48 ai propri autori il giusto lancio promozionale, la sacrosanta presenza in libreria, il pagamento dei diritti d'autore puntuale e soddisfacente. Per fare un esempio, noi delle edizioni e/o abbiamo venduto 20.000 copie di Cassandra di Christa Wolf: abbiamo fatto una "normale" pubblicità, battagliato decine di volte con distributori e librai perché il libro fosse ben esposto, sollecitato informazione da parte della stampa, pagato regolarmente i diritti dell'autrice. Ma tutto questo da solo non sarebbe bastato: l'essenziale è stato un rapport-0 diverso con l'autore, di sincera collaborazione. Se con un autore non si può avere un rapporto così, allora è meglio lasciarlo a un grande editore, con i suoi anticipi, i suoi premi, i suoi passaggi da Pippo Baudo. In definitiva, il p.e. può e deve competere con il grande editore per la presenza nel proprio catalogo degli autori migliori, ma utilizzando le armi sue proprie che sono la passione per i testi pubblicati, la fedeltà nel tempo agli stessi, la cura ad essi riservata, la fiducia reciproca autore-editore. Una seconda sirena che cama per il p.e. lo invita ad accrescere il numero di novità pubblicate annualmente. La necessità, sotto la spinta della concorrenza dei grandi, di occupare gli spazi in libreria, le necessità finanziarie indotte da un mercato basato sulle novità, la corta memoria della stampa e della distribuzione, spingono alla produzione incessame di novità. Ma aumentare il numero delle novità pubblicate significa necessariamente diminuire la qualità del prodotto: redazioni frettolose e superficiali, traduzioni poco curate, grafica sciatta, poco tempo dedicato alla loro promozione, confusione creata nei lettori. Il p.e. perciò deve, a mio giudizio, evitare un aumemo eccessivo delle novità e deve battersi ogni giorno perché i libri del suo catalogo siano validi, durevoli, e deve esigere che ciò sia compreso e premiato da stampa, promozione e pubblico. Infine, un ultimo esempio di ciò che deve fare il p.e. per mantenersi fedele alle sue migliori qualità. Penso che qualsiasi editore al mondo, piccolo o grande che sia, desideri vendere il maggior numero possibile di copie di ognuno dei suoi libri. Questo è quanto abbiamo in comune grandi e piccoli, ma credo che qui finisca la somiglianza. Il p.e. dovrebbe infatti, a mio avviso, trovare un nuovo modo per realizzare questo scopo. E questa è la cosa più difficile. Eppure il p.e. dovrebbe rifiutare quel meccanismo imperante che presiede oggi al lancio del bestseller e che consente ai grandi editori di vendere molte copie. Un meccanismo fondato essenzialmente sulla trasmissione di mode, sull'incoraggiamento del conformismo dei lettori. Cosa può fare allora il p.e. per mantenere integre le qualità della sua produzione? A mio avviso non esistono modelli da seguire. Anche i modelli migliori fondano il loro successo in ultima analisi sul- ! 'abile sfruttamento di un conformismo, di una moda. Questa è l'ultima e più insidiosa trappola sul cammino detp.e.: il conformismo della qualità, la moda della raffinatezza. Perché accettare un successo basato su questi elementi sarebbe ancora una volta un tradimento di quanto di meglio oggi esprimono i p.e.: amiconformismo, gusto della ricerca, rigore al servizio di una vera qualità, ricerca di un rapporto corretto, onesto, non di mistificazione con il pubblico. La strada da seguire per i p.e. è diversa, più difficile, ma che rappresenti la speranza di un modo diverso di fare e consumare cultura. Farò un ultimo esempio con il solito Cassandra, non per vantarmi ma perché è emblematico. È un libro che non è stato recensitoda molti importanti giornali, è stato accolto inizialmente senza particolare entusiasmo da distribuzione e librerie, ha fatto arrabbiare parecchie persone perché non è piaciuto, soprattutto agli uomini, il tono alto con cui una donna affrontava i temi di solito riservati agli uomini, e perché veniva dalla Germania orientale e se ne era parlato poco a Parigi e New York. Eppure di questo libre ne abbiamo vendute 20.000 copie. Continuiamo a venderlo bene. Molti librai lo espongono ancora sui banconi. Ha ricevuto il Premio Vallombrosa pochi mesi fa. Da tre anni viene letto e discusso appassionatamente. I motivi del successo? Christa Wolf è un'autrice seria, non facilmente condizionabile dai media. Cassandra è un libro meditato: pur affrontando temi di grande attualità non concede nulla alle mode, non è effimero. La traduzione è ottimamente curata. li libro ha trovato un pubblico, prevalentemente femminile, non atomizzato, in grado di discuterne seriamente, capace di giudiziautonomi, un pubblico che è stato come una grande cassa di risonanza: i lettori hanno consigliato il libro, sono stati gli artefici principali del suo successo. Può ripetersi un successo del genere? È possibile per noi p.e. farcela a questo modo, salvaguardando la qualità? Nessuno lo può dire. Ma chiediamo a tutti di aiutarci: alla stampa, favorendo la critica seria e abbandonando il culto dell'effimero; ai librai, resistendoalle pressioni commerciali dei grandi per riservare uno spazio alla qualità, sempre, non solo in questo mese di marzo, ma anche a Natale quando di libri se ne vendono tanti; alla distribuzione, perché valuti appieno tutte le potenzialità della piccola editoria e creda ancora di più ai nostri libri; ai grandi editori, perché pubblichino più libri di veri scrittori come Henry Roth della Garzanti, per esempio, e meno libri di personaggi televisivi che inondano le librerie e le pagine dei giornali, togliendo a noi piccoli ogni spazio; ai lettori, infine, invitandoli ad entrare in libreria con curiosità, anticonformismo, perché si cerchino i libri anche negli scaffali, leggano le quarte dicopertina, giudichino in piena autonomia. Gli interventi di Fofi e Ferri sono stati proposti al Convegno "I nuovi editori degli anni 'BO"svoltosi a Genova il 6 e 7 marzo '87. Le fotografie di Francesco Rosse/li e delle sue opere sono di Paolo Pulli/Atlantide. BibliotecaGino Bianco
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