Linea d'ombra - anno IV - n. 17 - dicembre 1986

90 STORIE/GAMBARO gnificazione lo si ottiene quando cosa e parola coincidono. Ma non è, il congedo di Idioma, un annuncio di futuri silenzi: la malìa della scrittura, e la seduzione della poesia sono ben più forti di perfetti sillogismi. La confessione Zanzotto l'aveva fatta, con ammiccante pudore, proprio in Alto, altro linguaggio, fuori idioma? "Ma che m'interessa ormai degli idiomi?/ Ma sì, invece, di qualche/ piccola poesia, che non vorrebbe saperne/ ma pur vive e muore in essi - di ciò m'interessa". E certo se la poesia in Zanzotto non raggiunge sempre il massimo della supposizione - ora voluta, ora negata come possibile -, resta pur sempre una poesia legata alle cose e dotata, sopra tutto, d'un fortissimo potere di seduzione: anche per coloro che non l'hanno mai avvicinato prima. Una mescolanza così, di sapientissimo uso della lingua e di essenziale racconto di come l'uomo sia, oggi, in Italia, forse nessun altro la può dare. STORIE RACCONTI DELL'AFRICA USTRALE Fabio Gambaro Di fronte a una raccolta di racconti si prova sempre un certo imbarazzo, come accade ogni volta che ci si confronta con un'opera i cui caratteri, a prima vista, non sono unitari e omogenei. Tale sensazione è ancora più forte, quando i racconti nascono dalla penna di un'autrice, come è il caso di Nadine Gordimer, che in più di un'occasione ha offerto ai lettori brillanti prove delle sue capacità, attraverso opere complesse e stratificate, dense di significati e riflessioni, perfettamente dominate sia sul piano della scrittura che su quello del disegno tematico. I racconti, allora, sembrano piuttosto proporsi come opera "minore e secondaria", momento di pausa e riflessione, occasione di ricerca di nuove vie, i cui risultati, seppure affascinanti e ricchi di potenzialità, non possono certo porsi sullo stesso piano delle opere "maggiori". Così, infatti, leggendo gli ultimi racconti della scrittrice sudafricana, Qualcosa làf uori (Feltrinelli, pp. 189, L. 19.()()()),non si può fare a meno di pensare ad un lavoro dai contorni sfuggenti e dai risultati in un certo senso marginali, che non aspirano certo alla completezza e alla perfezione, preferendo percorsi laterali e optando per delle scelte parziali, come se si trattasse di prove e abbozzi BibliotecaGino Bianco per futuri disegni più complessi e articolati. Anche se, poi, il lungo racconto finale che dà il titolo alla raccolta sembra contraddire quanto appena detto, visto il suo carattere strutturato ed elaborato. Eppure, nonostante tali considerazioni, è proprio nei caratteri essenziali di questi racconti, nelle loro esili trame e nel loro universo circoscritto, che talvolta ci sembra di scorgere altrettanto fascino e altrettanta verità che nelle più sapienti e ricercate architetture dei migliori romanzi cui Nadine Gordimer deve la sua fama. Infatti, anche in poche pagine rarefatte e stilizzate, anche in un vicenda minima e marginale, ella è in grado di far emergere fulminee intuizioni, prospettive inedite e nodi complessi dell'esistenza. Confrontandosi con un'opera di questo genere, si è tentati da un duplice percorso: da un lato, vi è il bisogno di individuare i dati comuni, i tratti palesi o nascosti che legano e accomunano i diversi risultati; dall'altro, emerge invece l'esigenza di accettare in pieno il carattere eterogeneo del testo, facendo leva proprio sugli elementi di diversità, sui lineamenti peculiari che caratterizzano ciascuno dei racconti, in modo da apprezzare proprio la somma dei lati discontinui, dei suggerimenti diversi, delle ipotesi discordanti. Di fatto, poi, almerio in questo caso, i due procedimenti non si escludono, poiché il libro della Gordimer, mostrando alcuni elementi di continuità nella varietà delle scelte e dei risultati, si offre a entrambe le pratiche. Dal punto di vista dell'eterogeneità, va Nadine Cordimer (foto di Paola Agosti). segnalata innanzitutto la varietà dei temi affrontati nell'opera: si va da racconti come Terminale, Sbornia e Peccati della terza età - alle prese con trame sentimentali non facilmente districabili, che, seppure quotidiane, e in fondo banali, sono indagate con intelligenza e sensibilità - ad altri come Crimini di coscienza, Una città dei vivi, una città dei morti e Corso per corrispondenza - che invece affrontano la realtà politica sudafricana, i suoi drammi, le lotte e le contraddizioni che la percorron9; per quanto, anche in questo ambito, l'autrice preferisca rinunciare a un'approccio diretto, privilegiando invece l'ottica laterale delle reazioni, dei sentimenti, dei moti consci e inconsci che il regime di segregazione razziale e lo scontro di classe in corso producono nei singoli individui. A parte, oltre a Qualcosalàfuori, va ricordato Una lellera da suo padre, immaginaria e ipotetica risposta di Hermann Kafka alla celebre lettera del figlio che lo accusava d'incomprensione e insensibilità; egli cerca ora una giustificazione e una possibile via d'uscita di fronte alle accuse, cercando con toni sofferti di salvare se stesso e l'ebraismo. Alla varietà dei temi e delle prospettive, in Qualcosa làfuori, si somma anche la pluralità delle tecniche letterarie adottate, tra le quali, per esempio, trovano spazio il racconto eleborato per piani paralleli e lo schizzo conciso di una condizione psicologica, il dialogato sapiente e il discorso indiretto libero, la prospettiva epistolare e quella impersonale della relazione espositiva. Come si è detto però, a fronte di tale molteplicità di coordinate, è possibile individuare alcuni dati comuni ai diversi racconti, linee continue che percorrono trasversalmente il testo, unificandolo. Per esempio, sul piano della scrittura e dello stile, prevale, quale denominatore comune, un andamento conciso ed essenziale, scarno e preciso, che non concede nulla al dato esornativo, in nome di un'incisività e di una precisione linguistica capace di dar vita in pochi tratti a una rappresentazione esauriente e sottile della realtà. Tramite l'uso preciso ed affilato della scrittura, l'autrice sudafricana riesce a centrare il cuore delle cose, svelandone il carattere spesso mistificato e l'ambiguità latente, in modo da condurre la sua ricognizione al di là del velo delle apparenze, oltre i luoghi comuni e le verità ufficiali. Così, poche precise parole riescono a rendere conto di tutta una dinamica psicologica o di una complessa situazione politica; come pure pochi felici periodi sono in grado di dare spessore sulla pagina alla vicenda di tutta un'esistenza o di definire con realistica precisione i dati sa-

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