in un imprevedibil_e gioco di continu_azioni, d . Con questi pochi elementi s1 imba1 gag. I h . b Il d. stisce una parabo a c e s1 asa su a per 1: ta, sulla mancanz_a, r,etta d~ _az10m lmean quanto surreah, d1 un umamta guardata allo specchio e indagarn nella_su_a trasparen: za, ridotta a elementi_ matenah e essenz1ah e fossero dei pesi che tengono legati e ~f:uali bisogna rif~rirsi con quella fantasia che nasce dalla ~pera. . La sfera che e stata preseme m numero: si lavori, da Sacco a C0Utm1st1 a Teatro, qui diventa il vero protagomsta. La rassegna romana degli spettac~h d1 Remond1 e Capossi che verrà prossimamente ospitata anche ~~ altre città italiane, ha mostrato l'evoluzione di questo duo ch_eaffronta nel suo_ultimo spettacolo 11nocc1?lo della sua poetica, quello appunto della spera, intesa questa volta anche corne speranza. Quasi tutti I loro lavori sono impregnati da qw:sto concetto che diventa qui 11centro tem_atico della narrazione. Prendendo anche evidente la distanza che c'è nel ]oro lavoro dal nfenmento che ha accompagnato da sempre le loro produzioni, quello a ~ecke_tL D_iquesto c'è certo tanto a livello d1 sens1b1hta, d1 mot1vaz1om, di tematiche, rna ciò _cheallontana da_lui Remondi e Capoross1 e la mancanza d1 disperazione, ]a presenza de_lla. speranza. L'impossibilità beckett1ana d1 esistere e c_reare diventa qui g10co fantastico e fantasioso fatto con i residui, i resti, i rifiu_ti di civiltà. Remondi e Capoross1 credono m un possibile futuro: la s:era si_riunisce, l'uomo riacquista la sua d1mens1one totale. liotecaGino Bianco NATURALISMOVERTIGINOSO Maria Maderna Uno dei maggiori eventi teatrali che hanno caratterizzato il 1986 è stato lgnorabimus (Ubulibri, pp. 346. L. 35.000, traduzione di Cesare Mazzonis) di Arno Holz, teorico del naturalismo tedesco, messo in scena da Luca Ronconi al Fabbricone di Prato. lgnorabimus ha fatto parlare di sé per la regia "spietata" di Ronconi, la lunghezza "disumana" (circa dodici ore, intervalli compresi: si esige dallo spettatore l'impiego di una giornata lavorativa, più gli straordinari) e per l'inamovibilità dello spettacolo. L'azione, infatti, che coinvolge cinque persone, legate da vincoli di parentela o da affinità culturali, si svolge in una casa berlinese d'inizio secolo (lgnorabimus fu scritto nel 1913). Ma più che di scenografie si dovrebbe parlare di strutture murarie: in scena vediamo un atrio gigantesco con tanto di colonnato - a metà tra l'hangar e il tempio, o meglio, tra l'atrio muscoso e il foro cadente. La scena è fatta di mattoni, cemento, ferro, asfalto; non tutto è ovviamente "vero", ma l'impressione è quella di vedere murature vere e allo stesso tempo false, grazie al ricorso ad autentici materiali di costruzione per mostrare un luogo assolutamente fantastico. Lo stesso Ronconi accenna ai binomi di opposizioni riscontrabili anche nel testo e nel trattamento dei personaggi, quasi tutti maschili, fatti interpretare qui da donne (Edmonda Aldini, Anna Maria Gherardi, Franca Nuti, Marisa Fabbri; unica eccezione è Delia Boccardo): perché, tra gli elementi che costituiscono la tragedia (come dopotutto Holz ha definito il suo lavoro), "la maschera, la mascheratura è fondamentale". E, come nelle tragedie, i personaggi parlano di colpa, di coscienza; Marianne (la Boccardo) è una moderna Cassandra, e sappiamo che da un tradimento consumato dalla madre di Brodersen e di Dufroy-Regnier, l'uno spiritualista, l'altro positivista, ugualmente accaniti, s'è andato sviluppando - come da un peccato di hybris - il destino dell'intera famiglia che si risolverà, per l'appunto, nella caduta della casa Brodersen. E in questa spazialità chiusa, geometricamente definita, in questa aria viziata da kammerspiel (ma tipica anche di quell'atmosfera che nel melodramma, per esempio, è sempre stata il back-ground climatico per amore, passione e morte) si rivela funzionale la scenografia: i personaggi ritrovano infatti spessore drammatico e una paradossale verità nel dover agire in spazi ossessivi e rigorosamente bloccati, in questo luogo di implosione del senso e di esaltazione del gesto; quasi essi non riescano a sfuggire al décor TEATRO/MADERNA93 invadente. Che si rispecchia nell'intelaiatura complessa dell'azione, nell'ingorgo quasi barocco della finzione, la cui potenza dà però forza alla tragedia che si sta compiendo. All'accesso di artificio fa riscontro anche un sovraccarico di "realtà". Qui il naturalismo c'è, ma è quello "consequenziale" e quindi inesorabile, esasperato di Holz, il cui linguaggio, più che seguire comportamenti e abitudini, filtra il "calor bianco" dei sommovimenti interiori dei protagonisti, dei loro moti dell'anima e percorsi mentali. È un linguaggio naturalista ma totalmente "inventato". Come ben rilevava Borgese nella recensione del 1915 a lgnorabimus, Holz "sa che il dramma moderno nascerà da una scrupolosa imitazione della lingua parlata". Ma la grafia di Holz è duplice: è riproduzione e invenzione. li risultato è un linguaggio pirotecnico, una scrittura apparentemente disarticolata, che negli anni Dieci doveva sembrare astrusa - e per cui si parlò di furore sperimentale, che oggi invece potremmo interpretare come precedente di tanto teatro, soprattutto anglosassone, in cui l'occhio freddo, geometrico e una semplicità sconcertante e nitida sono messi al servizio della dissezione verbale, di un linguaggio ora basico ora reticente, e dell'evidenza che la vera realtà dei personaggi sia un mistero per i personaggi stessi. La scrittura di lgnorabimus è piena di giri sintattici vertiginosi, ghirigori, sbalzi, e caratterizzata da uno stile promiscuo, attraversato da componenti eterogenee, dagli echi colti fino a quello che oggi definiremmo basso realismo da serial televisivo. Eppure questo è un feuille1on poco probabile, perché i suoi protagonisti sono scienzati e intellettuali. E tema centrale dell'opera è la disputa su materialismo e spiritualismo, su esperienze transfisiche e realtà contingente; disputa condotta con un parossismo - ma anche con rigore - tale da far sembrare che razionalismo e negromanzia si tocchino. In quest'opera faustiana e mefistofelica la scienza occulta viene concepita come una continuazione della ricerca scientifica, cioè come un veicolo per conoscere la verità (che tutti conosceranno, tramite la seduta spiritica, introducendosi però in una spirale di morte). Il teatro di Ronconi è dopotutto un "laboratorio", secondo un modello preso a prestito dalla scienza: quello di intendere lo spettacolo e la sua realizzazione come "esperimento". È lodevole allora che si creino le condizioni per esperienze come questa, altrimenti impossibili; ma in questo caso può davvero uno spettacolo-miliardo diventare allora sinonimo tout court di "civiltà teatrale" (come lo ha definito lo stesso regista)? Lo ignoriamo.
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