrea. Dicevano anzi che il proprietario precedente vi svolgesse ancora una certa attività. Spiegai cosa volevo ed il commesso si mise a servirmi con premura ed a portare sul banco stoffe bellissime di seta e di velluto. Ed ecco ad un tratto davanti a me il proprietario di prima, un vecchietto piccolo, un po' gobbo: era spuntato come nulla fosse dal fondo della bottega. Con rapida mossa della mano spinse da parte tutta quella magnificenza e poi tirò giù dagli scaffali un taglio di stoffa pesante da uomo. «Signora, prenda questa. E io le dico: lei penserà ad un piccolo vecchio che un giorno, a Breslavia, le ha consigliato questa stoffa». Di colpo mi venne una strana perplessità. Non desideravo affatto un nuovo vestito di panno robusto perché ne avevo già portati alcuni simili in quegli anni: sì, pensavo proprio ad un vestito elegante e l'avevo anche detto. Ma il modo di parlare del vecchio, quel suo strano tono d'invocazione BibliotecaGino Bianco mi ammaliarono e dopo un istante di riflessione dissi dunque: «Bene, bene. Mi dia quella stoffa. Quanta ne occorre? Me l'incarti con i ritagli». Tagliarono con cura la stoffa, la piegarono, ne fecero un pacco ed io mi avviai col pacco sotto il braccio. All'uscita stava il vecchio uomo e disse ancora con le parole e con la stessa intonazione: «Lei penserà al piccolo vecchio che le ha consigliato questa stoffa». Passarono sei anni. Venne una delle grandi incursioni aeree su Vienna. Di corsa, nel cuore della notte, si cercava di riunire alcune cose e la ragazza teneva la mano intorno alla fiamma della candela perché non trasparisse luce all'esterno. Stavo davanti all'armadio e non presi nessuno degli abiti migliori, leggeri, ma presi il vestito di stoffa pesante da uomo e udii come da lontano: «E lei penserà al piccolo vecchio di Breslavia». (da li cucchiaino e altri scritti, Claudiana 1971, trad. di Roberta lsenburg) PREMIODILAUREA "ALDOCAPITINI" Art. I. - La Fondazione "Centro Studi Aldo Capitini", in occasione del 20° anniversario della scomparsa del pensatore al cui nome è intitolata, bandisce con il patrocinio della Regione Umbria un concorso per due tesi di laurea riguardanti il pensiero e l'opera di Aldo Capitini (o un aspetto di essi). Art. 2. - Possono partecipare al concorso tutti gli studenti delle Facoltà di Lettere e Filosofia, Magistero e Scienze Politiche delle Università della Repubblica che conseguano la laurea entro l'anno accademico 1986/87. Art. 3. - Per partecipare al concorso, gli interessati dovranno far pervenire alla Fondazione "Centro Studi Aldo Capitini" la tesi di laurea in cinque copie insieme al certificato di laurea. Art. 4. - Il plico contenente le copie della tesi di laurea ed il certificato richiesto dovrà essere inviato alla Fondazione "Centro Studi Aldo Capitini", Via del Villaggio di Santa Livia, 103, 06100 Perugia, entro e non oltre il 30 Aprile 1988. Della data di spedizione farà fede il timbro postale. Art. 5. - L'ammontare dei premi è fissato in lire 3.000.000 (tre milioni) per eiascuna delle due tesi che, a giudizio insindacabile della Commissione, di cui al successivo art. 6, .saranno scelte tra quelle pervenute. La Commissione si riserva il diritto di non attribuire i premi qualora i lavori non siano giudicati meritevoli. Art. 6. - I componenti la Commissione sono: Walter Binni, Lamberto Borghi, Lanfranco Mencaroni, Angelo Savelli, Luisa Schippa. Art. 7. - I premi verranno assegnati nel corso delle manifestazioni che si terranno per ricordare il 20° anniversario della scomparsa di Aldo Capitini (19 ottobre 1988). Art. 8. - La Fondazione si riserva il diritto di pubblicare, in tutto o in parte, gli elaborati, d'intesa con gli autori, senza ulteriore compenso. ERRATACORRIGE Nello scorso numero, a pag. 61, nell'ultima parte dell'articolo di Edoarda Masi Personaggi come Mao, abbiamo raggiunto il massimo delle n9stre frequenti scorrettezze tecniche, saltando un intero capoverso, posto in origine dopo quello terminante con la riga Può valere come oppio, mistificazione di ben altro. Era il seguente: L'assunzione degli interessi tradeunionistici - gli stessi che in senso lato un occhio miope identifica con quelli della regione Europa o di singoli luoghi in essa - non è il solo modo possibile di rappresentare e di difendere i lavoratori europei. Ma una scelta più attuale, che li riconduca alla solidarietà non verbale con i dannati della terra, implica la rinuncia a farne i protagonisti della storia mondiale e i predestinati a concludere la preistoria della società di classe. Implica pure il riconoscimento che la grande civiltà borghese con i suoi grandi valori è già morta, dando luogo a un complicato intreccio di tirannidi che solo in parte e contraddittoriamente si ammantano di valori borghesi. L'espansione del capitalee del mercato ha finito per rovesciare il senso stesso che capitale e mercato avevano alle origini e per dissociarli da ogni idea di libertà. Lo sviluppo diventa esclusiva capacità di meccanica autoriproduzione, il progresso va a.coincidere con quella che l'età dei lum{dejìniva tenebra - distruzione delle condizioni naturali di vita e della effettiva comunicazione sociale. Nella stessa colonna sono saltate alcune parole che hanno modificato radicalmente il significato dell'originale. Dalla decima riga dell'ultimo capoverso così era scritto: "Con l'opera rivoluzionaria di Mao, contenuti di cui si era appropriata la conservazione tornano patrimonio popolare e argomento di lotta contro l'esistente. Si nega il privilegio delle classi 'avanzate' su quelle 'arretrate', dei borghesi sugli operai e degli operai sui contadini, dell'industria sull'agricoltura, della città sulla campagna". Ci scusiamo con Edoarda Masi e con i lettori per queste imperdonabili sviste.

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