Linea d'ombra - anno IV - n. 17 - dicembre 1986

In queste brevi note non c'è spazio per discutere della storia recente di quel paese. Costretta a un discorso monco, accennerò soltanto perché la rivoluzione cinese e il contributo di Mao, anziché esaurirsi nei termini ristretti in cui li si comprime, vadano acquistando significato entro limiti vasti di luogo e di tempo. L'immagine del santino, proposta da manager-mandarini, mira a ridurne l'opera a espressione delle aree marginali, arretrate, per definizione subalterne, secondo le ovvie leggi dello sviluppo, finché non vengano annesse e assimilate dal centro industrializzato, di cultura moderna e urbana. Mao Zedong non è un personaggio "al margine" della storia mondiale; per molti e diversi aspetti, è piuttosto una personalità di confine. Nelle vicende del movimento comunista è al confine fra l'eredità del marxismo e della III Internazionale e le esigenze nuove scaturite dalla crescente attualità dei principi e, a un tempo, dalle crescenti contraddizioni di quella eredità. Mao si ricongiunge a Marx nell'opzione a favore del lavoro vivo contro il lavoro morto, nella convinzione che gli uomini associati valgono più di quello che hanno costruito e col quale ciclicamente rischiano di identificarsi facendosi cosa, prodotto amorfo del proprio operare. La presenza attiva di questo principio lo porta a combattere i meccanismi di alienazione e di reificazione dovunque essi si manifestino, ben sapendo che a questo proposito non esiste una linea di fronte definita una volta per tutte. (È questo fra l'altro il reale significato, politico, del testo cosiddetto filosofico Sulla contraddizione). Non solo da vecchio ma nel pieno della maturità intellettuale, già prima della sconfitta del "principale" nemico - giapponesi, Guomindang - attacca le radici della sclerosi dogmatica, del sistema di gerarchie, dell'autoritarismo, del potere culturale elitario anche all'interno dell'esercito popolare e del partito comunista. Così come resiste alla subordinazione degli interessi nazionali del popolo cinese a un presunto internazionalismo dietro il quale si celano gli interessi dei vertici delle burocrazie comuniste e dello Stato sovietico. Oggi, quando lettori dei suoi scritti sono rimasti ormai solo gli specialisti di storia della Cina contemporanea, suona inevitabilmente vuoto ricordare che porsi su quel confine, fra la tradizione marxista e i problemi della seconda metà del nostro secolo, ha significato affermare i concetti della democrazia di base e del decentramento (fino agli esperimenti dei rapporti orizzontali fra unità produttive e territorio), dell'auODEALFIOREDIPRUGNO Mao Zedong DISCUSSIONE tosufficienza e dell'autogestione, l'opposizione alle logiche produttivistiche, la critica della burocrazia fino a promuovere la quasi distruzione del partito comunista. Intorno a queste tematiche si è svolta una lotta lunga e intensa, non si è trattato solo di parole smentite poi dai fatti, come oggi si vorrebbe far credere. (La sconfitta di una politica non equivale alla sua irrealtà). E pochi sanno che alcune ovvietà di oggi - come la nozione e la denominazione stessa di superpotenze per Stati Uniti e URSS - quando furono proposte la prima volta da Mao Zedong incontrarono resistenza da ogni parte, e solo a fatica sono riuscite a imporsi. Valenza universale acquista l'importanza attribuita da Mao al possesso della conoscenza come strumento di potere. La conquista delle "città" da parte dei contadini era vanificata giacché, per mancanza di conoscenze, dovevano cedere le chiavi delle decisioni ad altri, ricchi della cultura delle vecchie classi proprietarie, mentre i quadri del partito comunista - l'ossatura organizzativa del paese - nell'esercizio della funzione dirigente tendevano a saldarsi con gli strati colti. Nella tradizione cinese il potere culturale aveva sovrastato il potere economico e militare, sempre nella dottrina e per lunghi periodi anche nella pratica. L'esperienza del passato e le condizioni attuali conducevano all'idea della rivoluzione culturale, già presente del resto fin dalle origini nelle finalità della rivoluzione cinese. Il progetto fallito in Cina per i motivi stessi che rie sollecitavano l'urgenza - in primo luogo per l'eccessiva impreparazione culturale della gran massa dei lavoratori e dei quadri di base - risulta paradossalmente attuale in ogni luogo del mondo. Non già nel senso riduttivo e illusorio del sapere popolare assunto quale alternativa alla scienza, ma perché nel nostro tempo scienza e cultura sono ovunque determinanti dello stato di libertà o di alienazione; l'immensa rivoluzione disarmata, sola praticabile e necessaria nei confronti di un sistema di potere troppo complesso, paurosamente armato e apparentemente inattaccabile, si conduce in primo luogo restituendo le armi della scienza e della cultura a una funzione liberatrice, contro l'uso distorto che Il vento e la pioggia accompagnano il commiato della primavera. Ritorna; e chi la riceve è il nevischio. Altissima grava la rupe di ghiaccio ma un piccolo ramo è fiorito gentile. Gentilezza non cerca primavera. Dice solo che viene. Quando sulla montagna i fiori si apriranno, riderà in mezzo ai fiori. BibliotecaGino Bianco (1962; versi dedicati a Jiang Qing. Traduzione di Edoarda Masi).

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