Linea d'ombra - anno V - n. 18 - maggio 1987

continuamente si suggerisce che cosa sia e cosa debba essere - come può venire afferrata, quale può esserne l'approccio? Si potrebbe forse tentare con un giro vizioso, che subito rivela una dozzina di strade sbagliate. Esiste quel romanzo malvagio di Flaubert, Bouvard e Pécuchet,. e nell'avventura con la letteratura dei due scriventi assetati di sapere è insito anche il grottesco della nostra avventura con essa. Bouvard e Pécuchet, i due bonhommes, sono avidi di certezze, e la scoperta dell'incertezza della conoscenza umana rende ridicoli non soltanto quei due ma anche noi, loro compagni di sventura. Perché nella tragicommedia in cui si muovono Bouvard e Pécuchet è rappresentata anche la tragicommedia della scienza. Dato che non se la cavano con la semplice lettura delle opere, cercano rifugio nella scienza, che deve condurli sulla giusta via. Pécuchet ebbe una buona idea: Tutta la difficoltà consisteva soltanto nella loro ignoranza delle regole. Ed essi studiarono la Pratique du Théfllre di d'Aubignac e altre opere, meno invecchiate. Si pongono qui delle questioni importanti: se siano ammessi i versi per la commedia; se la tragedia non travalichi i propri limiti qualora assuma la propria trama dalla storia moderna; se agli eroi sia concesso essere virtuosi; quali specie di delitti siano ammissibili; fino a qual grado sia concesso l'orrore; tutti i particolari debbono mirare ad un solo scopo e così accrescere l'interesse; il finale deve corrispondere all'inizio, naturalmente! 'Inventate mezzi che .possano avvincermi', dice Boileau. Ma come si fa ad inventare tali mezzi? 'In tutti i vostri discorsi la passione eccitata deve cercare il cuore, scaldarlo e commuoverlo'. Ma come si fa a scaldare il cuore? Le sole regole quindi non bastano: non si può fare a meno del genio. Ma anche il genio non basta. Secondo il parere dell'Académie Française, Corneille non capisce nulla di teatro. Geoffroy ha denigrato Voltaire. Racine è stato schernito da Subligny. Le Harpe sbuffava quando si menzionava Shakespeare. La critica antica li disgustava. E ancora: ... 'Dapprima ci occuperemo della prosa', disse Bouvard. 'Si raccomandano anzitutto i classici. È su di essi che ci si deve formare. Peraltro, anch'essi hanno tutti i loro difetti, hanno trasgreditonon soltanto lo stile ma anche il linguaggio.' Una considerazione del genere non mancò di fare impressione su Bouvard e Pécuchet,ed essicominciaronoa studiare la grammatica.( ...) L'umanità è vano cercarla nei grammatici. Ciò che gli uni dichiarano esatto, gli altri lo ritengono errato. Da un lato, essi ammettono principi delle cui conseguenze nulla vogliono sapere, e dall'altro proclamano conseguenze di cui respingono i principi; s'appoggiano alla tradizione, respingono i maestri ed hanno tutti cavilli singolari... Sicché, giunsero poi a questa conclusione: la sintassi è fantasia e la grammatica illusione. Ma la scienza chiamata estetica avrebbe forse risolto la loro disputa. Un amico... , professore di filosofia, inviò loro un elenco di libri, che trattavano di questa materia. Ciascuno si mise a lavorare per conto proprio, e si scambiarono le loro idee. BibliotecaGino Bianco DISCUSSIONEIBACHMANN Che cos'è, anzitutto, il bello? Per Schellingè l'infinito, che trova espressionenel finito, per Reid una qualità segreta; per Jouffroy qualcosa di non scomponibile, per De Maistre ciò che piace alla virtù; per il padre André ciò ch'è ragionevole. Esistono dunque parecchie specie di bello.... Si occuparono poi di ciò ch'è elevato. Determinate cose sono di per se stesse elevate: lo scroscio del ruscello, la tenebra profonda, un albero stroncato dalla tempesta. Un carattere è bello quando trionfa, ed elevato quando lotta. 'Capisco adesso', disse Bouvard, 'il bello è il bello e l'elevato è ciò ch'è molto bello. - Ma come si farà a distinguerli l'uno dall'altro?' 'Per mezzo del tatto', rispose PécucheL 'E da dove viene il tatto?' 'Dal gusto'. 'E che cos'è il gusto?' Vienedefinito come una particolare capacità di distinzione, un giudizio rapido, la superiorità di ravvisare determinati rapporti. In breve il gusto è il gusto - ma come si faccia ad acquistare il gusto, nessuno lo dice. Ma com'è stata dunque trattata sul serio la letteratura e com'è giunta a noi, travagliata da quali metodi e rovesci di fortuna? Non si tratta di una domanda futile, poiché di tutto ciò che le è capitato, la letteratura serba qualche segno. La storia della letteratura esiste dal XIX secolo in poi, dall'epoca del Romanticismo: in quel tempo, lo studio storico venne intrapreso come un compito patriottico. Si giunse ad una meticolosa registrazione della letteratura nazionale, e spesso, anche se non sempre, l'orgoglio nazionale ha vietato ai cronisti di riconoscere che per interi periodi questa letteratura si svuota. Tali fiduciose rappresentazioni globali di qualcosa che non era un tutto bensì un 'immagine ideale ottimistica e malamente puntellata, progettata dal pathos nazionale, hanno ancora per lungo tempo influenzato i nostri libri scolastici. E tale più o meno depravata scrittura storica della letteratura, ha recato frutti inaspettatemente imprevisti, ancora una volta, nella Germania del XX secolo. Allo stesso modo, all'inizio del secolo XIX però, Goethe aveva trovato una formulazione che ha continuato ugualmente e con maggior fortuna ad agire . Vedo sempre più come la poesia rappresenti un bene comune dell'umanità e acquisti rilievo in tutti i tempi presso centinaia e centinaia di individui. L'uno la fa un po' meglio dell'altro e nuota un po' più a lungo dell'altro in superficie, questo è tutto. ·E ancora, ad Eckermann: La letteratura nazionale non ha oggi molto significato, è giunta adesso l'epoca della letteratura universale, e ciascuno deve adoperarsi adesso per accelerare una tale epoca. Ma pur tenendo in alta considerazione l'elemento straniero, noi non dobbiamo restare inchiodati a qualcosa di particolare e a volerlo ritenere esemplare. Non dobbiamo pensare sia esemplare quello cinese, o quello serbo, oppure Calderòn, o i Nibelunghi: ma necessitando di un modello, dobbiamo sempre rifarci ai Greci antichi, nelle cui opere è sempre rappresentato l'individuo bello. Tutto il resto, dobbiamo considerarlo soltanto in quanto storico, impadronendoci nei limiti del possibiledel buono che vi è contenuto. 11

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