Linea d'ombra - anno IV - n. 17 - dicembre 1986

84 STORIE/WILHELM zioni della teoria di Einstein, il quark superava la velocità della luce e creava un buco nero proprio là, nel bel mezzo dell'esperimento trasmesso in televisione; il giovane e brillante scienziato veniva risucchiato, consumato e trasformato in un ... mostro ... che da quel momento in poi veniva chiamato "La Cosa", un enorme massa scura di tessuto fumante e fluttuante che distruggeva città e gettava nell'isteria intere popolazioni. Weston si sentiva una massa scura di tessuto fluttuante che si aggirava su un pianeta roccioso in cerca di amore. Ma dovunque andasse, veniva rifiutato. In modo deciso, definitivo. Chi avrebbe potuto amare una Cosa fumante? Il fumetto, naturalmente, era una semplice manipolazione del mito di Frankenstein, creato dalla moglie del poeta ateo Percy Bysse Shelley: i mostri, diceva il mito, erano adorabili; ma solo gli innocenti potevano amarli, perché non li riconoscevano come tali. Una settimana circa dopo l'arrivo della ragazza, Weston, alias La Cosa, mentre fumava una Gold Dollar King Size col filtro sotto il sole maligno, scoprì che due o tre metri più in là, sulla destra della pompa vuota di benzina, il vento aveva scoperto quelle che sembravano pile gialle di giornali. Era una novità. Felice, li sollevò da terra e si allontanò fluttuando. Giornali, nientemeno. Così vecchi, però, che i racconti e le fotografie erano quasi indecifrabili. Comunque, osservandone attentamente uno, meglio conservato degli altri, Weston vide una fotografia che destò qualcosa nella sua memoria. Era la fotografia di una bambina abbandonata in mezzo alle rovine, piangente; c'era anche qualcosa che sembrava un bastone carbonizzato, o un braccio, nel quadro. Il nome del fotografo - Gorbel Krapp - era citato nella didascalia. Chiunque avesse composto quel numero del giornale doveva essere stato colpito dalla notevole bravura tecnica dell'autore della foto. La cosa incredibile, comunque, era che la bambina della fotografia somigliava a quella ricoverata nell'infermeria dell'edificio dell'amministrazione. (Ma non poteva essere lei; il giornale era di almeno otto anni prima, e la loro bambina non poteva avere più di quattordici anni, anche se magari, così denutrita, dimostrava qualche anno di meno.) Weston restò a lungo con gli occhi fissi sulla fotografia. Stava diventando pazzo. Era cominciato tutto con quel sogno del diavolo, quando aveva sentito forze aliene prender possesso della sua anima. Non se n'erano mai andate. Era allora che erano cominciate quelle ossessioni sessuali. E poi la ragazza; e poi quel fumetto, che Weston, nella sua paranoia, aveva considerato un segno: era stato messo lì perché lo trovasse, e potesse non solo acquisire una maggior comprensione della natura delle trasformazioni psichiche raggiunta nella sua ormai estinta civiltà, ma anche rendersi conto di esser diventato l'essere vivente più importante dell'universo. Un essere che aveva accesso al codice dell'esistenza, un essere sul punto di trasformarsi nella bontà stessa. Ma sarebbe stata una bontà non riconosciuta dal genere umano, che l'avrebbe considerato un mostro, l'avrebbe messo all'ostracismo, o distrutto con le armi nucleari. Tutto questo, naturalmente, era pazzia. Lui, Weston, stava diventando pazzo, proprio come aveva previsto Matlocke. Dentro il suo acceleratore psichico, si stava muovendo a velocità sempre maggiore, incapace di rinunciare alle intuizioni squilibrate che ogni fatto della vita quotidiana ormai gli comunicava. "li sesso", disse ad alta voce, "è la vita di tutti gli esseri, e il BibliotecaGino Bianco sesso viene dalla pioggia. li sacrificio fa cadere il sesso dal cielo, e il sacrificio è un atto sacro". li sacrificio. li sacrificio. li sacro basterà. Weston lesse qualche titolo a caso sui giornali marcescenti: "Dà in escandescenze in parlamento". "Tirannosauro scoperto in un terreno del Pleistocene". "Signora della buona società divorata da un leone". "Niente crisi dice il premier mentre l'esercito converge sulla capitale". Proprio in fondo alla pila dei vecchi giornali Weston scoprì un mucchio di libriccini sottili, quasi distrutti. Solo dopo un attento esame riuscì a scoprire che si trattava di raccolte di poesie di autori sudafricani. Com'erano arrivati in quel posto? Strisciando? O ce li aveva portati un soldato intellettuale? Comunque fosse, le parole erano sparite, erano andate in poltiglia. Rimise i giornali sopra i libri e tornò alla sua capanna. In un piccolo villaggio mitteleuropeo, la povera Cosa vagante, rifiutata da tutti, faceva amicizia con la figlia del corpulento sindaco. Mentre squadre di cittadini armati di forconi e benzina le davano la caccia, La Cosa si rifugiava in una caverna con il suo minuscolo amore. E quando alla fine gli inseguitori li scoprivano, La Cosa, nel tentativo di proteggere la piccola con un'escrescenza della materia di cui era composta, la soffocava. Piena di orrore e di rimorso, La Cosa passava brancolando dalla caverna della morte all'eternità, legata, bruciata, ridotta a un cumulo nero di cenere. Sacrificio. Sacrificio. Sacrificio. Ormai fuori di sé, Weston disse: "Oh Cristo, ho bisogno di una donna". Fuori dalla capanna, un gallo sudicio disse: "Quark, quark". La ragazza aveva detto qualcosa in una strana lingua, e Matlocke brancolò nel buio in cerca degli occhiali e di una candela. Poi andò nella sua stanza e la trovò seduta, piangente. Cercò di consolarla. Era chiaro che stava tentando di dirgli qualcosa. La ascoltò attentamente. Poi, dopo averle sorriso e averle detto che non era nulla, portò un secchio d'acqua e ripulì il letto, cercando di ignorare la puzza. In realtà quel disastro di materia fecale lo rendeva ottimista sulla salute della ragazza. Sarebbe vissuta, dato che la sua digestione si stava chiaramente normalizzando. Ci aveva messo due giorni per convincerla a bere dell'acqua e a mangiare un po' di minestra, appoggiata ai cuscini. I suoi movimenti si erano fatti meno confusi e inefficienti, man mano che aveva imparato a fidarsi di lui. Ora mangiava cibo solido: maiale bollito, pollo bollito, perfino manzo al curry in scatola. Passava ore a succhiare latte condensato da una lattina. Era il suo cibo preferito. "Come ti chiami, piccola?" La ragazza scuoteva la testa. "Il nome. li tuo nome". Una parola incomprensibile. "Non devi aver paura di me. Voglio aiutarti." "Aiutarti?" La ragazzina nera pronunciò la parola come se fosse una preghiera. Matlocke rise e la toccò; anche lei lo toccò, ed emise dei suoni simili a quelli dei bambini. Fu allora che Matlocke si rese conto che sarebbe rimasta così per sempre. Passarono le settimane, e la sua convinzione aumentò, si fece più sicura. Non rinunciò. Aveva

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