Linea d'ombra - anno V - n. 18 - maggio 1987

DISCUSSIONE c'era e tutto conviveva, tutto poteva essere e nulla appariva inevitabile - benché a ristretti gruppi apparisse presto inevitabile il passaggio alla lotta armata, ad altri meno ristretti il ritorno alla ideologica sicurezza della "morte delle ideologie", al riflusso, ai privilegi di casta e di classe. Questo per spiegare come il '77 fu davvero un "magma" ("complesso caotico e disordinato di idee, di pensieri, di parole di teorie" secondo il dizionario Utet). E dunque che la scelia di Nanni Balestrini di raccontare in maniera magmatica e affannosa la storia di Sergio B., discende da un dato oggettivo. Ma risulta deludente dal momento che si risolve principalmente nell'espediente tecnico di scrivere senza punteggiatura frasi che si accumulano una sull'altra, tentando la mimesi della lingua parlata, o meglio del magnetofono. Non riesco sinceramente a capire come questa trovata abbatanza banale - cut up + oralità - abbia potuto essere giudicata originale o innovativa. A me sembra leggermente pate_tica. ~-Ome un residuo ormai poco vitale di sperimentazioni nob1h e interessanti, troppo frettolosamente spazzate via dal "riflusso letterario". Ma che mi sembra poco produttivo riprodurre come 25 (ma forse sono 65) anni fa. Non è un pregiudizio estetico. La realtà è che nel romanzo quella tecnica funziona in modo molto intermittente proprio dal punto di vista narrativo e della capacità di restituire Foro di Peppe A vallone. BibliotecaGino Bianco la profondità dei processi reali. Accanto ad alcuni momenti felici - il carcere, il pentitismo, certi cortei - ce ne sono molti altri in cui l'iperrealismo della scrittura rivela - non è un paradosso - tutta la sua irrealtà: si leggano le pagine sulla lunga notte in cui una parte del "piccolo gruppo" decide di passare alla lotta armata o quelle - davvero sorprendenti per rozzezza e semplificazione - della contestazione femminista. Ma qui naturalmente, accanto alla tecnica narrativa, il problema è quello della capacità di comprensione e penetrazione delle storie, di lettura in profondità, di intelligenza. E si tratta dunque di parlare dell'immagine che il libro di Nanni Baiestrini dà del '77. Le migliori delle recensioni hanno rivendicato un merito fondamentale al romanzo: di avere restituito profondità e realtà (e quindi aver rivalutato) persone, gruppi e movimenti_ gi~ disprezzati, criminalizzati, emarginati. Di rappresentare gumd1 una rivalutazione del '77. Opera che personalmente, coi tempi che corrono, riterrei coraggiosa e meritoria. Ma qui occorre vedere più da vicino. Sarò schematico, ma se persino un giornale diretto (ricordate?) da Ostellino giudica positivamente un libro di rivalutazione del '77, c'è qualcosa su cui riflettere ("Corriere della Sera" 28.1.1987). Forse dipende dalla funzione di rassicurazione che ha la letteratura, di rendere se non comprensibili almeno avvicinabili e, in qualche modo "innocui" turbamenti sociali (ma anche personali) gravi e dirompenti. Dal curioso fenomeno cioè per cui se il nostro Sergio B., ghettizzato, isolato e incarcerato "in vita" tra la connivenza (quando non l'entusiasmo) di molta parte della società e di moltissima parte della società intellettuale, da soggetto che agisce diventa oggetto narrato, perde immediatamente il suo carattere perturbante, non suscita più odì, non fa piu paura. Stampato su carta, diventa un mostro di carta. O forse dipende dal fatto, più semplice e umano ma di cui fortemente dubito, che dieci anni dopo si è tutti più liberi e indulgenti e si vivono certe celebrazioni un po' come il ritorno del decabrista narrato da Tolstoj, cui tutti andavano a rendere omaggio. O infine dipende, credo, anche dall'immagine specifica che del '77 emerge dal libro. Un'avventura romantica e generosa, non dissimile dal patriottismo di Jacopo Ortis o dalla Resistenza. Solo un po' (un bel po') più confusa e isolata, meno limpida e meno amata. Quest'immagine si nutre dell'immaturità dei ragionamenti dell'io narrante, del suo infantilismo; e rischia di suggerire - sicuramente suo malgrado - un giudizio su quegli anni insieme secco e indulgente: Roba Da Ragazzi. Poi si diventa grandi e si finisce alla Rai o nella pubblicità. Mi sembra insomma che Sergio B., con la sua infantile confusione e il suo modo singhiozzante di raccontare, rischi di rafforzare un pregiudizio sul '77 e allo stesso tempo trasformi quel movimento aspro e "inammissibile" in qualcosa di accettabile, di "omologato". · Vorrei provare a descrivere analiticamente questa operazione, che si compie in quattro tempi. Il primo coincide con la scelta narrativa di porre al centro della vicenda - come un punto di vista logico e cronologico - la detenzione nel carcere speciale e non l'attività di movimento. Non credo che la scelta dipenda direttamente dalla volontà di "conciliare al personaggio la simpatia del lettore" (Spinazzola). C'entra certo la particolare sensibilità dello_scrittore, ma soprattutto l'effettiva inconsistenza del '77_vissuto da Sergio B. Quel movimento non fu ugualmente diffuso; e solo a Roma e a Bologna, credo, ebbe le dimensioni e la forza per provocare trasformazioni violente, "concentrate", nella vita politica e quotidiana di molte persone. Altrove fu appena un'increspatura lungo la linea di costante declino - e di quasi costante recrudescenza - della mobilitazione politica, lungo quel filo sempre più pallidamente rosso che unisce gli ultimi

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